16 - Baciata dalla luna

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- Alla radio non danno mai niente di interessante - si lamentò Valentin continuando a cambiare stazione.
- No, lascia questa! - gli ordinai non appena sentii Poker face di Lady Gaga, la mia cantante preferita, ma lui fece una smorfia.
- Stai scherzando? Ti piace questa roba? - mi chiese inorridito.
- Sì, e allora?
- Peccato che non ho qui i CD dei Black Sabbath, dannazione!
- Chi sono i Black Sabbath? - chiesi con curiosità. Non avevo mai sentito quella band in vita mia.
- Uno dei migliori gruppi metal di questo mondo - rispose Valentin. - Sono spettacolari, ma ho lasciato i CD in camera mia.
- Non impazzisco per il metal - ammisi. Valentin si voltò per un attimo verso di me lasciando una sola mano sul volante.
- Cosa? - si scandalizzò teatralmente. - Bé, vorrà dire che dovrò istruirti per bene in fatto di musica.
Spalancai la bocca come per mostrarmi offesa e gli diedi una sberla sulla gamba accanto alla mia. Lui rise.
- Ehi, io ho i miei gusti, okay?
- Voglio solo migliorarli un po' - si giustificò Val. - Sei già stupenda di tuo, ma metallara saresti davvero il top!
- Se ti piaccio già così, allora non ho nulla da migliorare - dissi, poi succhiai le ultime gocce di coca-cola dal mio bicchierone di carta, preso da McDonald's.
Valentin smise di ribattere e si limitò soltanto a ridere. Sapeva benissimo che avevo ragione, così decise di arrendersi.
Stavamo ancora percorrendo il confine di Londra senza sapere dove fermarci per una sosta. Vidi luoghi mai visti prima ed ero sicura che nemmeno Valentin conoscesse le strade che volle intraprendere.
Finita Poker Face di Lady Gaga, cominciò un'altra canzone di cui non mi ricordavo il titolo, ma Valentin non ci fece nemmeno caso. Sembrava si fosse scocciato di cercare la musica perfetta alla radio, quindi si affidò alla casualità.
- Non mi hai detto cosa avevi stamattina - gli ricordai. - E neanche perché non hai risposto ai miei messaggi durante le vacanze.
- Bé, come ben sai c'entra mio padre... come quasi ogni volta che sto di merda, insomma - mi rispose vagamente il finlandese. - Stessa cosa vale per i messaggi.
- Spiegati meglio - lo incitai ad esprimersi nei dettagli.
- Quando sono arrabbiato, nervoso o tremendamente triste è perché ho sentito papà al telefono... o l'ho visto, come a Capodanno.
- Sei stato ad Helsinki? - chiesi, stupita, voltandomi verso di lui. Non ci avrei mai pensato.
- Mia mamma ha insistito affinché io e Joel andassimo a trovarlo dopo Natale. "E' pur sempre vostro padre", ci dice sempre. E' stato tremendo, preferirei non andarci mai più - mi raccontò Valentin, ma man mano che lui proseguiva con le risposte, io volevo sapere sempre di più.
- Cosa è successo?
- Io e Joel ci siamo convinti a partire anche pensando che papà, comunque, sta provando a smettere di bere. Non possiamo dimenticare ciò che ha fatto in passato, ma apprezziamo il fatto che lui stia cercando di rimediare. Mi fanno arrabbiare, però, i discorsi che lui fa. "Vostra madre non mi amava più, capite? Come potevo io accettare la situazione?", ci ha detto l'altro ieri. Eravamo seduti in salotto a parlare. Papà e Joel stavano sul divano, io invece sulla poltrona affianco. "Ti sembra una giustifica, papà? Pensi di aver ragione dicendo questo?", gli ho chiesto io cominciando ad alterarmi. Lui mi ha guardato storto. "Se lei ha smesso di amarti, è perché tu hai fatto lo stesso con lei" ha detto Joel facendo voltare papà verso di lui. Ho temuto che potesse dargli uno schiaffo da un momento all'altro, ma non l'ha fatto. Non ha mai toccato Joel, anche se a volte ho avuto paura che lo facesse, proprio come due giorni fa - mi raccontò Valentin con l'amaro in bocca.
Ed io, ancora una volta, ebbi i brividi. Mi sentivo in colpa per aver fatto ricadere Valentin in quei ricordi, ma io volevo sapere. Mi promisi, però, che non avrei mai più fatto domande delicate dopo aver conosciuto tutto di Valentin.
- Non oso immaginare cosa ci sia nella tua testa dopo tutto ciò che hai passato – confessai, tremendamente dispiaciuta. - Quindi i tuoi comportamenti strani, la scia nera che lasci quando cammini, la tua solitudine e la tua voglia di trasgredire dipendono dal passato rovinato da tuo papà?
- Esatto - confermò Valentin annuendo. - Ciò che ti segna forma il tuo carattere.
- Hai ancora a che fare con la droga? - chiesi senza nemmeno prima riflettere se porre la domanda oppure no.
Valentin si irrigidì di colpo.
- Chi ti ha detto che mi drogavo?
Mi morsi un'unghia per il pentimento. Forse, ancora una volta, stavo esagerando con il mio interrogatorio, ma la mia voglia di sapere, come sempre, era più forte di qualsiasi altra cosa.
- Stacie Peters - sputai il rospo con voce bassa, ma Valentin riuscì benissimo a sentirmi.
- Quella puttana... - sibilò lui a denti stretti.
- Comunque, anche se lei non me l'avesse detto, l'avrei saputo lo stesso.
- Te l'ha detto qualcun altro? - mi domandò, allarmato.
- Non direttamente - risposi. - Ti ricordi quando hai fatto a botte con Victor fuori scuola? Prima che tu gli saltassi addosso, lui ti ha provocato facendo dei riferimenti alla droga.
- Ah, sì, ora ricordo - si calmò Valentin, ma leggermente. Mi voltai a guardarlo. Aveva la mascella contratta e lo sguardo indurito. - Comunque ho smesso con la droga. Mi sono fatto diverse volte, ma quando mi hanno trovato svenuto in bagno, mia mamma mi ha portato a farmi disintossicare. Le ho promesso che non mi sarei mai più avvicinato a quella roba, ma in compenso posso ancora fumare.
- Fossi in lei, io ti vieterei anche di far quello.
- Ci ha provato, sai? Ma alle sigarette non potrei mai rinunciare. Una valvola di sfogo mi deve pur sempre servire - disse Valentin con ovvietà, come se senza fumo fosse un'anima persa.
- E l'arte? Non è uno sfogo?
- Oh, certo che lo è! Dipingere, scrivere e suonare mi aiuta a sfogare ciò che sento, ma vi prego, non toglietemi le sigarette - insistette Valentin a difendere il suo attaccamento al tabacco.
- Cosa fumi generalmente?
- Tranquilla, nulla di che... normali sigarette, non lo vedi tu stessa? Ti ho detto che con la droga ho smesso - mi rassicurò lui, poi mi diede una leggera pacca sulla gamba.
- Adesso... solo una cosa non mi è ancora chiara - rivelai con una goccia di timore in voce. Non volevo irritare Valentin con i miei quesiti, ma c'era ancora una questione che non avevamo chiarito. - Perché hai ignorato i miei messaggi, giorni fa?
- Io non li ho ignorati, Ellie. Li ho letti, li ho adorati e mi sono entrati dentro, ma non ho voluto risponderti perché a me bastava solo sapere che i miei li avessi ricevuti. Sei stata il mio pensiero fisso ogni giorno e ogni minuto ho desiderato uscire dalla casa di mio padre, trovarti al cancello e scappare via con te - mi confessò lui.
Il mio cuore riprese a battere più velocemente. Quelle parole seppero sciogliermi come burro al sole e le adorai da morire. Nemmeno Andrew seppe farmi sentire in quel modo... o almeno non fino a quei livelli.
- Bé, però io sono stata male, nel frattempo.
- Avevo la testa troppo incasinata, Ellie. Non avevo neanche la voglia di sostenere delle conversazioni al cellulare, ma volevo che tu sapessi che ti avevo sempre nella mia mente. Ci tenevo tanto - continuò Valentin con le rivelazioni. - Ho pensato anche al fatto che poco prima di settembre te ne andrai e ho sentito un forte dolore.
- No, Val. Non devi assolutamente pensarci, chiaro?
- E' più forte di me, credimi. Dal momento in cui ho saputo che te ne andrai, ho lottato contro la consapevolezza che sia meglio non fissarmi troppo con te, ma il danno è già stato fatto da un bel pezzo.
Rimasi senza parole. Mi sentii leggermente in imbarazzo per il mio silenzio, ma dentro avevo le farfalle nello stomaco.
No, erano rondini.
Anzi, trombe d'aria.
- Ho detto qualcosa che non andava? - chiese Valentin notando che avevo smesso di parlare.
- No, no - negai. - E' che... nessuno ci sa fare così tanto con le parole come te.
- Andrew com'era quando stava con te? - chiese, curioso.
- Oh, lui era davvero dolcissimo - dissi facendo io, stavolta, un tuffo nei ricordi. - Ma tu non hai assolutamente nulla da invidiare.
- Lo so che sono io, il più dolce - si vantò Valentin teatralmente. - E sicuramente sono anche più bello - continuò con il suo gioco. Ammiravo come lui volesse sdrammatizzare i momenti di tristezza o serietà perché infondo, in qualche modo, provava spesso a sfuggire da ciò che lo faceva stare male.
E con me gli sembrava così semplice farlo.
- Certo, certo... senza ombra di dubbio - risi guardando Valentin ancora una volta e i nostri sguardi si intrecciarono per un istante.

Baciata dalla lunaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora