Capitolo 44

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Sono al centotrentesimo piano.

Con mia grande sorpresa le porte si spalancano ed esco prima che possano richiudersi.

Non voglio incontrarlo per le scale. Comincio a salire e a bussare a tutte le porte che trovo, totalmente a caso.

«Apra per favore!», grido, battendo nervosamente la mano sulla porta. Si apre.

«Cosa vuoi?». Il tono di voce irritato, vorrei poter tornare indietro a pochi secondi fa, non busserei di nuovo.

«Un pazzo mi sta inseguendo, vuole farmi del male, chiami la polizia!». Ma nemmeno il tempo di finire la frase, che la signora sbatte la porta.

Non mi scoraggio. Continuo a salire sempre più alto.

«Ehi, che succede?». Un ragazzo della mia età, non lo avevo mai visto prima d'ora.

«Chiama la polizia, per favore», dico, con il respiro irregolare. Mi porto le mani alle ginocchia e provo a riprendere fiato.

«Sì certo. Il telefono l'ho lasciato dentro, vieni?». Non me lo faccio ripetere due volte. Mi fa entrare all'interno dell'appartamento, mi invita a sedermi sul divano mentre senza perdere tempo va a chiamare la polizia.

Mentre aspetto non posso fare a meno di guardarmi intorno nervosamente. Batto una mano sul ginocchio e il piede a terra. Non sono per niente calma e più provo a restare lucida e più sembro impazzire. A peggiorare le cose ci si mette una bambina che sbuca dall'altra parte del soggiorno dove mi trovo, che non la smette un secondo di fare baccano. Be', in questo momento è l'ultimo dei miei problemi.

Mentre il ragazzo fa ritorno, io continuo a osservare la stanza dove mi trovo. Dietro di me c'è una finestra, mi alzo e mi avvicino. Il cielo è grigio e comincerà a piovere da un momento all'altro. Non c'è bel tempo fuori, ma qui dentro non è che le cose vadano meglio.

«Fatto. Stanno arrivando. Intanto vuoi che ti offra qualcosa?». Sembra calmo, mentre io a stento mi tengo in piedi.

«Non c'è tempo per queste cose e nemmeno ne ho voglia. C'è un pazzo che mi sta cercando e ha intenzione di uccidermi e ho paura che lui mi trovi prima che arrivi la polizia».

«Senti, adesso devi stare tranquilla, perché il palazzo è grande e non ci sono possibilità che quel maniaco ti trovi».

Forse mi vede come una pazza, specialmente perché ho le mani nei capelli, mentre faccio il girotondo su me stessa. Forse invece della polizia ha chiamato un centro pischiatrico e stanno venendo a prendermi per rinchiudermi.

«Posso chiamare mia madre?». Non riesco nemmeno più a parlare, la situazione sta degenerando e come se non bastasse non riesco a smettere di pensare a quello che mi ha detto.

«Certo», sussurra, facendomi strada.

Mi lascia sola. Compongo il numero.

«Electra, perché non sei ancora tornata e di chi è questo numero?».

«Mamma, è successa una cosa».

«Qui c'è un tuo amico, Drake, è venuto a trovarti. Se ti sbrighi...».

«No mamma, ascoltami bene, un ragazzo mi sta dando la caccia per tutto il palazzo», riesco a dire, tra le lacrime.

«Come?».

«Ho già chiamato la polizia».

«Ma dove sei?», chiede allarmata, mentre sento Drake chiedere spiegazioni.

«Sono a qualche piano più su».

«Dimmi dove che vengo a prenderti».

«No mamma, resta chiusa dentro e non far uscire nemmeno Drake, anzi, cerca di dare l'allarme in qualche modo, io me la caverò». Riattacco senza darle il tempo di aggiungere altro e mi volto a guardare il ragazzo che mi sta osservando con la schiena appoggiata contro lo stipite della porta che ci separa dal soggiorno.

«Che cosa vuole da te quello?».

«È una lunga storia».

«Credo di conoscere l'incipit», dice, lasciandomi perplessa.

Avrei dovuto immaginare che mi conoscesse. Sono famosa fuori, figuriamoci all'interno del palazzo.

Questa storia della fama e dei soldi mi sta rovinando la vita.

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