42 Il lupo perde il pelo, ma non il vizio 1/1✔

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Il vento ululava furioso oltre la finestra della mia stanza, passava abile tra le fronde spoglie degli alberi e faceva agitare i loro rami come se fossero scheletri nella notte di halloween. Il vetro era ricoperto da una patina di neve, sottile come un foglio di carta. I fiocchi di neve avevano avvolto velocemente San Pietroburgo, le gelide folate li facevano innalzare e roteare come se stessero celebrando un complicato rito tribale. Da lontano poteva essere facilmente scambiata con della fitta nebbia, i fischi selvaggi che portavano in sé varie e scomposte raffiche di neve, come un pittore imbranato che getta vernice a caso sulla tela, avrebbero fatto indietreggiare chiunque al dolce proposito di uscire.

Erano forse le dieci o le dieci e mezzo di sera, l'orologio in camera mia era indietro di svariati minuti. Mi scostai dalla finestra, e dagli spifferi, e mi gettai a peso morto sul letto. Affondai la faccia in un cuscino e gridai, soffocata dalle piume.

Respirai e mi calmai.

Il vestito azzurro di Meridja giaceva immobile dall'altro capo del letto, lontano da me. Lo guardavo senza provare nulla, incapace di pensare. Gli occhi di Jack, distanti e trasparenti, mi guardavano e lui, seduto oltre il materasso, mi teneva d'occhio. Anne era accanto a me, il suo respiro lento non mi turbava affatto. Percepivo che desiderava toccarmi, ma non avevo mai voluto. Kezia fissava la porta della mia camera, chiusa, e il suo sguardo era severo, come se sentisse qualcosa che mi sfuggiva.

Di Meridja non c'era traccia. L'odore di fragole che proveniva da Anne era così vero che quasi potei giurare di annusarlo davvero, se solo non fosse derivato da uno dei dolci serviti a cena quella sera.

«Andatevene via» mugugnai e abbassai il naso sul lenzuolo morbido e caldo. «Tutti. Fuori. Non voglio vedervi.»

I loro riflessi scomparvero e la stanza tornò asettica, vuota e immensa. Stavo cominciando ad impazzire.

Poco più tardi qualcuno bussò piano alla mia porta. Mi raggomitolai sul letto e pensai che fosse Michael. Non volevo vedere la sua espressione, non la sua solita, ricolma di un "non preoccuparti, va tutto bene", perché era una bugia. Non andava bene niente, avevo rovinato il loro compleanno, avevo fatto piangere Gilbert e, più di tutti, mia madre. Lei, che non era insieme alle altre defunte spose di Gilbert, stava piangendo da sola nel sapere che, a distanza di anni, il suo sposo amasse ancora la sua prima moglie.

Avrei voluto che mia madre e mio padre si fossero amati in quel modo.

Ignorai un'altra volta il bussare imperterrito e prima che potessi urlare a Michael di andarsene via e di lasciarmi una buona volta in pace, la voce di Olga disse: «Posso entrare, bimba? Oh, ma diamine!»

Mi alzai dal letto, afferrai la maniglia e con un colpo deciso aprii la porta. I cardini facevano fatica a muoversi durante l'inverno e a volte la serratura diventava troppo dura.

«Ti chiudi sempre a chiave?» mi domandò lei con la faccia rossa.

«No, mai, ma la maniglia quando fa freddo non gira bene.»

Lei annuii senza dire niente a riguardo. «Posso entrare?»

«Certo. Sei venuta a dirmi qualcosa?»

Lei sfrecciò dentro la mia stanza e rimase a bocca aperta. «Oh, che camera spoglia! Davvero dormi qui? Dio, dove sono le tinte, le tende colorate e gli armadi ricolmi di bei vestiti? Sempre detto che il mio fratellino non avrebbe dovuto avere figlie femmine.»

Era facile per lei giudicare, dire che dovevo avere più cose, essere più femminile e tutte quelle altre cose che mi avrebbero resa più felice. Io non volevo essere felice, ero giunta a quella conclusione: esserlo rappresentava definitivamente lasciarmi alle spalle l'Australia, i miei vecchi amici e persino mio padre. Lui, che non aveva fatto niente, come se la stava passando senza di me? Si era trovato una nuova compagna, magari un'altra figliastra con cui sostituirmi, una che amasse la pesca o le gite come lui? Io non dovevo essere felice. Doveva esserlo Michael. Io ero una pessima persona in confronto a lui, Gilbert aveva ragione: non meritavo suo figlio.

Bad BroWhere stories live. Discover now