22 Il bacio di Giuda✔️

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(Ilona Pidvakova)

Quando rientrammo a casa, una servetta venne a dirci che il Dottor Lebediev era passato a dare altre medicine a Dominik e, in modo più assoluto, avremmo dovuto fare casino per non svegliarlo. Io pensai che non avrei fatto confusione in ogni caso perché era impossibile non sentirsi in colpa, o osservati, con i domestici sempre in giro a spolverare per le stanze della Villa.

Rientrammo a pomeriggio già inoltrato, con una luce del sole già morta da ore.

Facemmo merenda in cucina. Michael tagliò per me e per sé una mela rossa e ce la dividemmo, dopodiché andammo nel soggiorno e ci sedemmo insieme al piccolo tavolinetto di vetro vicino alle poltrone. Tirò fuori i suoi libri e i suoi quaderni, cominciando a svolgere i primi compiti. Io lo guardai annoiata, sbadigliando.

«Vuoi vedere la tivù?» mi chiese Michael.

«Non la capirei» replicai.

«Giornata lunga?»

«Primo giorno» dissi.

«Stanca?» Annuii. «Sei poco loquace oggi. Ilona ti ha fatta alterare?» mi prese in giro.

«No» sbuffai. «Ho solo sonno... È carina» provai a buttare lì l'argomento, poggiando il mento sul gomito e guardando Michael con aria studiosa.

Lui tenne gli occhi bassi verso un libro di matematica, compilò una riga di calcoli e poi li alzò verso di me, avendo sentito e compreso la frase a rallentatore.

«Chi?» Aggrottò le sopracciglia.

«Ilona.»

«Oh. Già.»

«È simpatica, anche» aggiunsi.

«Mh-hm» mugugnò, concentrandosi sul suo quaderno.

Tolsi le mani dal tavolo, contrariata dalla sua distrazione. «Sei per caso gay, Michael?»

Lui mi guardò subito con un'espressione di biasimo in volto. Mi studiò per un momento e io diventai rossa in poco, convinta di aver superato un limite troppo alto. Michael fece un pesante sospiro.

«No, non lo sono, Chanel.»

«Be', perché questo è il genere di cose che un amico direbbe ad un amica» commentai.

«Non lo sono.»

«Sei sicuro? Perché anche il mio vecchio amico Frank lo diceva e...» Mi interruppi quando i suoi occhi cominciarono a fiammeggiare di collera. Mi impalò con i suoi occhi azzurri e io evitai di mantenere un contatto troppo a lungo per vedere il corrugarsi della sua dannata fronte. Brutto segno, Chanel. «Va bene, ho capito.»

«Cos'è quell'atteggiamento scettico?» chiese, facendo un piccolo sorrisetto costretto.

«Niente.»

«Donne...»

«Cosa hai detto?» ringhiai.

«Ti ho detto se per caso, per dimostrarti che non sono omosessuale, dovrei metterti sulle mie ginocchia e sculacciarti a sangue. Risponderebbe alla tua domanda?» mi apostrofò.

Avvertii uno scomodo formicolio ai piedi e alle mani. Scrollai le spalle e quella sensazione di dosso.

«Sei così mestruato!» sbuffai.

«E tu così frustrante!» mi rispose, imitando il mio tono, alzando troppo il tono della voce.

Mi alzai sbattendo i piedi, presi la mia cartella di scuola e me ne andai via, contrariata dai suoi modi. Rimasi per un paio di secondi dietro la porta scorrevole dei soggiorno, sperando che venisse da me e si scusasse, ma lui rimase lì per terra a fare i compiti e l'unico risultato che ottenni fu quello di innervosirmi maggiormente. Lo guardai attraverso il riflesso della finestra e feci appello a tutte le mie forze emotive per non andare da lui e litigare di nuovo. Ultimamente mi andava spesso, specie con lui. Dovevo darmi una calmata, lo sapevo da sola.

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