Capitolo 20

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Quando entro nella mia stanza, accendo la luce e faccio per togliermi il giubbotto, ma un'ombra mi fa fare un balzo all'indietro, mentre il cuore comincia a battere all'impazzata nel petto.

«Oddio, non sapevo fossi qui, mi hai spaventato», sussurro, per non svegliare mia madre. Accidenti a Ethan e a questo suo vizio di intrufolarsi in camera mia a qualsiasi ora del giorno. Di questo passo credo che lo manderò in ospedale molto presto.

«Cosa ci fai qui?», continuo a sussurrare, togliendomi il giubbotto e appoggiandolo sull'appendiabiti qui accanto alla porta.

«Mi sono ritrovato a passare di qui e...», sussurra, lasciando la frase a metà. Lo sguardo fisso sul pavimento.

Mi avvicino a lui, mi ci siedo accanto e lo osservo intensamente, come se potessi capire cos'ha attraverso un semplice sguardo. Allungo una mano, gliela posiziono sotto il mento e lo costringo ad alzare lo sguardo. Punta gli occhi nei miei.

«Cos'è successo?», gli chiedo, sempre a bassa voce.

Sbuffa. «Io e Claire abbiamo litigato, ma non è nulla di grave, domattina avremo già dimenticato tutto. Non voglio angosciarti con i miei problemi, sono venuto qui per stare un po' con te, siccome ne sentivo il bisogno». Gli sorrido e annuisco, comprensiva, facendo cadere il discorso nel dimenticatoio, almeno per il momento.

Mi alzo, afferro il pigiama da sotto il cuscino e vado in bagno senza dire niente, lo indosso velocemente, lavo i denti, sciacquo la faccia per rimuovere i residui di trucco e sono pronta per andare a dormire.

Quando esco dal bagno, trovo Ethan affacciato alla finestra che fuma una sigaretta.

«Non ci posso credere», sussurro, avvicinandomi frettolosamente a lui. «Hai ripreso a fumare», aggiungo, fingendo di essere scandalizzata. Sapevo che prima o poi avrebbe ripreso a farlo.

«Per adesso lascio passare perché siamo tutti un po' nervosi, è un periodo nero per tutti quanti e sei giustificato, ma più avanti dovrai smettere, una volta per tutte», dico, affiancandomi a lui e appoggiandogli la testa sulla spalla. Gli faccio compagnia mentre finisce di fumare tranquillamente la sua sigaretta, osservando il panorama.

«Sei qui da molto?».

«A dire il vero sono arrivato proprio cinque minuti prima di te, chiamalo colpo di culo».

«Colpo di fortuna», mi schiarisco la voce, facendolo scoppiare a ridere. Tra me e lui non so chi sia peggio.

Mi allontano dalla finestra e mi avvicino al letto, con l'intenzione di mettermi finalmente a dormire, siccome sono talmente stanca che potrei addormentarmi anche in piedi e fatico a tenere gli occhi aperti, ma Ethan tossisce per attirare la mia attenzione. «Io non ci riesco a dormire», dice, facendo un ultimo tiro e buttando la sigaretta dalla finestra. Decido di non dire niente, ma la prossima volta una bella ramanzina non gliela toglie nessuno.

«Be', ti capisco perché succede spesso anche a me. Perché non ci proviamo insieme?».

Annuisce e si toglie il giubbotto di pelle nero, avanzando verso l'appendiabiti accanto alla porta, dove c'è già il mio insieme ad alcuni cappelli e sciarpe che ho usato di recente.

«Be', potremmo cominciare con il chiudere la finestra, siccome sto morendo di freddo e mi risulta difficile addormentarmi se tremo», dico, avvicinandomi alla finestra per chiuderla.

Quando mi volto, Ethan è già sul letto, con le mani sotto la testa e lo sguardo rivolto verso il soffitto. Darei qualsiasi cosa per sapere a cosa sta pensando.

Spengo la luce e mi metto sotto le coperte accanto a lui. Appoggio la testa sul suo petto e chiudo gli occhi. Allunga il braccio per spegnere la lampada.

«Non essere angosciato, vedrai che tutto si risolverà». Anche se queste parole non servono a molto, sentivo il bisogno di dirle. E so che non lo faranno stare meglio, che non funzionano mai, siccome non succede nemmeno quando le dico a me stessa, ma fanno la loro parte.

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