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Mi avevano dato un ora per fare i bagagli ed abbandonare per sempre il mio passato, in tutti i sensi.

Avevo infatti deciso che da quel momento non sarei più stata la solita sfigata, mi ero stancata.

Non volevo abbassare lo sguardo quando camminavo per strada, non volevo vergognarmi di me stessa, non volevo soffrire.


Avevo sempre odiato le ragazze che giocavano a fare le ribelli e le emarginate, ma mi ritrovai ad essere una di loro.

C'era una sola differenza: io non lo facevo per gioco, ma per pura sopravvivenza.

E soprattutto, io non fingevo.

Dovevo essere forte, punto.

Così misi in valigia l'indispensabile: i vestiti più carini che avevo, scarpe, trucchi e qualche foto ed effetto personale della mia famiglia.

Dopo un'ora esatta, un poliziotto mi venne a prendere per portarmi all'orfanotrofio.

Lasciai con tristezza la casa nella quale ero cresciuta, quella dove avevo pianto, avevo urlato, avevo giurato di scappare, ma alla fine tutto si era sempre risolto con un sorriso, gesto che in quel momento mi sembrava impossibile replicare.

Non avevo pianto perché ancora la mia mente non aveva elaborato le informazioni che mi erano state date.

Pensavo che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a dirmi che era tutto uno scherzo, ma più il tempo passava e più quella possibilità sembrava scivolarmi tra le dita.

Cercavo di rimanervi aggrappata con tutte le mie forze: era tutto ciò che avevo in quel momento e non potevo lasciarlo andare.

Perciò la mia espressione non traduca nessun sentimento, perché in quel momento non ne avevo.

E sapevo che era la calma prima della tempesta.

Sapevo che di lì a poco sarei stata travolta dai sentimenti, annegandovi dentro.

Non avevo mai saputo gestire le emozioni, ed in quel momento era il mio più grande problema.

L'agente cercava in ogni modo di tranquillizzarmi, dicendo che il posto nel quale stavo andando era il massimo che potessi desiderare e che mi sarei trovata bene.

Lo ringraziai per la gentilezza e sperai con tutta me stessa che ciò che aveva detto fosse vero.

Appena arrivata la direttrice mi salutò e mi fece le condoglianze.

Iniziavo ad essere stanca di tutte quelle rassicurazioni e scuse non sentire, obbligate solo dalla coscienza.

Tuttavia lo facevano anche per farmi stare meglio, percio mi limitati al silenzio.

Dopo i convenevoli mi portarono nella stanza che avrei condiviso con le altre ragazze.

Ma quando entrai, rimasi di sasso: maschi e femmine di tutte le età stavano insieme, con totale naturalezza.

E così, mi abbandonarono in quella prigione

-È lei!- sentì sussurrare.

BAD ANGEL[Cameron Dallas]Where stories live. Discover now