26 Tigre contro tigre✔️

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Quando Gilbert e Yamazaki si scambiarono un'occhiata complice capii di aver sbagliato.

Avevo agito in quel modo per la rabbia di non essere fuggita via sotto il naso di tutti e per il disprezzo del mio patrigno e del suo collega e rivale. Scappare non solo significava libertà, ma anche mandare al diavolo le sue regole, le sue grida e le sue minacce, compresi i gemelli.

La collera che montarono insieme Mikhail, Gilbert e Yamazaki mi portò ad odiarli, anche se non volevo. Mi avevano fatta sentire sbagliata, messa in disparte come un pezzo di manzo stantio quando in verità erano stati loro a portarmi in quel pub. A quell'ora sarei potuta essere sotto le coperte, al caldo e a dormire beata. Pensai che sarebbe stato un bello scherzetto vendicativo da fare, ma a quanto pare Gilbert e Hotami non sapevano stare ai giochi.

Hotami tracannò il suo bicchiere di vino rosso e lo posò con poca grazia su un tavolinetto di legno, si alzò e marciò fuori. Aprii la bocca, capendo in primis il mio errore. Gilbert mi spinse con forza, gettandomi a terra per poi precipitarsi dietro Yamazaki, in anticipo di qualche passo. Mi rialzai e quando capii di poter usare le gambe corsi dietro ad entrambi.

Mi misi davanti a loro. «No! No!» urlai sbracciandomi.

Yamazaki mi evitò con abilità e non mi restò altro che aggrapparmi alla giacca grigia di Gilbert e tirare forte.

«Loro sono giù! Ti porto da loro!» strillai impaurita, cercando di mantenere un decoro.

«Togliti dalle palle, stupida mocciosa.» Mi afferrò i capelli sulla nuca e mi strattonò, intimandolo di seguirlo senza fare toppe storie.

Mi ricordò quando lasciai l'Australia. Il rito fu lo stesso.

Gli graffiai la mano, provai a scusarmi e a dire delle bugie, ma niente servì. Avevano già capito chi mentiva e chi si stava nascondendo e non mi rimase altro che una forza sufficiente per muovere dei tremolanti passi e seguirli senza piangere.

Il problema della Russia, e dei gemelli, era principalmente uno: tutti erano abituati a fare le cose di nascosto, divertendosi e poi facendo finta di niente, tuttavia la luce del sole non poteva eclissare le prove, così nemmeno loro. Non potevi farti scoprire.

Hotami fu il primo che entrò nella sala vip e restò sulla soglia come un sasso. Gilbert ebbe più prontezza e si fece largo, urtando per sbaglio una coppietta in cerca di intimità appostata lì vicino. I suoi occhi verdi quasi esplosero di ribrezzo e livore, le sue vene si ingrossarono e se avesse potuto trasformarsi avrebbe avuto lunghi artigli e denti per squarciare la gola dei suoi figli. La bava gli stava già colando dalla bocca. Era un animale.

Dominik e Michael erano seduti vicini, con le gambe intrecciate sul tavolino. Cantavano una canzone di Natale in russo e alla fine della strofa si diedero un bacio, scoppiando a ridere poi, alzando i loro bicchieri verso di gemelli cinesi. Michael diede dei teneri baci sul collo e sulla guancia del fratello mentre il maggiore sogghignava beato, ripreso dal cellulare di Hergò, impazzito di divertimento e di eccitazione. I visi di tutti erano rossi e c'era troppa confusione.

Hergò si pulì la bocca dalla saliva che gli stava colando sul mento e, neppure accorgendosi della presenza del padre, strizzò l'occhio al fratello.

Gilbert mi lasciò e io feci un passo indietro, prendendomi la testa per fermare il dolore.

Lui urlò: «Schifosissimi gay!» e la sala parve tremolare dinnanzi alla sua voce.

In panico mi gettai su di lui, bloccandolo, o almeno provandoci. Gilbert mi colpì con un pugno in faccia e caddi all'indietro su una ragazza che stava bevendo il suo drink, rotolando per terra.

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