Cap. 7

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Il giorno seguente, a scuola, non feci altro che pensare a Justin e al fatto che tra poche ore sarei di nuovo stata in sua compagnia.
Nonostante avessi passato una notte quasi insonne, a causa di Jake che muoveva il suo bacino sul mio cercando di non ansiamare troppo per non svegliare i miei genitori, ogni pensiero che mi invadeva la mente riguardava il ragazzo biondo semi sconosciuto.
Con la penna tra le labbra, osservavo fuori dalla finestra con sguardo perso, come se il campo di atletica, con la sua pista bordeaux, fosse uno spettacolo da mozzare il fiato.
Ripensavo alla conversazione avuta con lui il giorno precedente.
Perchè tu sei speciale Claire, aveva detto.
Sorrisi al pensiero, anche se mi era ignoto il motivo di tale affermazione, e riportai il viso sul banco, arrossendo.
"Morèl! Vuoi anche un the coi biscotti mentre guardi il cortile?"
La voce acida e stridula della professoressa Stone mi riportò alla realtà facendomi sobbalzare.
"Saresti così gentile da ripetere quello che ho appena detto?"
Merda, non ci voleva. Già in scienze me la cavo da schifo, se poi mi faccio vedere distratta...
Mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e avvampai appena avvertii addosso tutti gli sguardi dei miei compagni.
"Mi scusi prof. non ero attenta" sussurrai a testa china.
"L'ho notato" rispose la vecchia scorbutica prima di continuare a spiegare come Darwin fosse arrivato a parlare di evoluzione della specie.

La campanella suonò con tre minuti di ritardo.
Presi i libri sotto braccio e mi fiondai correndo al mio armadietto. Se non mi fossi data una mossa avrei perso l'autobus, il che significava mezz'ora di attesa per il prossimo, e chissà quanto altro tempo perso prima di iniziare i compiti.
La mia idea era quella di studiare appena finito di pranzare, così appena Justin fosse arrivato, avrei potuto dedicargli tutto il tempo necessario prima del rientro di Jake dall'università.
In fretta e furia superai l'orda di studenti diretti all'uscita scontrandomi anche con alcuni di loro.
"Scusa, scusami" urlai distrattamente continuando a correre verso la fermata.
Appena in tempo, il tram era in arrivo dalla parte opposta alla mia. Attraversai la strada, stando ben attenta a non farmi asfaltare, e salii sul grande mezzo di trasporto che mi avrebbe lasciata di fronte alla mia abitazione.
Una volta entrata in casa, lasciai cadere lo zaino a terra, vicino al divano e mi diressi verso la cucina, sul cui tavolo era posto un piattino con dentro un toast al prosciutto soltanto da scaldare.
Jake mi aveva preparato il 'pranzo' e gliene ero eternamente grata siccome non avevo tempo da perdere.
In quattro bocconi divorai il toast, bevvi un bicchiere d'acqua e salii le scale diretta in camera mia.
Bene bene, da dove comincio?
Davanti a me due libri, rispettivamente algebra e geografia, stavano chiamando il mio nome.
"Algebra, scelgo te" esclamai sedendomi alla scrivania e aprendo il libro.
Dopo nemmeno due minuti, afferrai il cellulare per controllare l'ora. Era l'una e dieci, il che significava che avevo ancora cinquanta minuti per darmi da fare.
Infatti, avevo raccomandato a Justin di arrivare tra le due e le quattro, onde evitare di avere brutte sorprese.

Il tempo passò in un battibaleno.
Alle due meno cinque non avevo ancora finito gli schemi di geografia, mentre con algebra me l'ero cavata in dieci minuti.
"Oh, fanculo il Giappone e il monte Fuji" dissi chiudendo il libro con un colpo secco.
Scattai in piedi ed aprii l'armadio per trovare qualcosa di carino e presentabile da mettermi.
Optai per una gonnellina bianca ricamata, un crop top turchese che lasciava intravedere un lembo di pelle appena sotto all'ombelico, una giacca di jeans e le mie amate, e vissute, converse nere.
Entrai in bagno a lavarmi i denti e spazzolarmi i capelli quando il campanello suonò facendomi spaventare.
Con un veloce movimento della mano mi ravvivai i lunghi capelli castani e corsi ad aprire senza nemmeno controllare chi fosse, certa che fosse chi stavo aspettando.
Le mie supposizioni si rivelarono fondate non appena un ragazzo vestito con jeans neri e camicia bianca mi si parò davanti.
Era la cosa più bella che avessi mai visto.
"Buongiorno!" esclamò sorridendomi e facendomi sciogliere, di già.
Ancora incantata a fissarlo, ricambiai il saluto incurvando le labbra che avevo tinto di un rosa tenue.
"Wow, non mi aspettavo di ricevere un damerino" dissi ridendo appena.
Capì la battuta e rise anche lui.
Mio Dio, quella risata. Prima o poi ci rimarrò secca.
Come era possibile che quel ragazzo fosse così fottutamente sexy anche solo ridendo?
Scacciai quel pensiero ed entrai in salotto.
"Accomodati". Il mio sguardo si perse nei suoi occhi ambrati.
"Sai, pensavo che sarebbe stato carino fare un giro, se ti va, c'è una giornata magnifica" rispose.
Aveva perfettamente ragione. Era fine ottobre ma il sole brillava in alto nel cielo come se fosse ancora estate, e gli uccellini cantavano come fossimo in un film di animazione.
"Sì, daccordo"

_______

"Quindi mi dicevi ieri che ti sei trasferito qui?" domandai camminando accanto a lui lungo il sentiero che ci avrebbe condotti al parco.
Justin annuì soltanto senza dire nulla.
"Ma prima dove vivevi, a Miami?"
"A dieci chilometri da lì" precisò.
Mentre avanzavamo, uno accanto all'altra, più volte le nostre braccia si erano sfiorate, causando in me, e forse anche in lui, un leggero imbarazzo.
"Che ti va di fare?" chiese appena varcammo il cancelletto di accesso all'area verde.
Con un sguardo e un sorrisino furbetto gli indicai l'unica altalena libera.
Lui ridusse gli occhi a due fessure e con sguardo di sfida disse "chi arriva ultimo spinge l'altro!" e cominciò a correre come un forsennato facendomi scoppiare a ridere.
"Ehi, non vale io ho la gonna!" urlai, e appena lo feci notai due bambini guardarmi incuriositi e allo stesso tempo quasi stupiti.
Non vi badai e raggiunsi Justin col fiatone, il quale si era già bellamente accomodato sull'asse di legno dondolante.
"Non si fa così con una signora" sussurrai fintamentr delusa.
Lo vidi alzarsi e raggiungermi, fino a ritrovarmi il suo viso a dieci centimetri dal mio.
Deglutii sentendo il suo respiro sulle labbra.
"Ti chiedo scusa" sussurrò guardandomi intensamente e avvicinandosi sempre di più.
Mi avrebbe baciato, ne ero certa, ma avevo in mente per lui una bella fregatura.
"Oh, ti scusi?" mormorai imitandolo.
La sua mascella, prima contratta, in quel momento si rilassò. Pensava di avermi in pugno? Beh, si sbagliava.
Mi allontanai velocemente e iniziai a correre verso lo scivolo.
"Prendimi perdente" urlai a squarciagola raggiungendo il marchingegno color canarino.
Salii la scala a pioli e mi sedetti con le gambe distese.
"Me la paghi Claire" disse raggiungendomi.
Risi di gusto e mi lasciai scivolare, mentre lui dietro di me fece lo stesso.

Passammo una buona oretta a correre e giocare come due bambini, finchè controllai il cellulare e rovinai la magia.
"Devo tornare a casa..il mio ragazzo torna tra un'ora e..." dissi dispiaciuta lasciando la frase sospesa.
"È tutto okay, lo capisco" rispose e, prima di iniziare a camminare verso casa, mi afferrò la mano stringendola alla sua.

________

"Sono stata molto bene con te oggi" sussurrai prima di rientrare.
Sorrise, le nostre dita ancora intrecciate.
"Anche io, davvero. Spero di poterti rivedere presto" mormorò guardandomi intensamente negli occhi.
Il suo modo di guardarmi mi faceva venire la pelle d'oca e le farfalle nello stomaco, cosa che con Jake era successa dopo il nostro primo bacio.
Con Justin era tutto così diverso, così... magico.
"Beh, credo sia giunta l'ora dei saluti" disse, poi staccò la mano dalla mia per posarmela sulla guancia, che a contatto con la sua pelle, prese fuoco.
Lo vidi avvicinarsi a me come poco prima al parco, ma questa volta non avevo alcun motivo per ritrarmi, anzi. Istintivamente portai le mie labbra sulle sue e chiusi gli occhi come ad assaporare meglio il loro sapore.
Avrei continuato a baciarlo ancora e ancora, se non fosse che lo sbattere di una portiera mi fece sussultare, costringendomi ad abbandonare quelle labbra che tanto, nei miei pensieri, avevo bramato.

"Claire, che stai facendo lì?"
La voce di Jake mi fece gelare il sangue nelle vene.
Cazzo, ed ora? Che diavolo mi invento? Mi sa tanto che dovrò dirgli la verità.
Non potevo negare l'evidenza. Justin era proprio di fronte a me e lo stavo baciando.
"Io... ecco amore, posso spiegarti" balbettai.
Stavo per trovare il coraggio di dire tutto quando la sua frase mi lasciò di sasso.
"Non fa niente amore, me lo dirai più tardi cosa stavi facendo. Ora devo chiamare mia madre, sarà la decima volta che prova a parlarmi" e rientrò in casa tranquillo come un angelo.

Cosa diavolo stava succedendo?




Spazio Autrice
Giuro, sto morendo. Ho le mani completamente addormentate e a momenti mi cade il telefono sulla faccia. Sì, sono nel letto e ho scritto tutto ciò in un'ora e mezza. Credo sia il capitolo più lungo che abbia mai scritto e...
Non dico altro perchè non ho più nemmeno la forza di pensare.
Buonanotte belle xx

My Essence || J.B. {Conclusa} Where stories live. Discover now