22 - Test di gravidanza

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Io e Valentin continuammo a vederci di nascosto da papà e Caroline.
Anneli e Joel provarono simpatia per me sin dalla prima volta che mi presentai in casa Virtanen e per loro divenni una componente della famiglia in un tempo così breve che non mi sarei mai aspettata.
Mentre mio padre e Caroline credevano che fossi da Alex per studiare o per passare una serata tra amiche, cenavo a casa di Valentin, poi rimanevo là per un film, sfidare Joel ai suoi videogames, sentire il mio ragazzo esibire sue nuove canzoni e dormire con lui in quel letto, immerso nel disordine della stanza.
Anneli sorrideva sempre quando ero in casa. Spesso l'aiutavo a preparare la cena e lei, una volta, mi rivelò che adorava avermi intorno, soprattutto in cucina, perché le sembrava di avere la figlia femmina che non le era mai arrivata.
Mi insegnò a cucinare qualche piatto tipico finlandese e che io, poi, trovai squisito, come ad esempio il kalakukko e il flan di pesce.
Non si osava mai parlare di Kai, il padre di Valentin e Joel. Anzi, non sapevo se Valentin avesse mai confessato a sua madre di avermi raccontato del loro doloroso passato. Forse sì, ma non ebbi mai il coraggio di chiederglielo. Preferii non toccare quel tasto dolente.
E a proposito di padri: una sera Anneli volle sapere qualcosa dei miei genitori ed io le rivelai che erano separati, che mia mamma stava ad Ottawa, che io non abitavo da sempre a Londra e che sarei tornata nella mia vera casa a fine estate.
Parlai ad Anneli anche di come mi sentivo nella capitale inglese, di quanto mi facesse sentire meglio Valentin e del fatto che lui sarebbe stato l'unico motivo per cui non sarei voluta più partire per il Canada.
Passare del tempo con la famiglia Virtanen era una delle cose che amavo fare di più. Era rotta come la mia, ma ai miei occhi non lo sembrava affatto. L'esistenza di Kai, per me, non aveva importanza; non faceva più parte di quel nucleo famigliare, anche se ci lasciò il cognome, ma Anneli, Joel e Valentin erano forti abbastanza per continuare ad andare avanti senza quel tassello mancante. Anzi, io li trovavo perfetti così, in tre.
Quando potevano, Anneli e Joel andavano da Helga lasciando me e Val soli in casa. Lo facevano per darci la possibilità di avere dei momenti di intimità, poiché sapevano che mio padre non mi permetteva di frequentare il mio ragazzo, quindi non potevo neanche invitarlo da me. Casa sua era il nostro rifugio e Anneli ci aiutava come meglio poteva per renderci felici. L'adoravo da impazzire, quella donna.
Se c'era una cosa che Anneli e Joel non sapevano, quella era la mia probabile gravidanza e né io né Valentin avevamo intenzione di confessare quel problema e le nostre preoccupazioni; ne parlavamo qualche volta tra noi due via SMS per fare in modo che nessuno potesse venire a conoscenza dei nostri discorsi, ma se lo facevamo a voce, prima ci accertavamo che non ci fosse nessuno pronto ad origliare nei paraggi. Usavamo tutta la discrezione possibile per proteggere il nostro segreto, ma i momenti in cui ci sentivamo liberi di trattare quell'argomento erano quelli passati a casa sua, quando trascorrevamo serate intere da soli.
Una di queste la passammo immersi nella vasca da bagno, coperti fino al petto dalla schiuma. Il torace di Valentin si gonfiava e sgonfiava sulla mia schiena, il suo respiro mi scivolava freddo sul collo e i nostri piedi erano un continuo cercarsi sotto l'acqua.
- Ho notato che Joseph è tornato - Valentin ruppe il silenzio che fino a pochi istanti prima occupava l'aria umida della stanza.
- Già - affermai.
- E' andato a cercare Stacie?
- Inizialmente la sua intenzione era quella, ma Alex ha cercato di calmarlo e di assicurargli che se lui le avesse fatto una sfuriata, non sarebbe cambiato nulla - raccontai mentre giocavo con una ciocca bagnata dei miei capelli.
- Ha ragione, è quello che penso anch'io - annuì Valentin.
- Lo so - dissi. - Ma il fatto che Stacie la passi sempre liscia mi fa infuriare! E la storia della foto è ancora un mistero!
- Tu non pensarci - il mio ragazzo mi baciò una spalla. - Non parliamo più di quella sfigata - aggiunse lui e, bacio dopo bacio lungo il collo, portò le sue labbra dietro il mio orecchio ed io inclinai la testa di lato.
Un brivido mi percorse tutto il corpo e deglutii nell'intento di domare il fuoco che mi bruciava nel petto.
- Sono d'accordo - riuscii soltanto a dire.
Valentin poggiò delicatamente le dita sotto il mio mento e mi avvicinò il volto al suo per potermi baciare. Il contatto con le sue labbra velate d'acqua e la sua lingua annientò completamente il mio tentativo di controllare le mie emozioni, quindi il mio respiro si accorciò e il cuore mi parve quasi sul punto di esplodere.
Continuando a baciarci, Valentin fece scorrere lentamente una mano sul mio corpo partendo da un fianco; successivamente percorse il mio torace e poi giù, scivolò sull'ombelico. Quando il suo palmo slittò pochi centimetri più in basso, si fermò e mi accarezzò all'altezza dell'utero come se ci fosse stato dentro un feto in crescita.
Un altro brivido mi squarciò le interiora e le mie gambe tremarono al pensiero che quelle dita potessero scivolare oltre. Credevo che Valentin volesse portare a termine il ripido percorso della sua mano un po' più in là, ma mi sbagliavo.
- Sono passati sei giorni, vero? - mi sussurrò all'orecchio cessando il bacio.
- A che ti riferisci? - chiesi io, anche se sapevo già la risposta.
- Stiamo aspettando che ti arrivi il ciclo, no?
- Come vedi non mi è ancora arrivato - dissi con una punta d'angoscia in voce. - Anzi, sono passati più di sei giorni - tenni a precisare. Nel mio stomaco, l'eccitazione lasciò il posto all'ansia.
- Quanti? - domandò Valentin.
- Undici - risposi con certezza, ma avrei tanto voluto errare.
- Oh, cazzo - imprecò lui e tolse la mano dalla mia pancia. - Sul serio?
Io annuii, non avevo voglia di proferire ancora parola. Ogni minuto in più che passava cresceva, secondo la mia testa, la percentuale di probabilità che io fossi incinta e avevo tanta paura. Aspettare un bambino dopo la mia prima volta non era di certo uno dei miei progetti di vita.
- Con mille pensieri che ho per la testa non ho tenuto conto di quanto tempo sia passato da quella sera, ma non credevo che il tuo ciclo fosse così in ritardo!
- Non mi succede spesso, sono preoccupata da morire - dissi con voce flebile e Valentin tolse la mano dalla mia pancia ed intersecò le dita tra i miei capelli mentre l'altra stava adagiata sulle mie costole; con il braccio di quella mano mi teneva stretta a sé.
- Hai le nausee? - mi chiese lui, ma io scossi la testa.
- Me l'hai già chiesto un sacco di volte in questo periodo. Non ce le ho, ma non in tutte presente questo sintomo, quindi potrei essere incinta lo stesso, che io sappia.
- Ellie, non ci rimane molto da fare.
- Cosa vorresti dire? - chiesi, confusa.
- Devi comprare un test di gravidanza e farlo il più presto possibile - mi consigliò Valentin, ma a me sembrò più un ordine. - Non ce la faccio più con questa tensione, questi dubbi, questa storia... e pure tu sei stanca.
- Tanto - confermai la sua sentenza.
- Domani, dopo scuola, andiamo in farmacia - decise Val e allentò la presa attorno al mio torace mentre io mi tirai un po' su uscendo i seni dall'acqua senza farlo di proposito.
- E dove farò il test? A casa mia no, non se ne parla, e nemmeno qui da te - voltai la testa per vedere il mio ragazzo negli occhi, il quale mi guardò con un sopracciglio inarcato.
- Basta andare ad un bar, prendiamo qualcosa e tu poi ne approfitti per usare il bagno, no?
- Si potrebbe fare - riconobbi che l'idea di Valentin poteva funzionare. - Dirò a papà che mi fermo per un paio d'ore da Alex o da Gwen.
- Certo, ormai quell'uomo crede a tutte le cazzate che spari - rise lui, ma a me diede un po' fastidio. Nonostante questo, non lo diedi a vedere.
- Ha solamente fiducia in me - lo corressi. - E credimi, in realtà non mi piace il fatto che continuo a mentirgli.
- Ricordati che lo fai per noi - mi sussurrò Valentin, poi mi stampò un bacio sulle labbra.
- Lo so perché lo faccio - dissi con fermezza.
- Bene - mi baciò di nuovo, stavolta più a lungo e con la lingua. Lui mi strinse forte, ancora.
- Allora domani andiamo all'Alpine Bar dopo scuola - sentenziai e sentii la testa di Val muoversi nell'incavo del mio collo, i suoi capelli bagnati sulla mia guancia.
Aveva annuito, era d'accordo con me.

Baciata dalla lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora