14 - L'angelo e il demone

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A scuola ci chiamavano "l'angelo e il demone"e non mi dispiaceva affatto. Da quando un articolo del giornalino di dicembre ci aveva nominati così, tutta la scuola cominciò a considerarci tali. Un po' mi piaceva perché mi facevo film mentali in stile storie fantasy della Benson.
E un po' perché mi faceva emozionare pensare che Valentin fosse un ragazzo tanto ribelle quanto affascinante e preso da me, anche se non avevamo ancora deciso se essere una coppia a tutti gli effetti o no.
Non sapevo ancora cosa eravamo io e lui, ma stavamo spesso insieme. Così, davanti agli occhi di tutti e incuranti delle voci altrui.
E la cosa cominciò davvero ad eccitarmi, ma la maggior parte delle volte preferivo non darlo a vedere.
Ogni mattina, appena arrivavo a scuola, Valentin mi raggiungeva per schioccarmi sulle labbra il bacio del buongiorno; se arrivavo ai parcheggi prima di lui, lo aspettavo.
Se ci incontravamo per il corridoio mi sorrideva o mi sfiorava una mano.
In mensa mangiavo sempre con lui al suo tavolo.
- Edgar Allan Poe può aspettare fino a stasera - mi disse un giorno presentandosi per la prima volta senza il suo solito libro verde sottobraccio, il che mi sorprese. Mi fece molto piacere che Valentin avesse rinunciato ad una sua abitudine per me.
Prima di salire in macchina e tornare a casa, lo aspettavo per salutarlo. Quando lo guardavo avanzare verso di me venivo sempre sopraffatta dal batticuore.
E giorno dopo giorno imparai a godere sempre più dei suoi baci. Quelli dell'arrivederci erano sempre più lunghi e coinvolgenti di quelli del primo mattino.
Joseph ed Alexandra mi facevano sempre domande su come stesse procedendo la mia particolare relazione con Valentin ed io rispondevo ogni volta con imbarazzo e le guance rosse.
- Ti brillano gli occhi quando ti chiediamo di lui - osservò Alex un venerdì di inizio dicembre.
- Già, menomale che non provavi niente per quello lì - disse Jo.
- Infatti prima non provavo nulla di tutto questo - tenni a precisare, ma sapevo che quella frase era vera solo per metà.
- Certo, Ellie, raccontalo a qualcun altro! - intervenne Alexandra e mi misi a ridere.
Vidi Valentin più felice. Il suo sguardo perse un po' della sua opacità e sul suo volto cominciai a vedere più spesso un sorriso. Gli occhi non erano più contornati di trucco nero e lui aveva persino smesso di commettere bravate a scuola. Sembrava quasi un'altra persona.
E mi rendeva fiera sapere che era tutto per merito mio.
Stacie era altrettanto contenta, così come il resto della redazione del giornalino. Certo, ormai era inutile ammettere che io e Valentin eravamo il loro argomento preferito per l'inserto dei gossip scolastici e tutti non vedevano mai l'ora di leggere gli articoli che parlavano di noi. Divenni sempre più popolare nell'istituto e anche se l'idea non mi aveva mai allettata particolarmente, ci stavo facendo l'abitudine. La gente mi fermava per i corridoi per chiedermi dettagli sulla mia relazione con Valentin. Persino studenti con cui non avevo mai parlato in vita mia mi chiedevano aggiornamenti! Era come se mi fossi catapultata da un momento all'altro in una soap-opera e tutti volevano sapere come proseguiva, puntata dopo puntata. Assurdo!
Valentin era un po' scocciato dal fatto che la scolaresca ci stesse così addosso, ma spesso chiudeva un occhio e lasciava perdere le voci. Non si faceva mai problemi a mostrarsi in pubblico con me e a baciarmi davanti a chi ci fissava. Anzi, a volte lo faceva apposta per vedere la loro reazione. Io morivo dall'imbarazzo, ma lui si divertiva. Era un grande provocatore.
Victor si riprese del tutto dallo scontro con Valentin e i lividi sul volto erano spariti. Solo una piccola cicatrice sul labbro inferiore era ancora leggermente visibile. Le avance di Vic non si ripetettero mai più, anzi, un giorno, con mia sorpresa, lui venne da me per le scuse. Era appena finita l'ora di matematica ed io mi affacciai dalla porta per vedere se anche Valentin avesse fatto capolino dalla sua aula. Quando lui uscì mi vide, poi mi raggiunse a passi lenti. Sorrisi a bocca serrata mentre lo guardai con gli occhi che brillavano.
- Ti annoi senza di me? - mi chiese una volta essere arrivato a pochi centimetri dal mio naso, poi mi baciò a fior di labbra.
- Io sto benissimo senza di te - gli risposi giocando. Lui mi guardò con aria di sfida.
- Ah, davvero? Okay, allora io posso andarmene - Valentin indietreggiò e alzò le mani come se gli avessi puntato in faccia una pistola. Scoppiai a ridere.
- No dai, resta - cedetti. Valentin tornò da me, infilò le sue grandi mani tra i miei capelli e mi stampò un altro bacio sulla bocca. Fu in quel preciso momento che ebbi Victor alle spalle.
- Scusate se interrompo - disse Vic dopo essersi schiarito la voce. Io e Valentin ci staccammo e lo guardammo in faccia. Io ero sorpresa, Valentin infastidito.
- Che cazzo vuoi? - gli chiese bruscamente il finnico. Io gli cinsi la vita con le braccia e lui mi strinse a sé.
- Vorrei parlare ad Eleanor, posso? - chiese Victor con calma e con nessun fuoco negli occhi. Sembrava tanto un cucciolo con la coda fra le gambe. Guardai Valentin in attesa di una risposta. Stessa cosa fece Vic.
- Che devi dirle?
- So che potrà non piacerti, ma vorrei parlarle in privato.
A quelle parole mi irrigidii e Valentin lo sentì, poiché le mie braccia lo strinsero più forte.
- Infatti, non mi piace - disse freddamente il finnico.
- Non succederà nulla, te lo assicuro - gli garantì Victor. Valentin si portò una mano sotto il mento.
- Uhm, facciamo così - cominciò lui la frase. - Ti do tre minuti esatti, okay? Io vado là, davanti alla mia classe, e ti tengo d'occhio, quindi bada a come ti comporti - Valentin descrisse a Vic le condizioni e lui le accettò senza obiezioni. Io mi staccai a malincuore dal corpo del ragazzo e mi lisciai il maglione, poi mi sistemai i capelli. Quando Valentin si appoggiò allo stipite della porta, Victor cominciò a parlare. Sembrava sentirsi a disagio, ma in fondo lo capivo. Mi sarei sentita anche io in quel modo se fossi stata al posto suo: gli occhi del finlandese gli pesavano addosso.
- Senti, Ellie, volevo solo chiederti scusa.
- Per cosa? - feci la finta tonta, ma volevo che Victor sapesse riconoscere i propri errori e che me li dicesse in faccia.
- Per quello che ti ho fatto, insomma. Non volevo incuterti paura, non avrei dovuto essere così assillante e prepotente con te - mi spiegò lui. Incrociai le braccia al petto e guardai il suolo.
- Apprezzo il gesto, cioè, le tue scuse.
- E' che mi piaci, tanto anche - continuò lui.
- Mi dispiace Vic, ma ormai lo sai che tra me e te non potrà mai esserci niente. In giro ci sono così tante belle ragazze, prima o poi troverai quella giusta per te, vedrai - lo incoraggiai a non demoralizzarsi, ma lui abbassò lo sguardo.
- L'aspetterò - disse Victor.
Vic si voltò verso Valentin, poi lo feci anch'io. Stava ancora là sull'attenti, vigile più di un cane da guardia. Guardò Victor e si toccò ripetutamente con un dito il polso dell'altro braccio. Sembrava che stesse dicendo "Il tempo passa, sbrigati!".
Dovetti trattenere una risata, così tolsi subito lo sguardo da Valentin e guardai altrove.
- Comunque, tutto bene? - mi chiese Vic infilando le mani nelle tasche dei jeans e dondolò sui piedi.
- Sì, tutto okay.
- Valentin? Ti fa felice?
- Sì, non mi lamento.
- Avete già...
- Cosa? - sperai di aver frainteso.
- Eh, quello. Avete già...
- Bene, tempo scaduto, arrivederci - arrivò Valentin a dividerci e fece segno con la mano a Victor di andarsene.
- Ma non è passato neanche un minuto!
- Lo so che quando si sta bene il tempo vola, ma per me là in fondo è già passata un'eternità, perciò ciao - insistette Valentin facendomi ridere, ma volli smettere e trattenermi. Victor sbuffò e si allontanò tornando in classe in silenzio.
- Di che ti ha parlato? Cosa ti stava chiedendo quel coglione? - mi chiese curioso il ragazzo dagli occhi verdazzurri.
- Si è scusato con me per come si è comportato in passato, tutto qui.
- Di' la verità, ti ha chiesto se abbiamo già fatto sesso, giusto?
- Ma se hai sentito, allora cosa mi chiedi?
- Bo, così - rispose Valentin facendo spallucce. - Ma se quello lì ti chiede ancora cose nostre personali, e spero che non accada, rispondigli "Fatti un bel piatto di pasta e cazzi tuoi!", okay?
Scoppiai a ridere, stavolta senza trattenermi.
- Bé, sappi comunque che quella cosa non capiterà mai a noi! Cioè, fare... - dissi una volta aver placato le mie risate lasciando la frase in sospeso per l'imbarazzo.
- Fossi in te non sarei così convinto di quello che hai appena detto.
- Io invece, se fossi in te, risparmierei certe battutine.
- Ho detto qualcosa di sbagliato? - chiese Valentin con finto dispiacere.
- Ti fai troppi film, tu - dissi toccandogli il petto con un dito.
- E tu sei troppo rigida - mi accusò. - Lo so che faresti tante pazzie con me, ma ti trattieni.
- Malato!
- Suora!
Adoravo Valentin quando faceva lo spiritoso e amavo il fatto che lui preservasse quel suo lato divertente solo per me. Mi faceva sentire speciale. Allo stesso tempo, però, continuavo a chiedermi perché lui avesse quel comportamento. Perché con gli altri non si comportava come con me? Mi promisi che prima o poi gliele avrei fatte, quelle domande. Avrei aspettato il momento giusto e avrei agito.

Baciata dalla lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora