Capitolo 33. Alle luce del sole.

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Vorrei ribattere, mettermi ad urlare o almeno dargli una sberla ben assestata su quella testa bacata che si ritrova ma, con il signor Blunt a meno di un metro, mi sento costretta all'immobilità.
Cerco di soffocare l'ansia che in un attimo mi è esplosa dentro prendendo un respiro profondo. Ciò che mi fa leggermente tranquillizzare però, non è certamente quella boccata d'aria, quanto l'incrociare lo sguardo del grande capo e vedere il suo sorriso.

A quanto pare ha preso bene la notizia. Probabilmente, visto come era iniziato il rapporto lavorativo tra me e suo figlio, deve aver considerato un miglioramento il fatto che ora andiamo d'accordo. Più che d'accordo, in effetti.

Dato che ormai c'è ben poco da nascondere, almeno al signor Blunt, mi azzardo a chinarmi a mia volta verso Alex.

"Che fine ha fatto quel in ufficio ci comporteremo in modo professionale"? Bisbiglio.

Per tutta risposta Alex inizia a guardarsi attorno in modo teatrale. Che cavolo fa, santo cielo?!
Solo dopo qualche secondo, vedendo il mio sguardo stranito, si decide a spiegarmi.

"Non mi pare che siamo in ufficio." Dice come se fosse ovvio ed io una sciocca.

"Ma è comunque una serata di lavoro!" Sbotto, esasperata, dimenticando di tenere un tono basso e guadagnandomi di nuovo un'occhiata divertita dal grande capo.
Mi morsico la lingua. Che figura di merda. Accidenti a me!

"E cos'è questa storia che sarò al tuo fianco come fidanzata?" Chiedo poco dopo, nuovamente in un sussurro, incapace di starmene zitta.

"Bhe, avevi detto che non ti importava cosa saremmo stati fuori dall'ufficio. A me importa, invece. Stiamo insieme, siamo una coppia e non voglio più che ci nascondiamo come in passato." Mi dice improvvisamente serio. "Questa volta sarà una storia alla luce del sole."

Alex fa giusto in tempo a pronciare queste parole lasciandomi a bocca aperta. Quindi la lussuosa limousine su cui stiamo viaggiando inizia a rallentare e, dopo pochi secondi, si arresta. Quasi nello stesso istante qualcuno dall'esterno apre la portiera.
Mentre una luce intermittente ed un forte vociare invadono lo spazioso abitacolo, cerco di ridestarmi dallo shock e di raccogliere tutte le mie energie per affrontare la serata.

Per primo scende il signor Blunt, poi Alex ed infine, con un nuovo profondo respiro, li raggiungo anche io. Stringo la mano che Alex mi tende per aiutarmi a trovare l'equilibrio: tra l'abito lungo e stretto e le scarpe alte, non è così semplice.
Quando realizzo dove mi trovo e ciò che mi circonda, però, a quella mano mi ci aggrappo come ad un'ancora.

I miei piedi poggiano su un tappeto rosso, tipo quelli dei festival del cinema alla tv, che si stende per parecchi metri prima di raggiungere l'ingresso del ristorante. Ammassati oltre delle transenne alla nostra destra, un numero spropositato di fotografi ci sta puntando gli obiettivi addosso accecandoci con i flash. E che obiettivi, tra l'altro! Credo riescano a vedermi persino i punti neri sul naso con quei cosi.
Oltre la transenna di sinistra invece, un mare di persone comuni, principalmente giovani ma non solo, che si allungano il più possibile sulle punte dei piedi per riuscire a scattare una foto con i loro smartphone. Oppure che tendono dei fogli bianchi verso i ricconi sul red carpet come a voler chiedere un autografo. Manco fossero divi di Hollywood.

Rimango improvvisamente sconvolta realizzando quanto questa serata sia importante. È davvero un evento di rilievo per tutta New York. Finora non me ne ero assolutamente resa conto.

Mi risquoto dai miei pensieri quando sento qualcuno stringermi la mano e tirarmi leggermente: Alex.
Mi sta tenendo per mano davanti a centinaia di persone rendendo pubblico ed evidente il nostro legame.
Persone che stanno immortalando questo momento. Giornalisti che potrebbero pubblicare le loro foto sui quotidiani, accompagnate da chissà quali articoli e commenti. Ragazzi e ragazze che potrebbero condividere gli scatti di questa serata sui loro social.
Probabilmente tutta New York, entro domattina, vedrà le foto di questo momento. I colleghi dell'ufficio le vedranno. Mike le vedrà.

