17. Test di gravidanza n. 2

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Un nuovo periodo. Un nuovo mese. Un nuovo ciclo. Un nuovo ritardo. Eppure, stavolta, gli animi parevano essersi quasi invertiti.
Margot aveva riscontrato un lieve ritardo anche quel mese, anche durante quel secondo tentativo, tuttavia fu con i piedi di piombo che lei e  acquistarono i test di gravidanza alla farmacia quel giorno. Tre. Come la volta precedente.

𝑆𝑒 𝑢𝑛𝑜 𝑠𝑖 𝑠𝑏𝑎𝑔𝑙𝑖𝑎, 𝑐𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖 𝑑𝑢𝑒 𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑒𝑟𝑚𝑎𝑟𝑒 𝑜 𝑠𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑡𝑜.

Questo era ciò che pensavano.
Margot non voleva illudersi e, sebbene si sentisse meno pessimista rispetto al mese precedente, cercava sempre di tenere imbrigliato quel barlume di speranza.
William invece aveva cambiato atteggiamento: gli occhi non gli brillavano più, stavolta aveva conservato una certa freddezza, stavolta si era imposto di mantenere i piedi ben saldi sulla terra per evitare di precipitare come la volta precedente. Ma la speranza di vedere quelle dannate due lineette... oh, quella fiammella proprio non riusciva a soffocarla.

***

I postumi della precedente delusione continuavano ad esser vividi nella coppia, poiché stavolta nessuno si era scomposto più di tanto mentre Margot dal bagno utilizzava i test, poiché stavolta nessuno aveva atteso in fibrillazione che quei lentissimi tre minuti trascorressero.Solo silenzio. E tanta impazienza che aveva tuttavia il retrogusto dell'ansia e di una già pregustata amarezza, non dell'eccitazione.

𝑇𝑖 𝑝𝑟𝑒𝑔𝑜...

Il silenzio non fu infranto, quell'unico pensiero Margot si permise di formularlo in religioso silenzio nella sua mente, chiudendo gli occhi.

𝑇𝑖𝑐.

Fu il suono che annunciava il primo risultato, quello del test digitale, che in teoria doveva essere il più affidabile. Eppure stavolta Margot non aprì gli occhi, quel composto distacco che aveva conservato durante il primo test sentiva esserle scivolato via, poiché tacitamente sentiva la necessità che fosse Will, quel giorno, a farsi carico per primo della consapevolezza del risultato. Oh, quanto sperò in una buona notizia mentre si torturava le mani sentendosi diventare sempre più piccola!
Un sospiro, la prima cosa che udì.

❝ Negativo. ❞

La voce del marito, sempre pronta a rassicurarla, stavolta dovette farsi carico di quella medesima notizia deludente mentre lentamente le lineette cominciavano ad apparire timide anche sugli altri due test. Una. Ad entrambi.
Silenzio.
Stavolta nessuno dei due sbottò, soprattutto William rimase in silenzio, senza sapere esattamente cosa dire, sforzandosi di non caricare la moglie anche della propria delusione, oltre che della sua. Margot invece si sentì sprofondare in una frustrazione ancor più intensa della prima, immobile come una statua, domandandosi che cosa ci fosse che non funzionasse nel suo corpo: Will la sua parte la faceva, la faceva sempre e lei questo poteva sentirlo benissimo ogni volta, allora perché non era capace di cogliere quel seme così da farlo sbocciare? Ma soprattutto: perché non poteva avere il minimo controllo su una cosa tanto importante per il suo organismo?
Istintivamente allungò un braccio così da prendere la mano del marito e stringergliela, in preda ai sensi di colpa, sentendosi meno di una donna ogni volta di più.

« Mi dispiace. »

Disse soltanto, dandosi tutta la colpa di quel fallimento, poiché nel profondo sapeva di essere lei il problema.

❝ Non è colpa tua. ❞

Rispose lui prontamente, dissimulando la delusione e la rispettiva frustrazione in un batter di ciglio, accarezzandole la mano a sua volta.

❝ Non è colpa di nessuno. ❞

Aggiunse poi accennandole un sorriso tirato, mentre si domandava quali pensieri stessero attraversando la mente della moglie, ignaro del conflitto ch'ella era in procinto di vivere.

𝑁𝑜𝑛 𝑢𝑛𝑎 𝑚𝑎𝑑𝑟𝑒, 𝑛𝑜𝑛 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎.

