31 Un amico da amare✔️

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(Cordelia Kuzentsov)

Quando arrivò il giorno fatidico del mio compleanno, il 18 aprile, le acque a Casa Petronovik si erano ufficialmente calmate. Avrei compiuto finalmente diciassette anni! L'agitazione costante con i gemelli, lo stress della scuola e per le lezioni aggiuntive di inglese non smorzarono affatto il mio entusiasmo. Mancavano ancora trecentosessantacinque giorni e sarei diventata maggiorenne. Legalmente avrei potuto fare le valigie, mandare al diavolo tutti e uscire per sempre da quella casa, ma Gilbert in quegli ultimi tempi mi tenne sotto sorveglianza; Babushka diventò più assidua nel presentarsi da me e chiedermi cosa stessi facendo e persino Dominik e Michael dimostrarono una certa ansia per quell'evento.

Ogni mio compleanno a Sydney lo passavo con i miei genitori e in quel giorno vigeva la regola: "Niente litigi" valida per chiunque mi stesse vicino. Nel primo weekend disponibile uscivo con le mie amiche nel lungomare a mangiare sushi, straparlando del giorno in cui saremmo potute entrare in quel locali a luci rosse famosi per aver fatto girare la testa a tantissime donne.

Non avrei avuto niente di tutto quello.

Paige, mia madre e quei pensieri spensierati facevano parte oramai del passato. Non avrei ricevuto niente dai Petronovik, non da chi mi aveva rapita, torturata e segregata in quella sporca Russia d'altri tempi. Per me e per loro non era altro che un triste anniversario da ignorare sul mio arrivo. L'idea di essere finalmente una diciassettenne mi rendeva felice e con la testa un po' tra le nuvole riuscii a tirare avanti, ma dall'altra sapevo che sarebbe stata dura vivere quel giorno senza le risate di mia madre e l'allegria di Paige. Quasi avrei preferito che il 18 aprile scomparisse dal calendario. Non volevo festeggiare il mio compleanno, non senza la mia famiglia.

Mi stavo rigirando tra le coperte, sveglia e malinconica, quando Breatha trottò vivacemente nella mia stanza e saltò sul letto vicino a me. Babushka era dietro di lei, taciturna, e come ogni santo giorno scostò le tende dalla finestra, lasciando entrare una viva luce di grigia mattina. Quel giorno il cielo era sereno, senza troppe nubi, al contrario del mio cuore.

«Budit', Chanel!» esclamò Breatha con un enorme sorriso. Mi scosse forte per srotolarmi dal mio bozzolo di coperte e mi fece gli auguri, abbracciandomi. «Non puoi continuare a dormire, oggi! Sei una signorina ormai! In piedi!»

Io non mi mossi, così le afferrò le coperte e me le tirò giù fino ai piedi. Mugugnai stizzita, spiaccicando la faccia contro il cuscino per cercare il buio.

«Che differenza fa? Non ero una signorina anche ieri?» domandai.

Babushka affiancò la domestica e con aria inflessibile, scolpita da anni e anni di capricci dei gemelli, mi guardò. «Evidentemente no. Una signorina perbene dovrebbe essere già in piedi e con la faccia lavata» mi rimproverò aspramente.

«Oh, be', se è così...» Mi tirai seduta, stropicciandomi gli occhi. «Se è il giorno del mio compleanno desidero rimanere a letto!» proclamai trionfante.

Breatha aprì la bocca con qualche difficoltà e Babushka abbrustolì di rabbia. Ciò che odiava di più quella donna di me era il fatto che avessi da ridire su ogni minima cosa, come lei: la scuola e la mia educazione erano argomenti off-limits per lei. Io sfiguravo il nome dei Petronovik per ogni mio lamento o passo con la schiena curva. Dominik e Michael non erano di certo dei perfetti damerini, ma a richiesta potevano davvero essere scambiati per principi. La loro aria altezzosa, la posa fiera e gli atteggiamenti seri erano un marchio di famiglia che sapevano sfoderare nelle migliori occasioni. Io no, ovviamente. Non c'era un'altra faccia di Chanel. C'ero io e basta.

«Chanel...» tentò di farmi ragionare Breatha «scendi intanto a fare colazione.»

«Oggi è il mio compleanno o no?» richiesi, arrossendo funesta.

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