Invasa dal panico cerco di lasciare la mano di Alex con l'intento di mostrare un certo distacco tra noi. Quella che fino un attimo fa avevo considerato un'ancora in grado di salvarmi, ora sembra un tizzone incandescente pronto a bruciarmi.
Ma lui non sembra assolutamente intenzionato a mollare la presa, anzi, stringe ancora più forte le mie dita tra le sue e, tirandomi con delicatezza e decisione, mi fa avvicinare a sè.
Punta i suoi occhi nei miei e, senza proferire parola, cerca di rassicurarmi.

È tutto ok, sembra voler dire.

Non dobbiamo nasconderci.

Lasciati andare.

Fidati di me.

Ed io lo faccio.
Lascio che il suo braccio mi cinga la vita, che i nostri corpi si sfiorino e che i fotografi ci ritraggano così.

Superato l'ostacolo del red carpet inizio a rilassarmi un po' e torno a respirare normalmente. Fino a quel momento è come se avessi trattenuto il fiato: tutti quegli occhi puntati su di noi mi provocavano imbarazzo ed agitazione.

Una volta oltrepassata una doppia porta d'ingresso, però, il vociare assordante della folla all'esterno si affievolisce, sostituito da una musica delicata e piacevole che mi aiuta a calmarmi e riprendere il controllo.

Mi guardo attorno, affascinata dell'eleganza dell'ambiente in cui mi trovo. Ricorda il ristorante in cui siamo stati a Richmond, quello in cui abbiamo incontrato il signor Ellis, ma, se possibile, sembra ancora più ampio, più luccicoso, più luminoso, più ricco di composizioni floreali... più tutto.

Alcune donne addette al guardaroba mi chiedono di lasciare loro il mio pellicciotto ed io lo faccio volentieri. Fuori faceva freddo ma qui si sta più che bene e, forse per via dell'agitazione che ho provato passando con Alex davanti a tutti i giornalisti e fotografi, mi sento un po' accaldata.

"Andiamo a prendere da bere, vieni." Alex preme leggermente la mano sulla mia schiena guidandomi verso un lungo tavolo alla nostra destra dove due giovani ragazze, vestite con la divisa da cameriere più sciccosa che io abbia mai visto, stanno servendo flute di champagne. Molti altri ospiti si sono già serviti e stanno anche stuzzicando qualcosa servendosi da un tavolo lì vicino, ricco di ogni tipo possibile di finger food.

"Ma te ne rendi conto?" Chiedo sottovoce ad Alex mentre mi passa il bicchiere.

"Di che?"

"Dell'effetto che fai alle ragazze!? Quelle due povere cameriere sono diventate rosso peperone!" Sono scioccata.

"Oh, quello. Bhè, mica è colpa mia." Risponde ovvio spostandosi verso il cibo. Riempie un piattino con varie prelibatezze e me lo avvicina, invitandomi a condividerlo con lui.

Nella mezz'ora successiva, mentre attendiamo l'arrivo degli ultimi invitati, Alex mi presenta talmente tante persone da farmi girare la testa. Pochi minuti dopo averli salutati, ho già dimenticato i loro nomi e, spesso, anche i loro volti. Gli unici che riesco a memorizzare sono il peoprietario di un'importante catena di concessionarie ed il figlio, un ragazzo pressapoco della nostra età che, a quanto ho capito, è colui che ha venduto la nuova macchina ad Alex solo pochi mesi fa.

Accolgo con piacere il momento in cui ci invitano a prendere posto ai tavoli per l'inizio della cena. Sono stanca di salutare persone sconosciute, le guance mi fanno male per lo sforzo di mantenere costantemente un sorriso di circostanza, i piedi chiedono riposo e, cosa più importante, ho fame! Basta stuzzichini, ho bisogno di qualcosa di più sostanzioso.

Una sorta di tableau de mariage, posto poco prima dell'area dedicata alla cena, indica ad ogni ospite il tavolo a cui è stato assegnato: ortensia, peonia, tulipano... tutti fiori.
Seguo Alex ed il signor Blunt fino al tavolo denominato "camelia", mi accomodo tra i due e, nuovamente, mi guardo attorno. Le tovaglie color avorio che arrivano fino a terra, i centrotavola floreali, le posate in argento, i bicchieri di cristallo lucidissimo, i lampadari che sembrano gioielli. È tutto così elegante e raffinato. Tutto perfetto.

Tutto tranne una cosa, o meglio, una persona: Mike, vestito da cameriere, che sfila tra i tavoli con due bottiglie di vino in mano, diretto proprio verso di noi.





Per Sempre CosìWhere stories live. Discover now