Capitolo 18

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È trascorso un intero pomeriggio da quando sono arrivata qui. Hanno già chiamato mia madre.

«Se le dici dove ci troviamo, ti ammazzo prima che possano raggiungerci». Adam mi appoggia il cellulare all'orecchio.

«Electra, stai bene?».

«Sì». Non riesco ad aggiungere altro.

«Stai tranquilla, entro questa sera farai ritorno a casa».

Non ho nemmeno il tempo di risponderle. «Mi ascolti attentamente...», comincia a parlare Adam, staccandomi bruscamente il cellulare dall'orecchio e allontanandosi, non dandomi modo di ascoltare la conversazione.

Quando chiude la telefonata, fa segno a Dorian di fare qualcosa, prima di scomparire in una delle stanze dell'appartamento.

Il ragazzo mi lancia un'occhiata divertita, dopodiché scompare anche lui, tornando pochi secondi dopo.

«Stai tranquilla, non proverai dolore», dice, avvicinandosi pericolosamente a me. Il cuore comincia a battermi all'impazzata nel petto. Avvicina la punta della siringa alla mia gamba destra, sta per spingere l'ago in profondità, ma la voce di Cristopher lo interrompe.

«Che ne dici se ci divertiamo un po'?», chiede all'amico, venendo verso di noi con il solito gigho perfido sulla faccia.

Dorian comincia a slegarmi. Dopo averlo fatto, afferra il mio viso e mi costringe a guardarlo negli occhi. Con uno scatto improvviso che non mi aspettavo appoggia violentemente le labbra sulle mie. Mi viene da vomitare. Appoggio le mani sul suo petto e lo spingo violentemente all'indietro.

Quello di afferrarmi i capelli ormai è diventato un vizio per Cristopher. Mi fa alzare. «Vai prima tu», dice.

Dorian mi spinge fino al muro e continua a baciarmi. Sta per abbassarmi i pantaloni, ma alzo il ginocchio e gli tiro un calcio nelle parti besse. Si accascia a terra mentre geme dal dolore.

«Come ti permetti, lurida troia!», urla Cristopher avvicinandosi pericolosamente. Nemmeno il tempo di battere ciglio, che me lo ritrovo davanti. Afferra nuovamente i miei capelli e mi dà una spinta, facendomi cadere violentemente a terra. Si avvicina di nuovo, si abbassa sulle ginocchia e li afferra ancora.

Dorian geme dal dolore, piegato su se stesso.

«Ascoltami bene, stronzetta», sussurra a un palmo dal mio viso, «sono stufo di sopportare i tuoi capricci», aggiunge, tirandomi con forza i capelli. «Adesso ti faccio fare una brutta fine», aggiunge. «La siringa», si gira a guardare l'amico, allentando la presa. Quest'ultimo gliela passa. «Diremo a tua madre che sei morta soltanto quando i soldi saranno nelle nostre mani», sussurra, prima di pungermi con l'ago. Sento giusto un pizzico.

Mi lascia andare, scaraventandomi a terra con violenza.

Si alza, mi getta la siringa addosso e va via.

«Ringrazia Gesù Cristo se non ti prendo a calci», dice, mentre Adam e Dorian escono fuori dall'appartamento, dopodiché spegne la luce e li segue, chiudendo la porta a chiave.

Mi alzo lentamente, reggendomi al muro. Anche se so che la porta non si aprirà, mi avvicino comunque per fare un tentativo.

«Ti prego», piagnucolo, mentre provo disperatamente ad aprirla. Niente.

Mi guardo intorno, ci sono due corridoi, uno a destra e un altro a sinistra. Vado in quello a destra. Forse riuscirò a trovare qualcosa di utile per aprire questa dannata porta, o magari per chiamare i soccorsi, ma non credo che mi avrebbero lasciata slegata, se ci fosse stato qualcosa. Non mi aspetto di trovare un cellulare o un computer. Se voglio uscire viva da questo posto devo sbrigarmi e trovare una soluzione al più presto, perché credo che mi abbiano somministrato del veleno e se non ha ancora fatto effetto, potrebbe succedere da un momento all'altro.

Ci sono varie stanze lungo il corridoio. La prima a sinistra conduce a un piccolo bagno, anch'esso vuoto. La seconda a destra a una stanza, sempre vuota. Certamente qui non ci abitano. Sono sempre più convinta del fatto che hanno affittato l'appartamento solo per spiare me. E se questo riscatto fosse stato il loro obbiettivo sin dall'inizio? Ma se volevano solo arrivare ai soldi, perché farmi del male?

Improvvisamente mi accascio a terra. Provo ad alzarmi, ma non riesco a muovere le gambe. Comincio a piangere, in preda al panico. Che cosa sta succedendo al mio corpo?

Passano ore intere e la situazione peggiora ogni minuto. Adesso non riesco a muovere nemmeno le braccia, sono completamente immobilizzata.

Non riesco a respirare bene, il veleno ha immobilizzato ogni muscolo del mio corpo.

Non vorrei andarmene, vorrei restare e dimostrare di essere forte, abbastanza da riuscire a sopportare il dolore con cui convivo ormai da anni.

Ormai credo di aver toccato il fondo. Prima o poi sarebbe dovuto succedere, era solo questione di tempo.

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