Così piccolo - Una montagna di carta

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"Oh...Karma, che problema c'è?"
Karma si girò verso di me. Fece un sorriso sofferente e parlò: "Diciamo che vorrebbe tenermi sotto una campana di vetro. Nella sua mente sono ancora un bambino. Lei non pensa che io...Che io possa amare qualcuno. O avere amici. Per lei...Sono...Piccolo."
"Oh. Ma tu...Tu sei libero di avere amici o- o di amare qualcuno."
"Lo so. Io amo una ragazza" lì si fermò e mi guardò di sottecchi, "e ho una classe di amici."
"Certo." Non sapevo cosa fare. Ero nel pallone totale.
"Senti, o ti nascondi, oppure..."
"Dove mi nascondo."
Karma mi indicò con una strana espressione intimorita il suo letto. Gli chiesi che parte del letto con gli occhi, e con un cenno del mento mi indicò sotto. Effettivamente, il letto era molto alto, e perciò anche una persona adulta ci sarebbe stata.
Ci scivolai sotto e andai incontro a due cose. Una furono i piedini, che mi sbatterono uno sulla testa e l'altro sulla caviglia, e l'altra...
Una montagnetta di carta. 'Eh?' Pensai.
Strisciai a pancia piatta verso i tanti bigliettini che c'erano e ne presi uno.
'Ciao Karma, mi presteresti una penna? Anzi, facciamo due! :)       Y/n'
'Un mio bigliettino?' Pensai. 'Come mai lo tiene q-'
Il letto cigolò forte, spaventandomi.
"Karma?" dissi piano. "Perché il letto cigola così forte?"
"Scusami, colpa mia...Mi ci sono buttato sopra."
La testa di Karma, al contrario, mi si mise davanti: aveva le lacrime agli occhi. Sembrava davvero triste.
Allungai la mano, gli asciugai una lacrima e gli chiesi: "Come mai piangi?" Mi faceva tanta tenerezza. Forse si mostrava tenace con gli altri per non essere debole.
"Perché...Perché mia madre ha rovinato tutto. Era così bello, e io dovevo dirti una cosa, e poi io-"
Lo zittii, mettendogli un dito sulla labbra. Gli sorrisi.
"Non preoccuparti. Oggi, contando anche adesso, è stato uno dei giorni più belli della mia vita"
Lui sorrise, un lampo di gioia attraversò il suo volto.
"Sono onorato di renderti felice, y/n."
Gli sorrisi, e poi una domanda mi passò tra i pensieri. "Senti, perché hai una montagna di miei bigliettini e foto sotto il letto?"
La faccia di Karma sbiancò e poi arrossì completamente. Sembrava che stesse cercando di formulare una risposta decente, quando il suono dei passi pesanti di qualcuno arrivò dalle scale. Subito abbassò le coperte che mi nascondevano e si sdraiò a pancia in su, come se fosse completamente solo e non avesse nulla da fare.

La porta si aprì. Dallo scorcio di pavimento che avevo vidi un paio di tacchi neri, laccati e altissimi, e un paio di snelle e modellate caviglie.
La voce della madre di Karma, però, non assomigliava ai suoi piedi. Era mielosa, cantilenante e stridula, e gli parlava con il tono di chi parla ad un bambino non tanto intelligente.
"Oh, ciao, tesoruccio! Io ti ho chiamato, e dopo ho suonato il din-don della casetta, come mai non mi hai aperto la porticina?"
"Puoi aprirti la porta da sola, mamma. Hai le chiavi."
"Oh, lo so! Ma tu sei un pochino più grande di prima, vero? Dai, un piccolo sforzo lo puoi fare. Oppure vuoi che ti tolga qualcosa?" La madre, a questa ultima affermazione, ringhiò, ma mantenendo lo stesso tono infantile.
Karma sbuffò, irritato. "Ok, ehm...Come hai detto che vuoi che ti chiami?"
"Mammina. Mi devi chiamare mammina. Oppure ma-ma," sillabò la donna, "come quando eri appena nato!"
"Ehm...Va bene, mammina. Ti chiedo scusa, mammina." Karma sbuffo di nuovo.
La donna battè le mani, deliziata. Gli disse cosa voleva per cena, e io non sentii la risposta: forse aveva semplicemente annuito.

La porta si richiuse e la mia collera fu libera di divampare.
Karma sussurrò 'aspetta' e si alzò fulmineo in piedi.
Chiuse a chiave la porta e riempì il buco della serratura con una pallina di carta. Poi mise su un pezzo di pianoforte. "È per nascondere i rumori o noi che parliamo, io so suonare. Non sospetterà nulla. E con tutte queste protezioni" indicò la porta, "lei non potrà entrare di nascosto, ascoltare di nascosto o guardare di nascosto. Lo faceva spesso fino a quando non ho imparato a nascondermi bene. E riguardo ai bigliettini...Ecco..." Si spostò dalla porta fino a sedersi sul letto, tenendo le mani dietro, guardando il soffitto. I suoi capelli brillavano alla luce del tramonto. Sembravano morbidissimi.
Lo guardai desiderosa di spiegazioni. Non arrabbiata, solo una curiosità leggermente impaziente. Riuscii a lasciargli i suoi tempi per rispondere.
"Senti...I bigliettini li tengo tutti. Se controlli, ci sono mucchietti diversi. È solo che il tuo è più grande perché ce ne mandiamo tantissimi. E sono sotto al letto perché...Se mia madre li scoprisse, impazzirebbe e li brucerebbe, oppure li farebbe a pezzettini a uno a uno."
"Oh. Capisco." Dissi. La mia rabbia stava montando ancora di più. Sentii il mio cuore che batteva forte.
"Karma, ascoltami molto bene."
Lui annuì, quasi spaventato dal mio tono infuriato.
"Tu non ti meriti tutto questo. Tu...Tu ti meriti molto meglio. Tu sei migliore di un bambino sciocco, come crede quella donna. Tu sei...intelligente. Bravo. Abile. Bello-"
"Tu di più." Mi sorrise.
Arrossii. La rabbia mi passò velocemente come era arrivata. Quel piccolo complimento aveva molto più potere di una mamma ipocrita.
Mi spostai dal centro della stanza e rilassai i pugni, che si erano chiusi da soli. Camminai verso il letto e mi sedetti accanto a lui.
"E comunque," riprese Karma, "Ti dovevo dire una cosa, prima. Il campanello mi ha interrotto. Hai sentito qualcosa?"
"Io ho capito solo il mio nome...Mi spiace. Vuoi ridirmelo?"
Karma si morse un labbro. "Non è il momento a cui avevo pensato, ma...Va bene."
Le sue pupille si allargarono. Si alzò e andò a controllare la porta. La aprì e andò un momento in corridoio. "Resta qui, torno subito."
Il cuore quasi mi si spezzò. Perché se n'era andato? Non voleva più parlarmi? La sua 'mammina' ipocrita era più importante? Restai comunque seduta lì. Nonostante la delusione, avevo ancora un sacco di emozione che mi scorreva in corpo. Avevo un presentimento: credevo che sarebbe stato importante.

Kiss me or I'll do it Where stories live. Discover now