LXVI

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Doppio aggiornamentooo, amatemi
-Angel❤️

Meredith

Erano passati ormai due giorni, due giorni che non mangiavo e non mi muovevo da quel letto. Seline non era più con me, Edward le aveva dato un'altra stanza. Le candele nelle mia non venivano mai accese, le ore sembravano eterne e non capivo quando fosse giorno e notte, sapevo solo che Edward veniva ogni sera nella mia stanza e mi permetteva di bere un bicchiere di acqua.

Pur di far passare il tempo dormivo, ma più che altro lo facevo per la stanchezza mentale. C'era un odore insopportabile lì sotto e molto spesso mi mancava l'aria dalla paura.
Avevo vomitato dal disgusto un paio di volte, ma dato che nel mio stomaco non c'era nulla, questo si contorceva ancora di più a potenti spasmi.

Edward era un maniaco, un uomo crudele e privo di lucidità. Molte volte mi ero svegliata di soprassalto, sentendomi disgustamente toccata e lo avevo beccato sempre lì, semidisteso sul mio corpo distrutto. Mi stava usando come ostaggio, come un esca, e ne ero consapevole, ma sapevo anche che provava una insignificante attrazione nei miei confronti.

Ancora una volta mi trovai accovacciata per terra, i piedi legati alla tastiera del letto con una lunga catena e le braccia strette in grembo. Quella stanza era peggio dell'inferno, puzzava di cadaveri in putrefazione e la collana che ancora portavo al collo sembrava soffocarmi ogni ora.

Edward mi aveva detto che me l'avrebbe tolta a breve e sperai con tutta me stessa che lo avrebbe fatto veramente. Come ogni sera, anche quella, Edward entrò in camera. Sperai in un rinfrescante bicchiere di acqua, invece si avvicinò alle catene, aprendole e liberandomi.

Rimasi sorpresa, ma subito mi ripresi, quando mi afferrò un braccio e alzò di peso, conducendomi non so dove. Ero priva di forze, più volte mi aveva colpita pur di farmi tacere o semplicemente per indebolirmi. Mi trascinavo a malapena e successivamente avvertì un dolore lancinante al capo, che mi fece vedere le stelle e il nero dell'oblio.

Quando riaprii gli occhi, ero all'aria aperta. Indolenzita mi portai una mano alla fronte, dove tastai del sangue sia fresco che secco. Mi guardai attorno e, seppur vedessi tutto sfocato, riuscii a mettere a fuoco una vecchia struttura. Sembrava una chiesa, ma non ne ero sicura.

Dov'era Edward? Perché mi aveva portata lì.

In lontananza, con il passare dei secondi, udii delle voci, ma non riuscii a distinguerle. Provai ad alzarmi, per cercare di fuggire, ma le corde che mi tenevano stretta in vita, mi impedirono di camminare.

Usare la magia era inutile, ci avevo già provato, ma la collana che portavo al collo non mi permetteva di utilizzarla.

Istintivamente mi portai una mano al collo e tracciai tutto il perimetro circolare, sgranando gli occhi, quando mi accorsi che non vi era nulla. Seppur debole, con un semplice schiocco delle dita, riuscii a liberarmi.
Le voci erano ancora ben lontane e, se ricordavo bene, mi sembrava di aver sentito delle urla.

Barcollante, mi alzai e corsi via. Correre non era il termine giusto, dato che camminavo a malapena, sorreggendomi grazie agli alberi. Non sapevo dove fossi, ma continuavo a camminare, cercando di creare quanta più distanza tra me e lui.

La testa sembrava fluttuare anziché restare incollata al collo e dettare ordini al corpo. Gli alberi di tanto in tanto sembravano muoversi e temetti di crollare ancor prima di raggiungere un posto sicuro.
Quando un tuono squarciò il cielo, un dolore lancinante mi colpii lo stomaco, così fui costretta ad accovacciarmi a terra, in preda ad un pianto di terrore.

Abel

Un tuono che squarciò il cielo segnò la fine della nostra conversazione. William, che era accanto a me, mi afferrò un lembo del manto e cercò di tirarmi verso di sé.

Abbassai lo sguardo sul corpo di Seline, che giaceva a terra ormai in fin di vita, e lo rialzai su Edward. «Una vita per una vita, riportatemi Meredith ed io verrò con voi.»

«Abel! Non dite sciocchezze, troveremo un altro modo per...»

«William, hai visto come non ha esitato a pugnalare Seline, non possiamo rischiare», sussurrai per non farmi sentire.

«Ragiona, cosa ne sarà del tuo popolo?»

«Non è ancora il mio popolo, Meredith viene al primo posto, sempre.»

«Va bene, la vostra Meredith è qui vicino, non ci vorrà molto per raggiungerla.»
Edward ci fece segno di seguirlo, mentre uno dei nostri alleati soccorreva Seline. Sperai tanto che si salvasse, ma i miei pensieri era concentrati su Meredith.

Quel verme era così diverso dall'ultima volta che lo avevo visto, semprava più sicuro di sé e avvertii la sua forza sin dalla mia postazione.
Arrivammo proprio accanto alla chiesa e, non appena vidi Edward guardarsi attorno, aggrottai la fronte e mi voltai verso William.

«Dov'è?», chiese lui.

Edward si avvicinò ad un ammasso di corde e strinse i denti in un'espressione di pura ira. «Non dovevo toglierle la collana, maledizione!», si voltò verso di noi, «è scappata. Evidentemente deve essersi svegliata e ha colto l'occasione per fuggire.»

«Se lei non è davanti ai miei occhi sana e salva, il patto non vale più», feci un passo in avanti.

«È nei dintorni, nel suo stato è impossibile che sia andata lontano.»

Era l'occasione giusta, potevamo ucciderlo, dovevamo ucciderlo. Lanciai una veloce occhiata a William, il quale annuì senza nemmeno guardarmi. Edward continuava a guardarsi attorno e non si accorse nemmeno quando io e mio fratello lo circondammo.

Sgranò gli occhi e, capendo che la situazione si era rivoltata, con uno scatto si fiondò su di me. Impreparato, riuscii a malapena a schivarlo, bloccandogli, però, le mani dietro al busto.

«Cosa avete intenzione di fare? Sapevate sin dall'inizio di essere in svantaggio. Siete una persona orribile, prendersela con delle donne innocenti per arrivare al nemico», gli ringhiai contro. «Nei vostri occhi arde la vendetta, tanto da condizionare la vostra mente e spingervi oltre la coerenza. Siete in collera per vostro fratello? Non abbiate paura, sarete presto con lui!», un sorriso sadico si impossessò delle mie labbra e, con un semplice crack il suo corpo cadde a terra.

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