2 Polvere sui quadri✔️

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(Lacey Miller)

Gilbert scese la grande scalinata impettito e io lo immaginai scivolare o inciampare nei suoi stessi piedi e rotolare fino a noi.

Gilbert abbracciò mia madre e lei gli avvolse le braccia attorno al collo, dandogli un bacio. La riuscì a sollevare di peso da terra, facendole fare un giro. Mi morsi un labbro, giocherellando con dei sassolini a terra per non assistere a quella scena troppo smielata. Quando alzai nuovamente gli occhi, Gilbert aveva le mani di mia madre tra le sue e le stava parlando. Ero troppo lontana per capire esattamente cosa si stessero dicendo, tra le cicale e gli uccelli che, per il forte rumore della porta sbattuta, si erano messi improvvisamente a cantare. Sicuramente qualcosa sul buon viaggio e sulla felicità della famiglia. Cose da genitori single di mezza età, presupponevo.

Alla fine Gilbert mi dedicò una veloce occhiata e strizzò l'occhio a mia madre, camminò verso di me e io pregai Dio che non puzzassi affatto. Già pronta a tendergli la mano, lui mi abbracciò, stritolandomi tra le sue braccia.

«Chanel, sono proprio felice di vederti qui, piccola mia!» canticchiò.

La cosa più bella di Gilbert era sentirgli pronunciare il mio nome: con il suo grave accento russo accentuava ogni consonante e dava alla pronuncia un che di storto e buffo.

«Hai fatto un buon viaggio?» mi domandò.

«Certo, Gil. Sono felice di vederti.»

Mi abbracciò di nuovo.

Dopodiché mi mise le mani sulle spalle e mi distanziò, scuotendomi appena. Fece per parlare, ma poi ci ripensò e andò di nuovo da mia madre. Io, non sapendo cosa fare esattamente in quella circostanza, mi limitai guardarmi intorno. L'aria del cortile era fresca, ma anche umida e c'era un forte odore di sale.

«Chanel!» Mi girai verso Gilbert. «Vuoi una mano con le valigie?»

I miei bagagli erano costituiti da una comoda valigia color pervinca e uno scatolone di cartone, ammucchiato nei sedili posteriori con le altre cose di mia madre e mie. Sul momento non ci avevo fatto minimamente caso, però appena presi in mano tutto capii che c'era un divario enorme tra le cose di mia madre e le mie. Non gradivo il fatto che tutte le mie cose erano riuscite a stare in una valigia e uno scatolone. Mi convinsi di soddisfarmi della capienza, del fatto che non avrei dovuto fare molti viaggi e cose del genere.

Mamma aprì la portiera posteriore di Mac, afferrò due scatoloni e traballò sulle gambe. Gilbert venne in suo soccorso e, tra le sue massicce braccia, riuscì a prendere sotto braccio uno scatolone e in mano un'altra valigia, camminando bene. Le portò in cima alle scale, dentro la porta di casa e poi scese ancora, facendo su e giù. Io avevo unicamente raggruppato le mie cose per terra e le stavo fissando nel chiedermi che cosa fare.

Non ero a casa mia, non sarei potuta andare tranquillamente in cucina e farmi una limonata fresca, ancor meno stendermi sul divano con i piedi sul tavolino.

Gilbert e mamma finirono di prendere tutte le valigie mentre io ero ancora a metà scalinata. Mi stavo legando i capelli quando Gilbert si avvicinò di qualche scalino a me.

«Chanel, vuoi una mano?»

Fece un passo, rispondendosi da solo.

«No, ce la faccio benissimo.»

«Non vorrei che...»

«Ce la faccio» ripresi.

Lui strinse le labbra, fissandomi. Afferrai bene le mie cose e mi trascinai su, senza aiuto. L'avevo rifiutato per stizza: le gambe le avevo anche io e non volevo che pensasse di avere una ragazzina che non era neppure in grado di portare le sue misere cose nella sua stanza. A differenza di Gilbert, io non ero alta e tanto meno forte, ero mingherlina. Ovviamente credeva che ogni cosa avrebbe potuto spezzarmi le ossa. Io ero lì per dimostrargli che se anche fossi caduta mi sarei rialzata.

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