51. Ma i Testimoni di Geova di Sachsenhausen

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All'inizio della guerra, anche i prigionieri dei campi considerati degni di portare le armi furono esaminati dalle commissioni di reclutamento dei vari distretti militari. Quelli considerati abili furono affidati alla Gestapo o alla polizia criminale, i cui ufficiali dovevano decidere di volta in volta se inviarli alle armi o prima mandarli nei campi.A Sachsenhausen vi erano parecchi Testimoni di Geova, una gran parte dei quali rifiutò di prestare servizio militare; vennero perciò condannati a morte dal Reichsführer come ribelli. Furono giustiziati alla presenza di tutti gli altri prigionieri, all'interno del campo, e tra questi in prima fila erano stati collocati i loro confratelli.Ho conosciuto parecchi fanatici religiosi, nei pellegrinaggi, nei conventi, in Palestina, sulla strada dell'Heggiaz, in Iraq, in Armenia; cattolici, sia romani sia ortodossi, musulmani, sciiti e sunniti. Ma i Testimoni di Geova di Sachsenhausen, e due di essi in particolare, superarono quanto avevo visto fino ad allora. Questi due fanatici rifiutarono di compiere qualunque cosa avesse il minimo rapporto con le faccende militari. Ricusavano di stare sull'attenti, vale a dire non battevano i tacchi, non tenevano le mani lungo le cuciture dei pantaloni, non si toglievano il berretto. Per essi non esistevano leggi, poiché consideravano Geova il loro unico legislatore. Fummo costretti ad allontanarli dal block dei loro confratelli e a tenerli in segregazione, poiché incitavano continuamente gli altri a imitarli. Eicke li aveva condannati parecchie volte alla pena del bastone per il loro contegno indisciplinato, ma coglievano le frustate e con tanta gioia da far supporre in essi una sorta di perversione. Pregavano il comandante di farli frustare ancora, per poter così meglio testimoniare il valore della loro idea in favore di Geova. Dopo la visita militare, alla quale, è inutile dirlo, si rifiutarono assolutamente - non vollero nemmeno mettere la firma sotto un documento militare - vennero anch'essi condannati a morte dal Reichsführer.Quando la condanna gli venne annunziata in cella, ebbero un'esplosione di gioia irrefrenabile, e avrebbero voluto in ogni modo affrettare il giorno dell'esecuzione. Torcendo le mani levavano gli occhi al cielo con espressione statica ed esclamavano senza posa: «In breve saremo presso Geova, quale felicità essere eletti a ciò». Alcuni giorni prima avevano assistito all'esecuzione di alcuni confratelli, e si era stentato a trattenerli, tanto irresistibile era il loro desiderio di essere immediatamente giustiziati. La vista di tanta frenesia era quasi insostenibile, e dovettero essere riportati quasi a forza nelle loro celle.Quando venne il loro giorno, si avviarono quasi di corsa. Non vollero essere legati, per poter alzare le mani a Geova, aspettando davanti al palo con un'espressione luminosa e rapita che non aveva più nulla d'umano. Così immaginati dovessero essere i primi martiri cristiani, condotti nell'arena per essere dilaniati dalle belve. Andarono dunque alla morte coi visi illuminati, gli occhi rivolti al cielo, le mani congiunte nella preghiera levate in su. Tutti coloro che assistere alla loro morte ne furono turbati, perfino il plotone di esecuzione.


(Comandante ad Auschwitz, Rudolf Höß)

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