Capitolo 10

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Cammino per i corridoi della scuola a grandi falcate. Mi fermo quando vedo un volantino appeso in bacheca.

Danno una festa. È per oggi alle otto. E se ci andassi? Ci penserò... intanto riprendo a camminare perché sono andati via tutti.

Fuori scuola ad aspettarmi c'è l'ultima persona che avrei pensato di incontrare.

«Cosa ci fai qui?». Forse sono stata un po' aggressiva, ma non piacciono le sorprese... non quando c'entrano loro, almeno.

«Sono passato a trovarti. Ti va di pranzare con me?».

Mi sforzo di annuire.

«Qui vicino c'è un fast food che fa dei panini deliziosi».

«Perfetto! Allora andiamo lì».

«Come mai ci hai messo del tempo a uscire?».

Dal momento che non mi viene in mente niente, sono costretta a dire la verità. Non voglio dire la prima cosa stupida che mi passa per la testa e rovinare tutto. Mi servono le prove per incastrarli, senza di quelle non riuscirò a sbatterli dentro.

«Ho letto di una festa... stavo pensando di andarci».

Annuisce.

«Come hai fatto a trovarmi?».

«Sei Electra Jones, la figlia di una delle persone più importanti di tutta New York, è difficile non sapere tutto di te».

«Ovviamente», sussurro, con una punta di fastidio nella voce. La testa bassa. Osservo l'asfalto.

«Deve esser stressante».

«Come scusa?». Lo osservo, attendendo una sua risposta.

Si schiarisce la voce. «Di sicuro non c'è quasi niente di bello a essere la figlia di una persone così importante».

«Quasi? Tutti ti prendono di mira, ti giudicano per ciò che hai e nessuno è interessato a conoscerti veramente, tutti pensando soltanto ai soldi e a ciò che potrebbero guadagnare essendo tuoi amici. Mi spieghi cosa c'è di bello?».

«Magari niente».

Sospiro. «La gente deve imparare a capire che i soldi non fanno la felicità e che questo è solo un modo di dire. Ci sono cose molto più importanti».

«Ad esempio?».

«La famiglia».

Entriamo all'interno del locale. Un'ondata di calore mi investe. L'odore do fritto mi fa venire fame.

«E l'unica cosa che ti viene in mente?».

«Sì».

«Chissà perché la prima cosa che ti è venuta in mente è la famiglia...».

«Non lo fare».

«Cosa?».

«Non cercare di leggermi dentro, o almeno non farlo se sei analfabeta. Molte delle persone che ho incontrato hanno provato a scavare nella mia psicologia e alla fine cos'hanno capito di me? Un bel niente!».

«Io non sono come gli altri».

Non rispondo, non sarei io a parlare, ma la mia rabbia. Sono tutti uguali... tutti che provano ad avvicinarsi a me per scovare i miei punti deboli. Non sono più quella di una volta. Ho fatto una promessa a me stessa... Non servirò mai più i miei punti deboli su un piatto d'argento.

Forse questo è il momento giusto per provare a ottenere qualche informazione.

«Il vostro gruppo è molto unito. Da quanto vi conoscete?».

«Io sono l'ultimo arrivato. Non li conosco da molto». Dal tono che ha usato sembra non volerne parlare. Rispetto la sua scelta... Non voglio essere invadente.

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