Capitolo 31

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Piano piano mi svegliai e udii sempre più nitidamente la voce roca e un po' di distante di Seth. Sembrava parlare al telefono.

«Si, ho capito.» 

Non sembrava affatto di buon umore, la voce sibillina e fredda mi sbattere le palpebre. La sua parte di letto era sfatta ma io ero ancora sotto alle coperte completamente nuda. Spostai lo sguardo assonnato e lo trovai contro il tavolo con un paio di boxer. Fissava il pavimento ma come se si fosse accorto della mia presenza, sollevò lo sguardo e incrociai la voragine buia dei suoi occhi.

«Non me ne fotte un cazzo, che aspettino.» Scattò drizzando la schiena. 

Chiuse la telefonata e buttò il telefono sul divano. I miei occhi lo seguirono in silenzio mentre andava in bagno e sbatteva la porta. 

Era decisamente di pessimo umore. 

Mi misi a sedere e ressi le coperte per coprirmi. Mi passai una mano sul volo e mi stropicciai gli occhi. La luce mattutina illuminava l'interno loft. Guizzai gli occhi alla ricerca di qualcosa con cui coprirmi dato che Seth aveva rotto la maglietta che mi aveva prestato. Sentivo ancora la sua presenza tra le cosce, ogni muscolo era indolenzito e dovetti alzarmi perchè se stavo seduta a lungo le natiche mi bruciavano. Arrossii a quel pensiero. Strisciai i piedi verso l'armadio e mi presi la libertà di rubargli una felpa. Ieri sera avevamo proseguito il quarto round nella doccia per lavarci e terminare quella serata frenetica e tanto agognata da parte mia. Probabilmente avevo osato più di quanto il mio corpo accettava ma non ero riuscita a farne a meno. Era stato come assaggiare una dose di una qualche sostanza stupefacente e sentirne subito la dipendenza. Coprii il mio corpo nudo, ancora caldo, con i segni delle sue mani, morsi e baci sulla mia pelle.

Lo attesi sul bordo del letto mentre rispondevo ai messaggi di Zara e Phoebe. Mi avvisarono che se avessi voluto portare Seth a casa loro erano fuori fino al pomeriggio. Sinceramente non credevo che lui volesse riprendere ciò che avevamo fatto per tutta la notte. Non mi aveva nemmeno salutata.

Quando uscì dal bagno la situazione non cambiò molto. Mi disse che dovevamo tornare indietro e mi prestò un paio di pantaloni della tuta per non lasciarmi uscire mezza nuda. 

Seduta in macchina -i miei vestiti in un sacchetto tra le gambe,- mi isolai da lui. Doveva essere successo qualcosa perchè questo comportamento era così lontano da quello della sera prima. Il modo in cui stringeva saldamente il volante mi fece intendere che doveva essere perso nei suoi pensieri, ma questo non gli dava il diritto di trattarmi in quel modo.

Mi aveva rivolto a malapena due parole e anche forzatamente. Che la mia presenza gli desse fastidio era lampante e questo mi fece stare male. Non pensavo di svegliarmi con una serenata e cento rose sul letto ma nemmeno di essere ignorata brutalmente in quel modo. Se era solito trattare così tutte quelle che si portava a letto, io a questo punto rientravo nella categoria delle tutte ed solamente ormai un numero da accantonare perchè già usato. Il solo pensiero mi fece venire un terribile nodo alla gola. Non pensavo di essere speciale, sapevo che non lo fossi e sapevo quale fosse il suo pensiero generale, ma forse mi ero po' creata l'illusione che a me avrebbe riservato un lato più umano e non da stronzo puttaniere a cui importava solo di svuotarsi le palle. 

Il fitto silenzio di entrambi ci accompagnò tutto il tragitto fino al mio palazzo. Si fermò vicino al marciapiede e mi slacciai la cintura. 

«Vuoi dire qualcosa?» Lo guardai, la mano sulla maniglia e la speranza che potesse capire che mi stava trattando di merda per niente. 

Mi lanciò uno sguardo accigliato e poi scrollò le spalle. 

Incredibile.

Sbuffai mezza seccata e offesa prima di scendere. Sbattei la portiera con frustrazione e indignazione. Speravo l'avrebbe infastidito. Camminai spedita verso la portineria che qualcuno per fortuna aveva dimenticato aperta non avendo con me le chiavi. Poco dopo udii una portiera sbattere.

Avenging AngelsWhere stories live. Discover now