Capitolo 2.23

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Sergio spingeva il passeggino di Sofia lungo il sentiero di ghiaino del parco vicino casa.

Deviò camminando sull'erba, mentre il vento di fine Febbraio soffiava su di lui.

Sofia, dal passeggino, osservava ciò che vedeva, indicando le cose, provando a chiamarle con un suono simile alla parola che lo contraddistingueva, agitando il suo peluche preferito che viveva con lei sin dai primi mesi di vita.

Avrebbe compiuto un anno in pochi mesi, già un anno di vita. Se a Sergio avessero raccontato, due anni prima, che la sua vita sarebbe stata stravolta da quella timida giornalista inviata a Las Rozas e dalla nascita di una bambina stupenda come la sua, non ci avrebbe mai creduto.

Lui che faceva sempre festa, lui che amava le discoteca, amava scherzare e giocare con i suoi amici e cambiare fidanzata ogni settimana. Cosa gli era successo? Era cambiato tutto, in così poco tempo. Quella sua vita spericolata da giovane calciatore bello e famoso che poteva avere tutto e tutti ai suoi piedi, era cambiata diventando un disegno perfetto fatto d'amore, sentimento, passione e felicità.

Felicità. Una parola che era scomparsa dal suo vocabolario poche settimane prima quando aveva chiuso un altro capitolo della sua storia con Victoria.

Sua moglie, quella timida giornalista di Las Rozas, aveva baciato Cesc, il suo compagno di squadra, Cesc l'amico di sempre, il marito di sua cugina. O forse lui aveva baciato lei. Il punto non cambiava - non poteva fare a meno di pensarci anche se avrebbe davvero voluto, aveva immaginato almeno cinquemila volte nella sua testa la scena, come fosse andata, il dialogo e poi quell'immagine di Cesc che bacia sua moglie che lo faceva semplicemente rabbrividire.

Sua moglie, non sapeva nemmeno se era ancora sua moglie o se ormai la strada di fronte a sé portava ad un burrone senza via di ritorno.

Divorziare? Perdonarla? Parlarle di nuovo? Aveva perso ogni fiducia nei suoi confronti era triste e ferito. Una ferita che non sentiva da tempo, una ferita che gli aveva preso il cuore strappato dal petto a mani nude e buttato per terra. Non si sentiva così dalla prima volta che Victoria l'aveva lasciato, dopo il Capodanno a Castilla y Leòn. Se ne ricordò proprio in quel momento, seduto sulla panchina di legno in mezzo al prato. Si aggiustò gli occhiali da sole, guardandolo dritto in faccia: lì, nel cielo freddo e azzurro, ad illuminare per la prima volta dopo mesi di pioggia il prato verde brillante sotto di lui.

Sofia, ben avvolta nel suo giubbotto bianco, osservava suo padre con la stessa espressione curiosa che aveva sempre avuto lui da piccolo e che forse conservava ancora. Era vero quando dicevano che gli assomigliava. Aveva preso le caratteristiche fisiche di suo padre e i modi di fare di sua madre, poteva vederla lì di fronte a lui, specchiata nei piccoli occhi scuri di Sofia, proprio lei, sua madre, sua moglie.

Sospirò, abbassando gli occhi. La bambina continuò a fissarlo quasi capisse che qualcosa non andava.

"Papà" sillabò guardandolo. Sergio alzò gli occhi verso di lei, quasi sorpreso. Sua figlia lo riconosceva? Era la prima volta che pronunciava così bene il suo "nome".

"Sofia" sorrise lui toccandole una mano. La sua era enorme in confronto a quella piccola e delicata della bambina che gli sorrise a sua volta stringendogli un dito. "Papà" ripeté quasi a dire "sono qui, per qualsiasi cosa ci sono anche io".

Sergio la guardava, intenerito, quando ad un tratto qualcuno interruppe il momento.

"Mi chiedevo chi fosse questo rimbambito seduto sulla panchina! E poi ho detto... ah! Ma è Ramos!!!!" esclamò una voce familiare quanto impossibile da riconoscere proprio lì davanti.

Sergio voltò di scatto la testa, guardando la figura di fronte a lui.

"Guti!?!??!" esclamò sgranando gli occhi.

Trilogia con Sergio RamosWhere stories live. Discover now