Barba-blu aveva una stanza segreta in fondo al gran corridoio del pian terreno. Era sempre chiusa a chiave. Non disse mai il perché, ma quando fu costretto a partire dal suo castello, lasciò a sua moglie il mazzetto di chiavi. Lei avrebbe potuto aprire tutte le porte del castello, tranne una; la stanzina.
La moglie, presa dalla curiosità, aprì la porta e scoprì il segreto del marito. La chiave sporca di sangue fu la prova della sua colpevolezza.
Barba-blu aveva sposato varie donne e tutte avevano fatto un'ugual fine.
Era la stessa storia di Gilbert; e la mia.
Papà mi raccontò la storia di Barba-blu quando ero piccina e io, impaurita, mi rifugiai sotto le coperte e piagnucolai. Papà era un vero portento a leggere le favole, specie quelle di Mamma Oca. Luke Leeroy faceva le voci dei personaggi perfette. E quella del malvagio Barba-blu mi fece salire i brividi. Lacey Miller allora marciò dentro la camera e con aria corrucciata disse: «Smettila di terrorizzarla!»
«È solo una favola» sdrammatizzò mio padre, ma io avevo comunque fifa.
«E lei ha solo cinque anni. Tesoro, quel brutto barbone non verrà mai a pizzicarti il naso. Lui non esiste, capito? E poi qui ci sono mamma e papà che lo prenderanno a botte se osa farti piangere ancora» mi rassicurò lei. E poi prese il libro giallo tra le mani e lo studiò. «Ha dieci libri di favole e tu le leggi proprio questa? Perché non le hai letto Riccioli d'oro o Cappuccetto rosso?»
«Sono favole stupide, quelle. E alla mia Chanel non piacciono, vero?»
Io annuii, improvvisamente coraggiosa.
«L'ultima volta ha fatto pipì a letto» ribadì mamma.
«Non è vero!» strillai, diventando rossa.
Lacey Miller ripose il libro sulla mensola. «E non vedo nemmeno la morale della storia. È senza senso! Come si fa a non sentire l'odore del sangue? Insomma, è una storia così ovvia e stupida!» ridacchiò.
Buffo.
Né io e né lei sentimmo affatto l'odore del sangue impregnato nelle mani di Gilbert. E ce n'era di sangue in quelle mani, sotto le unghie, non raschiato bene, in soffitta, sotto le assi del pavimento, persino i suoi capelli ne erano bagnati fradici. Come potemmo abbassare la guardia? Come potemmo fidarci di un uomo così finto? Come potemmo abituarci?
Come potemmo non accorgerci dei suoi segreti? E dire, cara Lacey Miller, che tu ti saresti accorta di ogni minimo particolare se solo avessi tolto i tuoi occhiali. Forse a quest'ora saresti viva, staresti con me e con papà e saremmo state felici e al sicuro. Invece no.
Eravamo noi le protagoniste di quella stupida e ovvia storia.
La stanza in cui feci capolinea era fredda, c'era un confuso odore di legno e cuoio, mescolato a qualche fragranza dolciastra, forse vino. Doveva essere una cantina, o un piccolo rifugio, ma non pareva affatto. La stanza era di forma circolare, un piccolo antro tenebroso e perverso. Non c'erano finestre, le avrei notate immediatamente; a fare luce ci pensava un piccolo candelabro acceso. Le piccole fiammelle rosse tremolarono un poco nel sentire l'aria nuova entrare, si agitarono e rimasero lì, curiose. La cera stava colando su un grosso cassettone di legno, lasciandovi delle impronte bianche.
La luce esterna mi investì da dietro e la stanza si rischiarò momentaneamente.
Il pavimento era liscio, di legno e lucido. Quelle apparecchiature brillavano a contatto con la fioca luce proveniente dal corridoio, invitandomi a guardarle. Tutt'attorno alle parete c'erano numerosi strumenti che non avevo mai visto.
Intravidi immediatamente una Croce di Sant'Andrea attaccata al muro, perfetta nella sua proporzionata e maestosa X. Era simile a quella che immaginai nel mio sogno, quasi un mese e mezzo fa. Prima della catastrofe. Ora era davanti a me, reale, come se qualcuno l'avesse strappata dalla mia mente per farmi pentire di quei pensieri.
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Bad Bro
Mystery / Thriller«Qual è di voi il fratello cattivo?» «È questo il bello, siamo entrambi cattivi.» --------------------------------------------------------------------------------------- Sydney, Australia. Chanel Isaac Leeroy non ha voce in capitolo quando la madre...