Pensava lei tacitamente, partorendo quei pensieri che nel corso della sua vita le avevano sempre fatto storcere il naso.

𝑴𝒂 𝒖𝒏𝒂 𝒅𝒐𝒏𝒏𝒂 𝒏𝒐𝒏 𝒆' 𝒎𝒊𝒄𝒂 𝒓𝒊𝒅𝒖𝒄𝒊𝒃𝒊𝒍𝒆 𝒂𝒅 𝒖𝒏𝒂 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒍𝒊𝒄𝒆 𝒊𝒏𝒄𝒖𝒃𝒂𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆! 𝑼𝒏𝒂 𝒅𝒐𝒏𝒏𝒂 𝒆' 𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒂𝒍𝒕𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒔𝒆, 𝒑𝒖𝒐' 𝒆𝒔𝒔𝒆𝒓𝒆 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒐 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒗𝒖𝒐𝒍𝒆! 𝑰𝒐, 𝒕𝒓𝒂 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒏𝒏𝒐, 𝒔𝒂𝒓𝒐' 𝒕𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒄𝒐𝒔𝒆 𝒊𝒎𝒑𝒐𝒓𝒕𝒂𝒏𝒕𝒊, 𝒗𝒆𝒅𝒓𝒆𝒕𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒐𝒏𝒏𝒂 𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒊𝒗𝒆𝒏𝒕𝒆𝒓𝒐'!

Quante volte lo aveva ripetuto da ragazzina? E poi al liceo? E poi persino una volta giunta a New York? Quei pensieri nobili adesso sembravano così lontani...

𝑆𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑛𝑒𝑚𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑔𝑟𝑎𝑑𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎, 𝑐ℎ𝑒 𝑒̀ 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 𝑐𝑖𝑜̀ 𝑐ℎ𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑢𝑜𝑚𝑖𝑛𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑓𝑎𝑟𝑒, 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑟𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑟𝑎𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎 𝑠𝑜𝑛𝑜?

Una donna. Sei sempre una donna, Margot. Una donna nel momento più delicato e fragile della sua vita.

« Mi dispiace. »

Ripeté in un loop, ricominciando la precedente scena da capo, stringendo nuovamente la mano di William che la guardò confuso, notando che i suoi occhi, solitamente vispi, parevano starsi spegnendo.

❝ ... Margot? ❞

Cercò allora di riportarla alla realtà mentre la fanciulla si ostinava a guardare un punto vacuo nella libreria del loro salotto arredato con tanto buon gusto. Pareva assente.

❝ Amore... non fa niente, ci riproviamo. ❞

« Mi dispiace. »

Ripeté ancora una volta, e fu lì che William capì che non stava realmente ascoltando. Si era estraniata, si era estraniata per cercare di mettere a tacere quella voce che continuava a martellarla con la medesima, tediosa domanda.

𝐶ℎ𝑒 𝑟𝑎𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎 𝑠𝑜𝑛𝑜?

Pensò al discorso che le aveva fatto sua madre sull'importanza di avere figli, sull'importanza di essere genitori. Pensava a come avrebbe trovato il coraggio di dirle che lei, un bambino, non riusciva ad averlo.

𝐶ℎ𝑒 𝑟𝑎𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎 𝑠𝑜𝑛𝑜?

La voce diveniva sempre più insistente e rumorosa, al punto che dovette sciogliersi dalla presa di William, che ora la guardava preoccupato e sconvolto mentre lei lasciava la stanza, alla ricerca di un posto appartato in quell'enorme casa dei sogni in cui poter finalmente cedere all'orribile colpa di esser debole che da un mese ormai la soffocava come una mesta presenza sempre lì, dentro di lei.

❝ Margot? ❞

La chiamò Will cercando di capire che diamine le fosse preso, prima che lei sparisse quasi fluttuando come un fantasma dietro l'angolo del corridoio, alla volta dell'unico posto che le era venuto in mente in cui si sarebbe potuta abbandonare ad un po' di umana debolezza: il ripostiglio del piano terra.
Vi si chiuse dentro quasi in trance, assente come lo era stata sino a quel momento, e poi si accovacciò su se stessa tappandosi le orecchie, pregando che William non la seguisse per coglierla in quel momento di massima vulnerabilità e vergogna. Pregando che quella domanda smettesse di assillarla.

𝐶ℎ𝑒 𝑟𝑎𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎 𝑠𝑜𝑛𝑜?

The Royal TragedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora