1. La decisione.

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Posso andare in bagno?

~1~
La decisione.

Sento la sveglia suonare, sono le 6 del mattino, dovrei prepararmi per andare a scuola, la solita routine noiosa.

Non fraintendetemi, la scuola non mi dispiace, solo che.. Non saprei, tutta questa monotonia, la troppa proibizione che c'è a scuola forse contribuisce alla mia poca voglia di andarci, ovvio che delle regole ci devono essere, poiché l'istituto senza non sarebbe un luogo di apprendimento.

Mi stiracchio un po' dentro il mio letto gigante mi alzo ed ormai le mie gambe, automaticamente vanno verso il bagno, dove mi faccio una doccia veloce. Una volta uscita mi avvolgono immediatamente dentro l'accappatoio, sbadigliando sonoramente.

Mi trucco leggermente, tanto devo andare solo a scuola, purtroppo. Finito di truccarmi, vado in camera e mi metto dei semplicissimi jeans scuri con una maglietta dei Pink Floyd grigia.

Sento bussare alla porta, non faccio in tempo a dire "avanti" che mia madre è dietro di me.
«Lacey, la colazione è pronta.» mia mamma con il suo solito tono freddo rimane sulla soglia della porta, ogni tanto si accorge della mia esistenza, solo quando distacca gli occhi dai mille documenti che deve controllare ogni giorno.
«Si sì.» rispondo spostandomi e andando davanti allo specchio per farmi una coda alta.

Non sono male come ragazza, lo ammetto. Diciassette anni. Occhi grigi con alcune sfumature color nocciola, capelli castani parecchio lunghi, mi arrivano ai fianchi e sono un po' mossi.
Devo dire di aver preso da mia mamma gli occhi, io personalmente li adoro.
Da mio padre ho preso il carattere, siamo tutti e due molto silenziosi, ma dentro pensiamo anche fin troppo.

«Okay allora. Vuoi che.. ti accompagni io a scuola? Tanto non ho niente da fare.» mi chiede mentre si gira per uscire.
Non penso di poter sopportare ancora di più, i suoi comportamenti stralunati, penso sia bipolare un momento si comporta in un modo, quello dopo un un altro.
Ma non ci si può fare niente ormai.
«No tranquilla, vado con la mia auto.» adoro guidare, sin da piccola. Mi ricordo quando mio nonno a undici anni mi aveva portato in campagna e mi aveva insegnato a guidare.
Stavo per finire dentro un fosso, per fortuna che con i suoi riflessi me lo sono ritrovato attaccato al volante, ed è riuscito a riportarmi sulla strada sterrata.

La mia famiglia è una delle più note qui a San Francisco. Mia mamma Mya Williams è una nota avvocatessa, proveniente da una famiglia benestante, e mio padre Jeremy Smith invece è uno dei migliori chirurghi di S. Francisco. La vita con i miei genitori è così noiosa e monotona, per non parlare delle cene con i loro colleghi e con i rispettivi figli. Non mi piace questa vita, nonostante abbia tutto quello che voglio. Non sono una ragazzina viziata, diciamo solo che ho avuto più cose materiali, quando l'unica cosa che volevo era solo dell'affetto.

Vado in cucina, al piano di sotto, dove, appena entrata trovo mio padre con un giornale in mano ed un croissant nell'altra.
«Buongiorno tesoro.» dice a bocca piena, gli vado incontro e gli lascio un bacio sulla guancia.
Ho sempre avuto un rapporto migliore con mio padre, piuttosto che mia madre.
Mia mamma è la classica donna ricca e montata, mio padre invece è più umile,penso sia contagiato dalla negatività della moglie.
«Giorno pa'» gli rispondo prendendo posto a tavola. Come ogni mattina mia mamma ha fatto preparare dalla domestica tantissime cose ma io, come al solito, mangio un croissant insieme ad una spremuta d'arancia, velocemente dato che tra dieci minuti dovrei uscire, se voglio almeno arrivare in orario a scuola.
Sento la suoneria di avviso del telefono, che poco prima avevo messo nella tasca posteriore dei pantaloni.
Sblocco lo schermo, Haven la mia unica amica mi ha mandato un messaggio.
**
Da: Hev.
Lacy ti aspetto all'ingresso, al solito posto.
Tra poco dovrei uscire di casa, quindi cinque minuti e sono lì.

A: Hev.
'Giorno Hev! Comunque si, va bene. Solito posto, a tra poco.

**

Finito di mangiare vado in camera e mi lavo i denti. Come camera non è male, è parecchio grande, ho persino un bagno tutto mio.
Prendo i Ray-Ban, la felpa, le Adidas e corro giù.
«Vado a scuola.» urlo correndo fuori. Vado verso la mia Impala, la mia prima macchina. La amo, davvero.

Nonostante il classico traffico di San Francisco, arrivo davanti a scuola giusto in tempo.
Parcheggio la macchina, al solito posto vicino al fuoristrada di Ronald.

Vicino al cancello vedo Heven tutta intenta a mangiucchiarsi le unghie, smaltate di nero. La mia amica è una ragazza un po' strana, veste in un modo stravagante, non si può definire Metal, neanche Punk, è una via di mezzo, però non è esagerata.

«Lacy!!» urla alzando una mano laccata di smalto, appena mi vede.
Alzo anche io la mia per ricambiare.
La quarta ora mi dirigo verso la classe di diritto.
«Ehi Lacey giusto?» sento dire da qualcuno dietro di me. Mi giro e mi ritrovo un ragazzo alto e muscoloso, discreto ma insignificante come la maggior parte delle persone qui.
«Si» evito anche lui e vado in classe prendendo posto all'ultimo banco, in un angolo vicino alla finestra.
Tiro fuori il quaderno, solo per fare la parte di quella che prende appunti, ma in realtà poco m'interessa.
Non sopporto le lezioni di diritto, il professore ha una voce così piatta che ti fa venire voglia di dormire, come se già una persona non ce l'avesse.
Mi ritrovo a fissare la finestra, pensando come sarebbe andarsene da tutto, e provare a vedere come dev'essere vivere al momento.
Ho un'idea. Devo chiamare subito Heven.
«Prof mi scusi, posso andare in bagno?» chiedo interrompendo il silenzio creato dal professore durante la spiegazione.
«Si sì. Si sbrighi però signorina Smith.» risponde il professore poco prima di iniziare di nuovo a spiegare.
Una volta in bagno, mando un messaggio a Heven, dicendole di venire subito lì.

«Allora, lo so scusami se ti ho disturbata durante la lezione di Arte, so quanto tu la ami.» le dico non appena arrivata.
«Tranquilla Lacy, la prof oggi non c'è, è venuto il professor Gibton a farci supplenza. Dimmi.» risponde sorridendomi.
«Stavo pensando, se andassimo via? Cioè non dico per sempre, forse. Però andare via, da qui a San Diego, in macchina, passando per le città che più ci attraggono.. Che ne dici?» Hev ha una faccia al dir poco sconvolta, mi sto trattenendo dal riderle in faccia.
«Ma sei pazza? Non posso saltare troppi giorni di scuola. Lacy cosa ti sei fumata?» Hav ha questo difetto, segue troppo le regole. Forse io non ho più voglia di seguirle per il semplice fatto che le ho seguite per forse, troppo tempo.
«Non importa, ci vediamo dopo.» mi congedo dandole un bacio sulla guancia e rientro in classe. So di aver passato fuori troppo tempo, ma non importa faccio finta di star male. Il prof ovviamente mi crede, anzi mi propone di non ascoltare la lezione e rilassarmi.
Non riesco più a pensare ad altro. Devo farlo, devo andarmene.


[N.A.]

NON CI CREDO.
Questo è il primo capitolo di questa, storia.
Mi sembra così strano.
Non so neanche come sia uscito tutto questo, però mi piace.
Spero piaccia anche a voi, come d'altronde dico sempre.
Il primo capitolo è introduttivo per cui un po' noioso e lungo. Ma a me piace.
L'importante è questo.
SPERO APPASSIONI ANCHE VOI.
Baci.

G.

Wanderlust. || A. J.Where stories live. Discover now