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Nella notte mi girai e rigirai nel letto, non riuscivo affatto a dormire, pensavo continuamente alle parole di mia madre. Non era mai stata così severa con me, non ne aveva motivo, ma in quei giorni era diversa.

Volevo raccontarle del ragazzo dei miei sogni, ma ci ripensai; non le avevo mai detto nulla e sicuramente non lo avrei fatto in quello stato. Desideravo dormire per incontrare nuovamente quel ragazzo, ma il sonno non era dalla mia parte.

Scesi lentamente dal letto ed uscì di casa. Aggiustai la manica della mia veste da notte e mi sedetti ai piedi dell'albero più vicino. Osservavo le stelle e il buio della notte, chiedendomi cosa ci fosse oltre. Sentivo la mente leggera e la pelle bollente dal caldo di quella nottata.

«Salve», udì.

Scattai in piedi come una molla e mi voltai verso la parte più oscura, l'entrata del bosco. «Salve», risposi con la gola secca e l'emozione nel cuore.

«Quante volte dovrò dirle di non girovagare da sola di notte?», il ragazzo fece un passo in avanti e mostrò il suo profilo al raggio lunare.

«Sono vicino casa, non girovago da sola», mi dondolai suoi talloni.
Era bello averlo a pochi passi da me, come sempre, mi incuriosiva. Indossava abiti simili a quelli dello scorso sogno e il suo fascino mi imprigionava dentro ad una stanza da sola e indifesa. Rispetto a lui mi sentivo un piccolo insetto privo di bellezza, lui era una bellissima lucciola; si nascondeva nelle tenebre, ma risplendeva con la sua luminosità.

«Il pericolo è ovunque», fece un passo in avanti, ma si fermò di nuovo.

«Potete avvicinarvi», dissi, consapevole che in un sogno non poteva accadermi nulla.

Lui eseguì alla lettera la mia richiesta e si avvicinò. Sembrava che ad ogni suo passo, la sua suola degli stivali, non toccasse terra. Veloce, privo di rumore e colmo di fluidità. Mi venne nuovamente l'idea del predatore, come nel primo sogno.

«Ci trovare gusto a farvi trovare da me?», chiese ad un passo da me.

«Io? Siete voi che mi seguite», impazzivo per quel gioco creatosi tra di noi.

«Seguire? Non mi permetterei mai di seguire una giovane donna bella come voi, piuttosto mi presento e le chiedo gentilmente di iniziare un dialogo.»

Per poco non sprofondai nel terriccio infangato. «Eppure con me state dialogando senza richiesta.»

Si portò una mano sulla fronte e assunse una buffa espressione di rimprovero verso sé stesso. La mano era molto pallida e ai miei occhi, sembrava un angelo sceso in terra. Tutto di lui splendeva. «Che sbadato che sono, poco importa, ormai siamo già a buon punto.»

«Che galanteria i miei complimen...», interruppi la frase, quando udì un rumore secco alle mie spalle. Non sapevo come decifrarlo, poteva essere causato da un animale, o era solo una mia illusione.

Mi voltai di scatto, ma l'oscurità della notte non mi permetteva di vedere; ancor peggio, dato che non mi piaceva il buio.

«Avete paura?», la sua voce mi giunse troppo vicina.
Mi voltai parzialmente e vidi il suo viso a pochi centimetri dal mio; eravamo nuovamente vicini e, rispetto alla volta precedente, quella volta potei sentire il suo profumo.

Non sapevo descriverlo, era un odore pungente e tremendamente fastidioso, ma che mi spingeva ad annusarlo come un cane impazzito dalla fame. Odorava di rose e acqua marina, era uno strano mix e mi chiedevo se il mio senso olfattivo non stesse giocando brutti scherzi.

Spalancai leggermente le labbra e, dato che era più alto di me, puntai lo sguardo sul suo mento. «No», risposi in estasi.

«Voglio donarle questo bracciale», il suo sguardo si puntò nel mio e riuscii solo a percepire qualcosa di freddo accanto al mio polso prima di addormentarmi.

Quando riaprì gli occhi, mi trovavo in camera mia. I miei fratellini stavano ancora dormendo, mentre mia sorella e mia madre già erano sveglie. Decisi di lavarmi e di cambiarmi, andando poi in cucina. «Buongiorno», borbottai.

Mi versai un po' di latte e, poco prima di bere un sorso, vidi qualcosa che mi fece accapponare la pelle: un braccialetto. Era bellissimo, composto da un filo color oro e decorato che tanti piccoli fiorellini del medesimo colore. Sentii il respiro mancare e per poco non ebbi paura di svenire.

Com'era possibile?

«Buongiorno belle signore», entrò mio padre da fuori, accompagnato da mio Harry.

Rimasi a guardare il braccialetto.
«Meredith sei pronta?»

Scattai su di lui, «come?»

«Avevi detto che volevi venire con noi in paese, lo hai dimenticato?»

«No, non l'ho dimenticato. Datemi il tempo di sistemarmi.»

Mia madre sorrise e mi passò la spazzola. Mi sistemai i capelli, anche se essendo ondulati non potei fare molto. Non potevo crederci, avrei finalmente visto il paese, dopo quasi diciotto anni e la cosa mi elettrizzava parecchio.

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