Capitolo 3.15

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Erano passate due settimane dall'ultimo incontro che Sergio aveva avuto con Victoria, quello in cui lei aveva preso le sue cose e i suoi figli sparendo per sempre. Il suo cuore si era sgretolato nell'esatto momento in cui la porta si era richiusa dietro le sue spalle, e con esso ogni voglia di vivere.

Aveva preso un permesso per evitare gli allenamenti e con essi la gente, le domande, le curiosità, gli occhi, il mondo intero. Quel mondo che faceva schifo e che lo stava facendo soffrire.

Si era finto malato per poter stare a casa, sdraiato su quel letto ormai così gelido, a fissare il muro. Infondo non sarebbe potuta finire altrimenti - lui aveva sbagliato e doveva pagarne le conseguenze. Questa volta però era diverso, Victoria non lo avrebbe perdonato. Mai. Il tradimento era una cosa che non avrebbe mai potuto sopportare specialmente da lui, specialmente dopo averlo sposato e aver avuto con lui due figli.

Il suo telefono era in silenzio da settimane, anche se ogni tanto riceveva qualche sms preoccupato di Iker, o Cesc, o chi per lui. Tutti avevano saputo cos'era successo, la stampa si stava sbizzarrendo dopo aver visto Victoria entrare con i bambini nel suo vecchio appartamento in centro a Madrid, quello lasciato molti anni prima con la convinzione di non doverci più tornare.

Ad un tratto suonarono alla porta.

La madre era tornata a Sevilla subito dopo l'addio di Victoria e Sergio era rimasto solo nel silenzio dei suoi pensieri, per tutti quei giorni. Non si ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva mangiato.

Chi poteva essere alla porta? Soprattutto per suonare così insistentemente - pensò tra sé e sé mentre costretto ad alzarsi sbuffava, scendendo le scale e arrivando alla porta.

La aprì, controvoglia, sperando di potersi sbrigare subito richiuderla e tornare a fissare il muro.

Si trovò invece davanti Iker, serio, come sempre.

Sergio lo guardò negli occhi, non disse nulla, gli diede le spalle lasciando la porta aperta.

Risalì in camera, quasi non ci fosse il suo migliore amico lì davanti all'entrata.

"Posso entrare?" domandò Iker inclinando il capo. Non aveva mai visto Sergio così, come se l'avesse preso sotto un treno in corsa.

Sergio era già salito e non aveva risposto alla domanda.

Iker scosse il capo, richiuse la porta e salì in camera.

Notò come la casa sembrava mezza vuota da quando non c'erano più i bambini, né Victoria. Erano tutti abituati al frastuono di una famiglia e invece c'era solo silenzio pesante come piombo.

Si appoggiò allo stipite della porta: la casa era un disastro, il letto disfatto, le tapparelle abbassate, poca luce filtrava dalle finestre ed era tutto sotto sopra.

Iker si guardò intorno.

"Se Sara vedesse questo disastro ti farebbe mettere a posto in dieci secondi!" provò a sdrammatizzare, ma non ci riusciva. Sergio era impassibile, non sembrava nemmeno lui.

Il portiere si avvicinò all'amico, sedendosi sul bordo del letto.

"Deduco che tu non abbia voglia di scherzare."

"Infatti." rispose Sergio con un filo di voce.

"Oh, pensavo che non avessi più la voce!" esclamò sorridendo.

"Non mi serve la voce. Sto fissando il muro e lo fisserò per l'eternità."

"E risolvi così i tuoi problemi?" domandò, solenne.

Sergio a quella domanda voltò gli occhi guardandolo, perplesso.

"Che stai dicendo Iker?! Secondo te c'è qualcosa da risolvere? C'è la minima possibilità di risolvere qualcosa?" protestò, scaldandosi.

Trilogia con Sergio RamosWhere stories live. Discover now