15 - La fuga

229 13 7
                                    

- Charlie, smettila! - rimproverai il mio cagnolino, intento ancora una volta a tirarmi un lembo dei pantaloni del pigiama. Il batuffolo continuò a giocare nonostante i miei richiami, ma poco dopo mi arresi e lo lasciai fare.
Ero seduta al tavolo della mia cucina mentre facevo colazione con gli occhi che facevano ancora fatica a rimanere aperti. Con la mano destra mi portavo alla bocca le cucchiaiate di cereali, con la sinistra tenevo il mio cellulare e leggevo un'infinità di volte i strani messaggi ricevuti da Valentin durante le vacanze.

Ellie, mi manchi.

Vorrei averti qui con me, sai? Abbraccio il mio cuscino e immagino che sia tu.

Ellie, ti ho sognata... ed eri bellissima.

Se penso che dopo l'estate te ne andrai, sto male. Molto male.

Passò quasi tutta la vacanza a mandarmi messaggi corti, ma bellissimi.
E li considerai strani perché, dopo aver risposto, lui scompariva. Non mi scriveva più.
E il giorno dopo trovavo un nuovo messaggio da parte sua che non c'entrasse niente con ciò che gli risposi io il giorno precedente. Mi riusciva davvero difficile capire quel comportamento. Mi faceva preoccupare sapendo quanto Valentin fosse mentalmente instabile. Che cosa stava succedendo?
- Sbrigati, Ellie! O rischierai di arrivare in ritardo! - mi richiamò papà notando che stavo tardando per colpa del cellulare.
- Sì, ora mi alzo - dissi con la voce ancora impastata per il sonno dopo aver fatto un balzo sulla sedia. Mio padre mi fece prendere uno spavento, ma almeno Charlie smise una volta per tutte di tirarmi i pantaloni.
- Porto il cane a fare una passeggiata, tu muoviti! - riprese papà a rimproverami. Pur di non sentirlo un'altra volta, mi alzai dal tavolo e volai in bagno.
Mancava poco e finalmente avrei rivisto Valentin a scuola. Solo quel pensiero riuscì a darmi coraggio per affrontare quella nuova giornata.

* * *

- E a Capodanno cosa hai fatto? - mi chiese Alex sistemandosi il caschetto nero, fresco di taglio.
- Sono stata ancora con i parenti della compagna di mio padre, sapessi che noia! Ma ho telefonato a mia mamma e ai miei amici di Ottawa, almeno qualche attimo di allegria l'ho avuto - raccontai.
Io, Jo e Alex stavamo sulle scale a parlare di come avevamo passato le vacanze, ma a quanto pareva solo Jo si era davvero divertito.
- Ragazze, l'anno prossimo dovete assolutamente andare a sciare in Scozia, a Glencoe, è fantastico! Ci sono andato con Rob e altri amici - ci consigliò Joseph, esaltatissimo. - Io ci tornerò.
- Uhm, non amo sciare - rivelò Alex.
- Hai mai provato? È bellissimo! - esclamò Jo senza mai lasciare la sua euforia pensando ai ricordi delle sue vacanze.
- Sì, qualche anno fa, e sinceramente preferisco i luoghi di mare.
- Ma che dici? Niente è più bello di una sciata in montagna!
Mentre Alex e Jo scambiavano pareri su quale fosse la loro vacanza ideale, io mi estraniai dal gruppo pensando a Valentin. Lo cercai con lo sguardo per il cortile della scuola, ma di lui non vidi alcuna traccia. La sua macchina non era al solito posto. Avrei dovuto aspettarlo come gli altri giorni appoggiata alla mia auto, ma Alexandra e Joseph mi portarono via con sé per sapere come avessi passato le feste e per trascorrere un po' di tempo tra amici.
- Ellie, ehi! - mi richiamò Alex facendomi voltare di scatto verso di lei.
- Uh?
- Stai cercando qualcuno? Magari Valentin? - mi provocò lei ed io sorrisi d'istinto.
- Sì, lui - ammisi. - Non capisco come mai non sia ancora qui - dissi riprendendo a guardarmi attorno.
- Probabilmente arriverà in ritardo, non preoccuparti - cercò di tranquillizzarmi Alexandra. - Anzi, a proposito di Valentin... vi siete visti durante le feste?
- Sì, la sera di Natale è venuto a trovarmi e mi ha portato un regalo: l'ultimo libro di Lily Benson - raccontai ai miei amici e loro ebbero reazioni diverse: Alex si intenerì e fece una faccia alquanto buffa molto simile a quella di un gatto affamato, Jo invece sgranò gli occhi.
- Sei seria? Non lo facevo così premuroso - ironizzò Joseph. Io risi, ma ripensando ai messaggi strani che Valentin mi scrisse in quei giorni, assunsi un'espressione piuttosto preoccupata.
- Che succede? - chiese Alex, stranita, nel vedermi in quel modo.
- Niente, è che dopo quella sera non l'ho più visto.
Parlai ai ragazzi dei messaggi e delle mie risposte ignorate, ma loro non sembrarono poi così stupiti, soprattutto Joseph.
- Ancora ti meravigli di come sia? E' lunatico, vuoi mettertelo in testa? Non lo comprenderà mai nessuno, ecco perché è sempre solo! Persino Gwen si è resa conto di quanto sia senza speranze quel ragazzo, tant'è che l'ha tradito! E ha fatto bene - disse Jo con disprezzo ed io non la presi molto bene.
- Oh, attento a quello che dici - mi alterai e incrociai le braccia al petto.
- Altrimenti? - mi provocò lui, ma non era serio quanto me.
- Non sto scherzando, per favore, non parlare più così, mi irriti - insistetti.
- Ellie ha ragione, Jo. Hai esagerato – intervenne Alex in mia difesa e Joseph abbassò il capo sbuffando.
- Okay, scusami, Ellie. Io non lo sopporto quel ragazzo! Era uno sfogo, il mio.
La campanella di inizio lezioni suonò e la folla di gente cominciò a farsi strada all'interno dell'edificio. Alex e Jo fecero lo stesso, ma prima di seguirli mi voltai ancora una volta verso i parcheggi, poi il cortile. Valentin non c'era ancora.
Quando mi rassegnai ad entrare, con la coda dell'occhio scorsi l'auto ammaccata blu del finnico arrivare e mi girai di scatto verso di essa. La seguii con lo sguardo e si fermò nel solito parcheggio. Valentin scese dalla macchina, prese il suo borsone e chiuse la portiera. Accese una sigaretta e se la portò in bocca come se non avesse fumato da settimane.
Il mio cuore batteva a mille. Finalmente lo vidi, ma sentivo a pelle che c'era qualcosa che non andava in lui. Camminò a passi svelti verso il retro della scuola e non si accorse di me, anzi non mi cercò neanche.
- Ellie, vieni? - mi chiamò Alexandra.
- Andate, vi raggiungo dopo - le risposi, poi le diedi le spalle e decisi di raggiungere Valentin. Era strano che non mi avesse cercata per il bacio del buongiorno, anzi sembrava volesse evitarmi e polverizzarsi nel nulla pur di non vedermi.
Girai lo spigolo che univa la facciata dell'istituto con il lato sinistro e in fondo vidi Valentin svoltare per poi ritrovarsi nel retro. Aumentai il passo, sempre più decisa a sapere cosa diamine stesse succedendo.
Dopo aver girato l'altro angolo, vidi Valentin seduto sugli scalini di fronte all'uscita d'emergenza. Non appena gli fui più vicina, si accorse di me. Il suo sguardo mi tagliò il cuore in due pezzi e caddero a terra rompendosi come pezzi di vetro. Mi sembrò di sentirne il frastuono.
Quegli occhi erano nuovamente contornati di nero ed era un pessimo segno.
- Ehi - lo salutai avvicinandomi ancora di qualche passo, un po' titubante nell'animo. Valentin sembrò non sentirmi, nonostante mi avesse appena visto, e guardò avanti a sé un punto indefinito.
- Val, che ti succede? Tutto bene?
- Ho bisogno di stare solo, è chiedere troppo? - mi rispose lui bruscamente, senza degnarmi di uno sguardo. Il mio corpo si mutò in una statua di pietra.
- Perché stai male? Perché hai ignorato le mie risposte ai tuoi messaggi e me ne hai inviati altri di tutt'altro senso?
- Eleanor, mi lasci solo? Per favore, Cristo! - si alterò Valentin. Sobbalzai mentre gli occhi cominciarono a gonfiarsi di lacrime.
Il finnico buttò con poca finezza la sigaretta a terra, la calpestò, si alzò dai gradini ed entrò a scuola sbattendo la porta dietro di sé.
Rimasi là ferma, inerme, con le guance rigate dalle lacrime.
Non capii niente. Nella mia mente, il buio più totale.
E nel mio cuore, il vuoto più incolmabile.

Baciata dalla lunaWhere stories live. Discover now