Cap. 13

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Sdraiata tra le sue braccia sul terrazzo del centro commerciale, osservavo le stelle che, luminose come mai prima d'ora, illuminavano quella notte buia e silenziosa.
Più guardavo quei puntini bianchi nel cielo, più mi chiedevo in quale sogno, o incubo, fossi finita.
Ancora non riuscivo a realizzare a pieno ciò che mi stava succedendo: ero con un ragazzo che conoscevo da poco, ma che in realtà sentivo di conoscere da tantissimo tempo, e che agli occhi degli altri non esisteva.
Perchè proprio io?
Perchè tu sei speciale.
Già, speciale. Era davvero così?

Voltai il viso verso quello di Justin e quando incontrai i suoi occhi accennai un sorriso prima di porgli una delle solite domande.
"Davvero non sai cosa sei?" sussurrai quasi impercettibilmente.
Sospirò abbassando gli occhi. Forse ero troppo insistente.
"Mi dispiace, vorrei solo capire" aggiunsi.
Il ragazzo, che prima si teneva su con i gomiti appoggiati al cemento, ora si sdraiò completamente portando le mani dietro la testa. Con lo sguardo fisso sopra di lui, prese parola.
"Sono solo un ragazzo che per qualche scherzo della natura è visibile solo ai tuoi occhi. Ma sai, la cosa non è che mi dispiaccia particolarmente" rispose leccandosi subito dopo il labbro superiore, ammiccando. "L'unica cosa che non so, è perchè¨ proprio tu, con tutte le persone che ci sono" fece una pausa ed io ebbi il tempo di baciargli la mascella contratta. "Cioè, cos'hai di diverso dagli altri? Forse... No niente"
Forse cosa? Cosa stava per dire?
"Ti prego, parla. Dimmi tutto ciò che pensi" dissi stringendomi al suo petto. "Ho bisogno di sapere se sto impazzendo oppure no"
La sua mano mi sfiorò il fianco mentre le sue labbra si posarono con estrema delicatezza sulle mie.
Interpretai quel gesto come una sorta di evasione dal discorso, così mi staccai, forse un po' troppo bruscamente, e mi misi seduta.
"Non vuoi parlare? Okay, allora non dire niente!" esclamai stizzita incrociando le braccia e volgendo lo sguardo altrove.
Sentii improvvisamente gli occhi pizzicare e la mia vista si appannò, come se una coltre di nebbia si fosse levata intorno a me come per magia.
"Claire..." sussurrò poi Justin posandomi le mani sulle spalle. "Quello che volevo dire è che forse sono qui con te perchè ne avevi bisogno. Forse avevi bisogno di me senza saperlo" mormorò.
I suoi occhi, illuminati dalla luce delle stelle, in quel momento sembravano gialli. Ma non gialli come i limoni, no, gialli come a volte è la luna. Quel colore chiaro chiaro, quasi bianco.
"Oh Justin io... Io non lo so, può darsi che tu abbia ragione ma ho sempre avuto Jake accanto a me e i miei genitori anche... Io..."
Non sapevo cosa dire. Lo abbracciai di colpo, scoppiando a piangere contro il suo petto.
Mi strinse forte, e per un attimo credetti che la discussione sarebbe finita lì, quando lui riprese a parlare.
"Forse Jake non è quello giusto. Credevi lo fosse, ma ora sai che non lo è, ed è per questo che hai visto me"
Il suo respiro contro la mia pelle era caldo, leggero, soffice.
Cosa sapeva lui di me e Jake? Come poteva dire che non era quello giusto per me?
"Sai, sì, è così... Jake è un bravo ragazzo ma so che tutto ciò che vuole da me è il sesso. Lo so da sempre, ma mi è sempre andato bene così. Ero felice con lui e..."
"Davvero? Davvero eri felice di essere usata?" obiettò.
Usata. Quella parola mi fece rabbrivvidire.
Mi costava ammetterlo, ma era la verità.
Justin aveva ragione, forse avevo visto in lui una persona in grado di amarmi come Jake non aveva mai fatto. E forse era proprio per questo che durante il nostro primo bacio il mio cuore era come impazzito.
Avevo da sempre bisogno di lui e lo capivo solo adesso.
Le sue dita mi asciugarono le lacrime e il suo sorriso fece sorridere anche me.

Passammo la notte lì, abbracciati, a guardare la notte e le sue piccole figlie, come due innamorati. Perchè era quello che eravamo.

_______

Il mattino seguente, verso le sette tornai a casa.
Una volta aperta la porta, cercando di fare il più piano possibile per non svegliare nessuno, con mia sorpresa scoprii che anche se fossi entrata con una banda di musicisti al seguito non avrebbe avuto importanza.
Tutti erano già svegli: mia madre, mio padre e perfino Jake.
Seduti sul divano del salotto, con le braccia incrociate, mi fissavano incazzati.
Passai in rassegna tutti i loro sguardi e mi bloccai sulla porta.
"Ehm, che succede?" osai domandare. Non l'avessi mai fatto.
All'unisono iniziarono a dirmi di quanto fossi stata irresponsabile, di quanto un comportamento del genere da me non se lo sarebbero mai aspettati e per ultimo, ma non per importanza, che ero una grandissima stupida.
Ovviamente avevano scoperto che non ero andata a dormire a casa di Shay perchè mia madre, volendo fare una buona azione, aveva telefonato a casa della mia amica per sapere se era tutto a posto, e la cui madre, che in teoria doveva essere fuori città , le aveva detto che io non ero da loro.
Sempre meglio.
Ma avevano perfettamente ragione a dire che ero stupida. Infatti dalla fretta mi ero dimenticata di avvisare Shay per coprirmi le spalle.
"Non hai niente da dire? Si può sapere dove sei stata se non eri da lei?"
Merda, merda e ancora merda. Cosa dico adesso? Dai Claire inventati qualsiasi cosa.
"Ero a una festa. Cioè un pigiama party. Di una ragazza che non va d'accordo con Shay e... Non ve l'ho detto perchè non la conoscete e non mi avreste mai fatto andare" sbottai a raffica.
Mi guardarono confusi. Non ci avevano creduto, o forse sì?!
"Potevi dircelo e ne avremmo parlato" disse mio padre in tono di rimprovero.
Mi avvicinai a loro e li guardai con lo sguardo più supplichevole del mondo.
"Mi dispiace tanto, davvero. Non succederà mai più". Detto questo li abbracciai tutti e tre.
Quando feci per salire in camera, Jake mi afferrò per un polso, costringendomi a fermarmi.
"A me potevi dirlo" sussurrò.
Sospirai. Era giunto il momento di parlargli.
"Senti, c'è una cosa che devo dirti" mormorai per poi portarlo fuori dal campo uditivo dei miei genitori.
"Cosa succede Claire? È da un po' che sei strana"
"Appunto. Credo sia giunto il momento di rompere Jake" risposi e feci un passo indietro per paura della sua reazione.
Rimase zitto per qualche secondo. Avevo i suoi occhi inespressivi puntati addosso e non riuscivo più a reggere quello sguardo.
"Scusa non ho capito. Mi stai lasciando?" chiese.
Dio che palle. È così difficile da capire?
"Si Jake, non voglio più essere la tua ragazza. Non ti amo più e sono stanca di essere usata da te per i tuoi sfoghi sessuali" sbottai.
Mi guardò qualche secondo poi scoppiò a ridere.
"Sfoghi sessuali? Davvero divertente. Dimmi chi cazzo è lui. Perchè è così vero? C'è un altro!" urlò e sentendolo mio padre accorse a vedere cosa stesse succedendo.
La sua presenza lo fece calmare, più o meno, e in men che non si dica, dopo avermi dato della puttana sussurrandomi all'orecchio, salì in camera.

Dopo un'ora era fuori da casa mia. Per sempre.

My Essence || J.B. {Conclusa} Where stories live. Discover now