Capitolo 11. L'abito adatto.

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Venerdi sera.
Grazie a dio i tre giorni di convegno sono finiti, ancora un piccolo sforzo per affrontare quest'ultima serata e, domattina presto, inizierà il nostro viaggio di ritorno a New York.
Sono state giornate interessanti da un punto di vista lavorativo, ma allo stesso tempo sono stati tre giorni all'insegna dello stress.

Dopo la cena disastrosa con Alex il primo giorno, ho ufficialmente rinunciato a cercare di costruire un sano rapporto lavorativo con lui.
Tra ieri ed oggi ci siamo rivolti la parola ancor meno del solito ed è tutto dire. Ho cercato con tutta me stessa di fingere che lui non esistesse nonostante durante il convegno fosse seduto nella poltroncina di fianco a me e la seconda sera ho ovviamente rifiutato di cenare con lui. Che poi... non so nemmeno con che coraggio mi abbia invitata di nuovo!

Stasera però, alla cena offerta dagli organizzatori del convegno, non potevo proprio rifiutarmi di andare. Stando a quanto mi ha spiegato il Signor Blunt il giorno prima della partenza - Alex si è evidentemente rifiutato di parlarmene lui stesso costringendo il padre a riconvocarmi in ufficio - sarà la nostra occasione per avvicinare Norman Ellis, il proprietario di una delle principali catene alberghiere d'America. Si dice abbia in programma la costruzione di alcuni nuovi hotel nei pressi di New York con criteri di ecosostenibilità e, se giocheremo bene le nostre carte, potremmo convincerlo a prendere in considerazione la Blunt's Company come ditta che si occupi della progettazione e costruzione delle strutture.
Il nostro punto di forza è che potremmo occuparci di tutto, dall'inizio alla fine: nel nostro staff ci sono architetti, geometri, muratori, idraulici, elettricisti, arredatori proprio per poter offrire un servizio completo, a 360 gradi. I nostri clienti non devono sbattersi per cercare ogni singolo artigiano.
Purtroppo però non abbiamo ancora esperienze nel campo dell'ecosostenibità e questo potrebbe
essere considerato un limite.
Ecco perchè dobbiamo cercare di dare una buona impressione.

Sto indossando un abito lungo sui toni del blu che ho acquistato con l'aiuto di Penny appena prima di partire. Quando il grande capo mi ha parlato della cena, dell'importanza dell'incontro col Signor Ellis e mi ha chiesto per l'occasione di indossare un abito elegante, sexy il giusto, che non passasse inosservato, sono stata innanzitutto invasa dal fastidio. Ecco il motivo per cui ha chiesto all'ultima arrivata di partecipare al convegno con il figlio!
Non penserà di conquistare un nuovo cliente affidandosi ad una segretaria carina e con un bel vestito addosso? Ho pensato.
Poi però mi sono resa conto di non essere nella posizione per fare storie ed intavolare una discussione sulla strumentalizzazione delle donne. Dovevo accontentare la sua richiesta. E così è subentrato il panico.

Non sono tanto una da vestitini, ne ho qualcuno solo per l'estate ma non li indosso spesso, trovo più pratici i pantaloncini. In pieno inverno poi, non parliamone! Ho bisogno di scaldarmi con dei pantaloni coprenti e belli caldi!
Avrei dovuto attrezzarmi in qualche modo. Così quel pomeriggio uscendo dall'ufficio ho chiamato Penny e le ho dato appuntamento al centro commerciale: doveva assolutamente aiutarmi a trovare l' abito adatto.

Ed eccolo qui: la parte superiore è aderente, ben accollata e con le maniche lunghe ma assolutamente elegante essendo totalmente in pizzo. La parte inferiore invece scende morbida sino ai piedi ai quali ho messo delle décolleté argento abbinate alla pochette.
Non mi sento del tutto a mio agio ma sicuramente poteva andare peggio: tra i vestiti che Penny mi ha costretta a provare ce n'erano un paio che non avrei indossato nemmeno sotto tortura.

Do un ultimo sguardo alla figura riflessa nello specchio. Promossa, dai. Una sufficienza me la merito.
Mi appoggio sulle spalle il pellicciotto che mi ha prestato Penny - che non ho intenzione di rischiare il congelamento - afferro la borsetta e mi dirigo nella hall pronta per recitare la parte dell'affascinante segretaria del giovane capo di una ditta di successo.
Alex non è ancora arrivato così inizio ad andare avanti ed indietro tra i divanetti, nervosa e leggermente a disagio in queste vesti. Meno male che dietro al bancone della reception non c'è la solita "ragazza delle chiavi" a lanciarmi occhiatacce, sarebbe stato ancor peggio.

Ogni volta che l'ascensore suona segnalando l'apertura delle porte mi giro pensando sia il mio capo e quando finalmente appare nel suo completo grigio rimango incantata.
È bello da impazzire.
Semplicemente perfetto.
E il fatto che sia stronzo da morire non scalfisce minimamente il suo fascino, è un colpo al cuore ogni volta.

Mentre si avvicina cerco di darmi un contegno e, soprattutto, di non far notare il mio apprezzamento.

"Andiamo." Mi dice passandomi a fianco e guardandomi appena con la coda dell'occhio.

Il viaggio in macchina è molto breve, il grande ristorante in cui si svolgerà la cena non è molto distante dall'hotel e, proprio come la struttura che ci ha ospitati in questi giorni, è estremamente elegante e sfarzoso.
La veranda è già parecchio affollata e tra i molti visi sconosciuti ne intravedo anche qualcuno più famigliare: sono i pochi partecipanti al corso con cui abbiamo scambiato qualche parola in questi giorni.
Uno di loro ci mostra dove prendere un flute di prosecco, Alex si avvicina al banco e ne prende due, uno lo allunga a me guardandomi per un istante con una luce strana negli occhi. Proprio non lo capisco. Scambiamo qualche parola con gli altri ragazzi, architetti, geometri, ingenieri ma ben presto la voce di uno degli organizzatori del corso si diffonda nella sala.

"Benvenuti a tutti. Grazie per essere qui a questa cena con cui vorremmo concludere questi tre giorni di convegno. Sono state giornate intense di lavoro, riflessioni, condivisioni di idee, proposte..."

Il discorso continua ma io perdo il filo distratta da una donna che silenziosamente si avvicina ad Alex, si ferma al suo fianco fingendo indifferenza e poi gli sussurra qualcosa nell'orecchio.
Lui la guarda per un brevissimo istante, sembra riflettere su qualcosa. Alla fine annuisce e con un filo di voce dà una risposta che lei deve giudicare soddisfacente, stando al sorriso che le compare in viso.
Così come era arrivata se ne va, proprio mentre uno scrosciare di applausi riempie la sala e tutti i presenti iniziano ad incamminarsi verso i tavoli per l'inizio della cena.






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