21. La teoria del buco nero

217 33 4
                                    

Fu quella sera, la sera in cui accompagnai il signor Crutchfield, che tornando verso casa sviluppai la teoria del buco nero, una teoria che mi aiutò enormemente nel compito di fare da guida agli avvinazzati per tutta la Punta. L'idea era la seguente: a una certa età, in mezzo alla vita delle persone compariva un buco nero che risucchiava ogni cosa, e da quel momento in poi uno sarebbe sempre stato conscio della sua presenza, di quel denso spazio negativo, eppure andava avanti, si faceva il culo, portava a casa i soldi, metteva al mondo dei bambini, si sbronzava, sempre facendo finta che il buco nero non ci fosse e senza mai guardarci dentro, se ci riusciva. Immaginavo che questo buco nero si trovasse appena dietro le spalle delle persone e anche subito davanti, in maniera tale che in ogni istante uno lo superava e al tempo stesso ci entrava. Questa faccenda della sua collocazione non è che l'avevo messa a fuoco tanto bene, ma me lo immaginavo così. A volte il buco era soltanto un puntolino minuscolo nella mente, ma spesso era grande, molte volte fluttuava e pulsava come un cuore, ma era sempre lì, e quando uno beveva, pensando di sfuggirgli, lo notava ancora di più. Ad ogni modo, quando scoprii questo fenomeno, proprio come un astronomo che contempli l'universo, credetti di aver trovato la chiave, e per me divenne una prassi quella di non lasciare mai che i miei ubriaconi pensassero troppo e cadessero in avanti o all'indietro dentro il buco. Adesso andiamo a casa, gli dicevo sempre, adesso andiamo a casa e basta.
Mi chiesi quanti anni avesse la signora Gurney, e tirando a indovinare mi dissi trentasette. Il suo buco nero me lo immaginavo grosso come un tombino.

(La punta, da Il suo vero nome, Charles D'Ambrosio)


Passi che val la pena di leggere - [4/8]Where stories live. Discover now