Capitolo 47. Panico.

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Siamo chiusi in questo stanzino male illuminato e pervaso da un cattivo odore.

"Zitta." Mi intima questo ragazzo che non ho ancora ben identificato,  tenendomi una mano sulla bocca.

È un avvertimento di cui non avrei alcun bisogno in realtà, credo di aver perso la capacità di parlare. Così come di muovermi, del resto. Sembro affetta da una momentanea paralisi dovuta allo shock.

Cosa vuole da me?

Con la mano libera mi tiene forte un braccio, probabilmente per essere certo che non cerchi di scappare via. Poi, pian piano, lascia la mia bocca ed inizia ad osservarmi da capo a piedi. È uno sguardo fastidioso, insistente, mi fa sentire violata, nuda nonostante non lo sia affatto.

"Hai capito Alex." Commenta.

Alex? Quindi conosce Alex? Mi pongo la domanda giusto per un secondo, poi ho l'illuminazione.
Questo è l'ex amico di Alex, quello che abbiamo trovato in forneria, quello a cui ha fatto chissà quale torto. Si chiama Dan, se non sbaglio.

"Chi l'avrebbe mai detto che prima o poi si sarebbe innamorato anche lui? Che avrebbe messo la testa a posto? Credevo avrebbe continuato all'infinito a scoparsele tutte, comprese quelle impegnate, comprese le donne degli amici." Dice con disgusto e, forse senza accorgersene, stringe più forte il mio braccio. Fa male ma non ci penso troppo, la mia mente mi sta riproponendo in loop le sue ultime parole: le donne degli amici.

Cazzo. Ecco la cosa di cui Alex si vergognava tanto, la stronzata che ha combinato e che l'ha fatto allontanare da un suo caro amico. È stato a letto con la sua fidanzata.

Non so perché ne sono così stupita, in realtà avrei potuto immaginarlo sapendo com'era Alex un tempo. Ma ci sono rimasta male lo stesso.

"Ora però, visto che mi sei proprio capitata tra le braccia - e molto prima di quel che mi sarei immaginato - gli daremo un assaggino di quel che si prova." Così dicendo mi accarezza una guancia con il dorso della mano.

Un brivido mi attraversa ma certamente non di piacere. È piuttosto dovuto al panico che mi ha investita di colpo insieme alla consapevolezza di ciò che ha intenzione di fare con me.
Questo ragazzo deve essere pazzo. Per quanto Alex abbia fatto una cosa bruttissima nei confronti di chi gli era amico non credo proprio che la ragazza con cui è stato fosse contraria.
Non può pensare di restituirgli pan per focaccia... violentano me. Perchè e di questo che stiamo parlando, io non voglio che lui mi tocchi!

"Lasciami subito. Non è così che risolverai le cose. Questo non ti farà sentire meglio." Cerco di mostrarmi forte ma dentro, e forse anche un po' fuori, sto tremando come una foglia.

"Forse no." Mi concede. "Ma farà stare male Alex come lo sono stato io." Sorride beffardo.

Dan mi si avvicina ancor di più e posa la mano libera sul mio fianco, accarezzandomi delicatamente e spostandosi pian piano verso il mio fondoschiena.

"G-guarda che non sto più con Alex, mi-mi ha mollata." Gli dico, sperando così di indurlo a lasciarmi andare. Che vendetta è, se non stiamo più insieme? Ma già so che è un tentativo inutile. La mia voce infatti tradisce l'agitazione che sta ormai prendendo il sopravvento.

"Oh si me l'ha detto. Pensava bastasse mollarti per fermarmi." Gli scappa una risata che mi fa venire il voltastomaco. "Ma io so che è cotto di te in ogni caso. Non rimarrà indifferente a tutto questo solo perché ha finto di non amarti più."

Senza smettere di tenermi ferma per un braccio inizia a strizzarmi una natica ed avvicina il suo viso al mio fin quasi a baciarmi. Il suo alito che sa di birra e sigarette mi fa quasi venire un conato di vomito.

Inizio a dimenarmi e a piagnucolare.

"Non puoi farlo! Ti prego."

"Dai, non sono così male, no? Ci divertiamo un po'. Alla faccia di quel coglione. Non sei incazzata con lui per averti lasciata così su due piedi? Vendicati anche tu."

Partendo dal sedere percorre tutto il mio corpo ed arriva a strizzarmi un seno.

"Non voglio! Basta, ti scongiuro." Riesco a dire, quasi tra le lacrime, prima che mi infili la lingua in bocca ed inizi a baciarmi con cattiveria.

A questo punto inizio a sentirmi sconfitta. Non riuscirò mai ad avere la meglio su questo ragazzo grande, grosso e forte il doppio di me. Sento le lacrime inondarmi gli occhi e poi fuoriuscire sulle guance.
Ormai sono ferma, inerme, non combatto neanche più per liberarmi dalla sua presa salda. Sento la mente annebbiata, come se volesse proteggersi da ciò che sta accadendo estraniandosi dalla realtà.

All'improvviso però una voce mi riporta al presente. Penny mi sta cercando e chiamamdo dal corridoio oltre la porta in cui sono stata trascinata.

"Aiuto!" Urlo d'istinto, prima che Dan pensi di tapparmi la bocca di nuovo.

"Zitta, cazzo!" Mi dice sottovoce.

Ma ormai è tardi, Penny irrompe nello stanzino in cui ci troviamo e le bastano pochi secondi per capire che qualcosa non va. Inizia ad urlare come una pazza richiamando l'attenzione di un paio di ragazzi che stavano probabilmente andando in bagno e che si affacciano a loro volta sulla porta.

Dan a questo punto mi lascia, permettendo finalmente al sangue di tornare a circolare nel mio braccio, e travolgendo i due giovani sulla soglia scappa via.

"Reb, ma cosa è successo? Chi era quel ragazzo? Sono entrata nel locale e non ti trovavo. E poi ti sento qui dentro che chiedi aiuto e... oddio ma cosa è successo?!" Parla a raffica, agitata quasi più di me.

Non riesco a risponderle, sono ancora stordita. Ci è mancato davvero poco e chissà cosa mi avrebbe fatto. Quasi non mi sembra vero.
Mi appoggio con le spalle al muro, cercando un sostegno dato che all'improvviso mi sembra di avere le gambe di gelatina. Chiudo gli occhi e cerco di prendere dei profondi respiri.

È passato Reb. Ora è tutto ok.

Quando mi sento un pochino più calma riapro gli occhi e trovo Penny davanti a me, pazientemente in attesa che io riprenda il controllo.
Dietro di lei i due ragazzi che aveva attirato con le sue grida. Anche loro silenziosi, in attesa.

Non mi va di raccontare cosa è successo davanti a questi due estranei. Non so per quale assurdo motivo ma me ne vergogno.
Così borbottando un "va tutto bene, tranquilli", prendo Penny per mano e la trascino fuori da questo stanzino che inizia ad apparirmi soffocante e poi anche fuori dal locale, dove l'aria fresca della sera sembra darmi finalmente un po' di sollievo.

"Era un amico di Alex. Uno che ce l'ha a morte con lui perchè lo scorso anno è stato a letto con la sua ragazza. A quanto pare voleva vendicarsi con me. Alex mi aveva lasciata credendo che bastasse a proteggermi." Riassumo.

"Porca puttana non ci credo. Ma stai bene? Ti ha fatto qualcosa?" Mi chiede preoccupata.

"No, mi ha solo... toccata." Dico con una smorfia. Solo a ripensarci mi torna la nausea.

"Dobbiamo andare a sporgere denuncia, Reb. Non può passarla liscia."

Quasi non riesce finire la frase che il mio cellulare inizia a squillare. Lo afferro dalla borsa con mani ancora tremanti e mi blocco a guardare il nome sullo schermo. Alex.
Deve aver trovato la mia chiamata persa e, contrariamente a quel che credevo, ha deciso di richiamarmi.

Non mi va di rispondergli ora. Non ce la faccio.
Penny probabilmente lo intuisce e prende in mano la situazione: mi ruba il telefono e risponde per me, iniziando ad urlare ad Alex tutti gli insulti peggiori che le vengono in mente.














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