39 "Ciao" è una bella parola✔️

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Attaccai il telefono in faccia ad Ilona ancor prima che me ne rendessi conto e rimasi a fissare la cornetta come se si fosse improvvisamente tramutata in un mostro uscito da un fumetto.

Schizzai in cucina ad assicurarmi che quello che avevo visto fosse davvero Vìktor e non qualche giardiniere inciampato per via di un ramo non potato a dovere. Mi avvicinai al bancone e sporsi la testa dalla finestra aperta. L'aria era calda e portava con sé un vago odore di fiori e fumo, quello che probabilmente doveva arrivare da fuori, dalle bancarelle che cuocendo la carne o le mandorle facevano innalzare un delizioso pennacchio sopra le teste dei passanti.

Il giardino interno era vuoto, per fortuna, poiché tutti erano occupati a svolgere le loro mansioni: tagliare l'erba troppo cresciuta in quel periodo, annaffiare le piante, eliminare i rami troppo grossi e sistemare le buche che le talpe facevano a terra, come un campo minato.

La figura grigia che si alzò dolorante da dietro un cespuglio fu proprio quella di Vìktor e anche dopo che ne ebbi la conferma rimasi congelata per dei secondi sul posto.

Gli corsi incontro e appena lo raggiunsi mi guardai attorno con aria preoccupata. Poche persone (forse il tenente, ma non ne ero troppo sicura) avrebbero sfidato la sorte entrando nella proprietà dei Petronovik.

«Che diavolo ci fai tu qui?» ansimai e mi presi i capelli tra le mani.

Vìktor si pulì il viso. Notai da subito che la sua carnagione aveva ripreso colore, era più rosea di quando l'avevo visto l'ultima volta in primavera e in quei mesi i capelli gli erano cresciuti, sempre mossi vicino alle orecchie e castani. Aveva una maglietta rossa addosso, perfettamente della sua misura, e dei pantaloni mimetici lunghi fino al ginocchio pieni di tasche. Mi sembrò un piccolo soldato pronto per andare in battaglia.

«Io volevo vederti...» si scusò.

Roteai gli occhi e gli tolsi un rametto dallo scollo della maglia. «Potevi usare la porta, o suonare» proposi, facendo un grosso sospiro.

«Nessuno mi avrebbe fatto entrare» precisò. «E comunque non volevo rischiare.»

«Vìktor, ti sei gettato giù da un albero» gli feci notare. «Se qualcuno ti avesse visto avrebbe potuto chiamare la polizia! Lo sai che Gilbert ha un cane di perenne cattivo umore?»

«Questa informazione mi è sfuggita...»

«Andiamo dentro casa.» Gli afferrai un braccio, sbrigativa.

«Ma Dominik se...»

«Dominik e Michael non sono in casa per i prossimi giorni, sono a Mosca e non torneranno per farmi una sorpresa. Non c'è nessuno che possa farti del male, te lo garantisco» affermai.

Mi guardai attorno con aria apprensiva. Hodette e Ilay stavano sistemando nel porticato un tavolo per la cena che si sarebbe tenuta quella sera. Era difficile non vederci, anche perché non c'erano ingombri nel terreno. I domestici avrebbero tenuto il silenzio per me. Se Gilbert avesse chiesto a qualcuno la domanda giusta loro avrebbero detto la verità, il rapporto con il padrone era difficile ed era meglio non inimicarselo per sciocchezze, ma se lui non chiedeva non era obbligatorio rispondere.

Mi voltai verso Vìktor e lo vidi tirare le labbra in un'espressione di incertezza, seppure non volesse farla notare.

«Senti, oggi il mio patrigno ha organizzato una cena e tutti stanno vagando in giro. Non possiamo rimanere qui, o qualcuno finirà per fare la spia. Dobbiamo entrare, qui non è sicuro. Io non posso uscire, se Gilbert scopre che sono uscita senza il suo permesso mi ammazza, e non è una metafora» lo spronai e riuscii a fargli fare un passo.

«Se qualcuno mi dovesse scoprire?» bofonchiò esitando.

«Ti sei gettato giù da un albero in una proprietà privata, quella dei Petronovik. Essere visto da una cameriera è l'ultimo dei tuoi problemi.»

Bad BroUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum