17 - Amore impossibile

202 9 4
                                    

Erano quasi le tre di notte quando tornai a casa insieme a papà e Caroline. Per tutto il viaggio, nessuno di noi proferì parola e mi passò il sonno. Ero agitata e triste allo stesso tempo.
Agitata perché presto avrei dovuto subire una predica da papà e la sua compagna.
Triste perché la mia avventura con Valentin non finì secondo i nostri piani.
Mi sedetti sulla poltrona accanto alla grande finestra del salone quando papà chiuse la porta d'ingresso a chiave. Caroline appese il cappotto sull'attaccapanni, stessa cosa fece con sciarpa e cappello.
- Perché non ti spogli, Eleanor? - mi chiese lei guardandomi, seduta con ancora il cappotto e il resto addosso. Io non volli rispondere, così abbassai il capo ed osservai le decorazioni persiane del tappetto che copriva gran parte del parquet del salotto.
- Una domanda inerente al discorso l'avrei io - s'intromise mio padre con tono nervoso. Si posizionò davanti a me facendomi ombra, poiché la luce del lampadario venne bloccata dalla sua schiena. Il mio sguardo stava ancora puntato al suolo.
- Mi spieghi perché hanno trovato indumenti sparsi per terra? E perché voi eravate mezzi nudi nello stesso letto di un motel in periferia? - si alterò facendomi morire per la vergogna. Strinsi i pugni sulle ginocchia e mi chiusi nelle spalle.
- Non abbiamo fatto nulla, se è questo che vuoi sapere - risposi con voce debole, sempre più imbarazzata.
- Dovrei crederti?
Caroline si sedette sul divano, di fronte alla poltrona su cui stavo seduta io, e papà la raggiunse a passi lenti. Entrambi non smettevano di guardarmi e me ne accorsi non appena trovai un pizzico di coraggio per alzare lo sguardo. Non mi ero mai sentita così tanto sotto pressione, volevo schioccare la dita e sparire in un istante.
- Papà, perché dovrei dirti bugie?
- La polizia mi ha descritto perfettamente ciò che ha trovato in quella stanza, dammi un motivo per credere alla tua versione dei fatti - mi sfidò papà, ma in quello stesso momento non sapevo dove trovare le parole. Molto probabilmente, qualsiasi cosa gli avessi detto, lui avrebbe fatto fatica a credermi.
- Hai sempre dormito in pigiama, tu? - lo provocai senza saper che altro dire.
- Bé, d'inverno sì, Eleanor - mi rispose lui con ovvietà.
Avrei voluto mordermi la lingua per il pentimento. Aveva ragione ed io mi ero fregata da sola.
- Noi invece abbiamo preferito dormire senza maglia, okay? Non abbiamo fatto nient'altro! - insistetti, ma sapevo che in fondo, per metà, stavo mentendo. Era vero, io e Valentin non facemmo sesso, ma eravamo sul punto di farlo. Questo, però, non l'avrei mai detto a papà.
- Non mi hai risposto alla domanda di prima - precisò lui.
- Che domanda? - chiesi confusa.
- Che ci facevate in un motel di una zona pericolosa di Londra? Hai idea di che gente giri lì intorno?
- Eravamo stanchi, dove saremmo dovuti andare a dormire?
- Ah, certo, nessun posto è meglio di un motel dove vanno prostitute e uomini di poca educazione! - mi schernii mio padre ed io mi portai una mano in fronte. - Io mi chiedo ancora perché siete fuggiti da scuola per andarvene chissà dove! Cosa dovrei pensare, io?
- Ellie, lo sai che fare cose del genere è molto rischioso - si aggiunse Caroline alla predica, proprio come mi aspettavo.
- Sì, ma non è successo nulla - provai a farli calmare, ma sapevo già prima di pronunciare quelle parole che avrei fallito. - E poi non ho dieci anni, so cavarmela da sola! Anzi, con me c'era un ventunenne!
- Già, un ventunenne senza cervello, però - mi corresse papà e uno strano fuoco mi scoppiettò in petto. Non sopportai il fatto che papà parlasse così di Valentin.
- Smettila! Non parlare in questo modo - mi infastidii lanciando un'occhiataccia a mio padre. - Ti ricordo che Valentin è lo stesso ragazzo che tu una sera hai invitato qui a cena per ringraziarlo per avermi salvata da Victor!
- Certo, ha compiuto un gran gesto, ma tutto il resto dove lo metti?
Piegai la testa da un lato senza capire. A cosa si stava riferendo mio padre con quella domanda? Che cosa sapeva?
- Il resto? - ripetei confusa.
- Ti sembra che io non sappia di quando tu e lui vi siete allontanati dai vostri compagni durante la visita alla Tate Gallery? E ti sembra che io non sappia di tutto ciò che combina quell'incosciente a scuola?
Rimasi senza parole. Se io non parlavo mai con lui, allora come faceva a sapere tutte quelle cose? La gola mi si seccò.
- E tu come lo sai? - gli chiesi, immobile.
- Ho parlato con i tuoi professori, oggi! Menomale che c'è qualcun altro che parla al posto tuo!
In quel momento mi sentii cadere in un vuoto. Non avevo calcolato il fatto che papà avesse potuto sapere tutte quelle cose tramite i docenti. Mi ero così lasciata andare durante quel pazzo viaggio che avevo smesso di pensare ad ogni eventualità scomoda che esso avrebbe portato.
- Oh, Dio... - imprecai tra me e me incastrando le dita delle mani tra i capelli.
- Comunque, sappi che non vedrai più Valentin al di fuori della scuola, sono stato chiaro? - mi ordinò papà alzandosi dal divano e puntando un dito su di me.
Il cuore mi scoppiò e cadde a terra, debole, come un palloncino esploso.
- Cosa? - chiesi sperando di aver capito male.
- Hai sentito benissimo - rispose papà con fermezza. - La tua relazione con quel ragazzo deve cessare all'istante!
- Eleanor, siete stati entrambi sospesi per un settimana - mi comunicò Caroline.
Due notizie devastanti, lacrime calde sull'orlo dei miei occhi. Non potevo crederci.
- Come? Dite sul serio? - la voce mi uscì a filo dalla gola. Bruciava, stretta in un pugno ghiacciato.
- E' inutile che piangi, saresti dovuta rimanere a scuola! Hai idea di come ci siamo sentiti noi non appena ci hanno chiamato? E quando ti abbiamo telefonato, ma non hai risposto? Siamo stati male per te, mentre tu te la spassavi con quel matto! Adesso ti spetta la punizione che meriti, Ellie - continuò mio padre a scaraventare la sua rabbia su di me a fiumi di parole, piccole schegge che mi tagliarono il viso, il collo, il petto e poi i fianchi; mi entrarono dentro e mi ferirono come non mai.
Come avrei potuto stare lontana da Valentin dopo quella giornata, dopo quello che lui raccontò di sé a me fidandosi ciecamente? Come avrei potuto accettare quella sospensione? Non avevo mai trasgredito a scuola prima d'allora.
- Vai a dormire - mi ordinò Caroline con voce pacata, ma ferma. A me, però, sembrò più un consiglio.
- Ma prima rifletti su ciò che hai combinato! - aggiunse papà mentre a grandi falcate mi dirigevo già verso le scale.
Ignorai quelle parole e salii i gradini due a due, poi entrai in camera, chiusi la porta a chiave e mi gettai sul letto. Indossavo ancora il cappotto, ma non ci feci nemmeno caso.
Le lacrime continuarono a bagnarmi il viso, ma ormai più nulla impediva loro di scendermi
lungo le gote; ero sola in quella stanza, nessuno avrebbe potuto vedermi o commentare la mia reazione.
Il piccolo Charlie si avvicinò al letto scodinzolando e si alzò sulle zampette posteriori per potermi leccare una mano. Lo sollevai da terra e lo strinsi a me, accarezzandolo sulla testolina e sulla schiena. Lui continuava a leccarmi il naso, le guance, il mento... sembrava volesse consolarmi, sembrava capirmi.
- Menomale che ci sei tu - gli sussurrai, poi gli schioccai un bacio sulla fronte.
Charlie mi faceva sempre pensare a Valentin e a quando mi regalò il libro di Lily Benson per Natale. Lo lessi tutto in pochissimo tempo e mi appassionò già dopo i primi tre capitoli. Charlie era un folletto appassionato di astrologia e il suo sogno era quello di poter vivere in mezzo alle stelle, ma nel corso della storia, grazie a Daphne (una fatina appartenente ad una famiglia importantissima del mondo magico di Morx), scoprì un modo per poter raggiungere i popoli segreti del cielo notturno, tra cui i Moongoods, protettori della luna.
L'aspetto che più mi piacque della storia era l'amore che Charlie scoprì e alimentò per Daphne nonostante i contrasti con la famiglia di lei, tant'è che lottando fino all'ultimo riuscì a trovare la felicità; la trovò con la fatina, tra le stelle, in cielo.
Desiderai con tutto il cuore che io Valentin fossimo come i due personaggi di quella storia. Insieme avremmo dovuto combattere contro chiunque avesse osato ostacolarci, per poi andare lontano, fino in luoghi in cui nessuno avrebbe potuto né raggiungerci né interrompere la nostra forma di amore.
Una forma irregolare, ma che col tempo avremmo sicuramente perfezionato.
E così avremmo realizzato il nostro sogno: un mondo in cui stare insieme senza difficoltà e senza fine.
Sentii vibrare la tasca dei jeans. Tirai fuori il mio cellulare e vidi che avevo un nuovo messaggio da leggere. Era di Valentin.

Baciata dalla lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora