Capitolo 1

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Avete mai sentito il bisogno di fuggire? Di voler ricominciare delle esperienze che non erano andate come si aveva sperato oppure di voler riavvolgere il nastro della nostra vita? Quel desiderio di avere una seconda chance? 

Io sempre. Molti pensavano che ero stata fortunata a nascere in una famiglia così benestante, anzi ricca. Per molti io non potevo lamentarmi e non conoscevo il sacrificio. Il mio cognome mi aveva sempre preceduto e aveva creato su di me un'immagine che non mi apparteneva ma dovevo mantenerla per il bene della famiglia, diceva mia madre. Il bene della famiglia, già. I miei genitori puntavano sempre al bene della famiglia ma per le telecamere, per le persone, cosicché nessuno potesse parlare male di noi. Perchè il bene, l'affetto, loro non sapevano nemmeno cosa volesse dire. Ero nata in una famiglia ricca, sì, ma povera di affetto. A loro importava il denaro e l'essere perfetti. Se facevano qualcosa era solo per mettere in mostra. Nelle mura Blake un dollaro valeva più di una carezza.

Mio padre portava avanti la famosa catena alberghiera di lusso, Vertigo, ideata da mio nonno, con strutture nelle città più importanti del mondo. La sede principale e amministrativa era Boston, città dove io ero nata e cresciuta. I soldi non mi erano mai mancati, ma solo perchè erano una questione materiale, perchè di sentimenti, affetto e libertà non era così. Tutte le decisioni erano in mano dei miei genitori, chi dovevo frequentare, cosa dovevo mangiare, dove potevo andare. Tutta la mia vita era sempre stata controllata da loro, in modo principale da mia madre. Era una persona severa e allo stesso tempo ossessiva. Tutto doveva andare secondo il suo volere altrimenti era il finimondo. 

Mia madre quando mi rivolgeva la parola era per chiedermi se avessi preso tutte A, se fossi andata alla lezione di danza come aveva programmato lei e se fossi ingrassata perchè le sembravo più in carne sulle gambe. Le volte che mi aveva abbracciato erano state forse cinque, e solo perchè eravamo davanti a qualche telecamera o fotografo durante qualche cena o inaugurazione di nuove aperture degli hotel. Mio padre dimostrava più affetto di mia madre ma era quasi sempre via per lavoro, quindi lo paragonavo più ad un fantasma. Mia madre, invece non lavorava, era semplicemente sempre fuori casa. Aveva una vita sociale più ampia della mia, ma non che ci volesse poco.

L'unica amicizia che avevo, era nata durante le elementari e solo perchè era figlia di un'amica di mia madre. La mia migliore amica si chiamava Winter e lei era una delle poche persone che mi voleva bene e che avrebbe fatto di tutto per me, forse era l'unica. Con lei avevo imparato ad esprimere emozioni positive. 

Ed era proprio lei che al momento stavo abbracciando in aeroporto, oltre ad avere impegni importantissimi -mia madre aveva prenotato un appuntamento dall'estetista e mio padre aveva un riunione di lavoro- erano ancora arrabbiati con me per questa decisione che avevo preso senza interpellarli. Ma non mi importava, primo perchè non si smentivano mai e secondo perchè andarmene da qui era quello che sognavo da anni.

«Ricorda di chiamarmi sempre.» Disse Winter tra le lacrime mentre mi accarezzava i capelli. «Fai amicizia e scopa con qualcuno, ti prego.»

«Sto andando lì per studiare, Terry.»

«Lo so.» Tirò su col naso. «Ma Betty ha le ragnatele.»

«Non è vero e smettila di chiamarla Betty.»

Winter non riusciva a comprendere che se lei aveva un'attiva -molto attiva- vita sessuale, gli altri potevano anche averla sporadica, o non avercela proprio.

Mi asciugai le guance con la manica della felpa e poi guardai l'area dei controlli.

«È meglio che vada.» Dissi.

«Hai preso tutto?»

«Certo.»

Mi sorrise. «Bene, ci sentiamo.»

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