LXXXIII

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Come promesso ecco qui il capitolo, voglio ringraziare coloro che mi hanno contattata in privato e mi hanno supportato in questo pessimo periodo, ma ringrazio anche quelle che hanno commentato e mi hanno fatto complimenti su complimenti.

Voglio ricordarvi (o informarvi, se non lo sapete ancora) che è possibile acquistare Fammi Rinascere su ogni piattaforma online, a partire da Amazon, Feltrinelli, IBS.it, Kobo, E-Book. Potete trovare il link per Amazon sulla mia bio.
Se davvero amate il modo in cui scrivo, amerete sicuramente la storia😍, lì ci ho messo davvero l'anima, poiché non è una storia inventata giorno per giorno, ma è una storia basata su ricerche approfondite e lunghe liste per gli aggiornamenti.

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-Angel ❤️

Quattro mesi dopo

Camminavo avanti ed indietro per smaltire la tensione. Era finalmente arrivato il fatidico giorno, quel giorno avrei rivisto non solo la mia famiglia, ma anche quelle due piccoli pesti.

Io ed Abel avevamo deciso di banchettare con entrambe le nostre famiglie per dare il benvenuto al nostro bambino. Mancava ormai poco e, siccome i miei genitori non potevano venire alla cerimonia che avremmo organizzato con l'intero popolo, avevamo deciso di farne una solo con i parenti più stretti.

La pancia, o meglio dire, il pancione era ben visibile e ogni giorno diventava sempre più pesante. Avevo mal di schiena ogni tanto ed ero arrivata all'estremo delle forze. Volevo che il mio bambino nascesse sano e a termine, ma arrivare fino a nove mesi era stata un'agonia, soprattutto nei mesi precedenti, dal quinto in poi, il bambino aveva iniziato a scalciare.
La prima volta che lo aveva fatto, ero con Abel nel suo ufficio e stavamo leggendo le lettere che ci avevano inviato, avvertii una fitta nel centro del ventre.

Abel si preoccupò perché mi vide impallidire, ma ero impallidita per la gioia. A pancia scoperta riuscivo persino a vedere dei piccoli movimenti, ma il problema era la sua potenza; ogni giorno che passava, sentivo scorrere maggiore potere in me, in lui, e i suoi piccoli calcetti si erano trasformati in veri e propri calci.

La notte non riuscivo più a dormire tanto era il dolore e Abel, oltre a massaggi, non poteva far nulla.
Nonostante ciò, avevo stretto i denti ed ero andata avanti.

«C'è un delizioso profumino, proveniente dalle cucine», dissi, osservandolo.

«Che magnifico olfatto, ho chiesto di preparare il vostro piatto preferito.»

«Che dolce», borbottai, avvicinandomi a lui e circondandolo con le braccia.
Giusto il tempo di scoccare un bacio, che qualcuno bussò alla porta e spediti entrarono i primi ospiti.

Mi allontanai da Abel ed andai da Leila, che nel frattempo sistemava la forcina ad Angel. «Meredith, tesoro, come stai? Accidenti, deve pesare parecchio. Vieni qui, bello della zia», si abbassò verso il mio ventre e lo baciò più volte.

Adoravo il modo in cui tutti si rivolgevano al mio piccolino, lo attendevamo con ansia, soprattutto io; avevo la costante paura per il parto e temevo che sarebbe successo qualcosa.
«Ciao piccolina, ma come sei bella.»

Angel si dondolò sui talloni e si sistemò il vestitino, «grazie Maestà.»
Prima o poi avrebbe capito che mi poteva chiamare zia.

Poi mi voltai verso Damon, ma lui se ne stava in disparte e si guardava attorno. Erano passati ormai due mesi dalla loro adozione e lui non dava segni di miglioramento, era costantemente taciturno e disinteressato da ciò che gli accadeva attorno. Leila mi aveva detto che William aveva cercato più volte di coinvolgerlo in qualsiasi attività, ma con scarsi risultati.

«Dove sono gli altri bambini?», chiese Angel, guardandosi attorno. Era adorabile in quel vestitino color crema.

«Arriveranno tra poco, loro vengono da molto lontano.»

Annuì sorridente e si avvicinò a William ed Abel, che nel frattempo parlavano tra di loro. «Allora, come procedono le cose?»

«Né bene né male, non vedo l'ora che nasca, ma ho anche tanta paura.»

«È normale, Meredith, tranquilla ci sarà la donna addetta alle nascite che vi dirà cosa fare.»

Venti minuti dopo, sentimmo una carrozza fermarsi e, tutta euforica, mi precipitai all'ingresso. La prima a raggiungermi fu Luna, che corse verso di me, abbracciandomi forte.

«Ciao, piccola peste, mi dispiace ma questa volta non posso prenderti in braccio», dissi, annegando nei suoi lunghi capelli neri.

«Tranquilla sorellona lo so, c'è una anguria a separarci», indicò il mio pancione.

«Così mi fai sentire una cicciona, però», borbottai, mentre gli altri salutavano Abel.

«Guarda un po' qui chi c'è», cantilò Mary, la secondogenita, così simile a me, mentre si avvicinava. «Come sta la futura mammina?»

«Me la cavo», la abbracciai, «come vanno le cose dalle tue parti?», ammiccai.

«Oh, bhe, di questo ne parliamo dopo...ho conosciuto un delizioso bel giovanotto», sussurrò con espressione sognante, mentre poco lontano vidi Abel ridacchiare e scuotere la testa; evidentemente aveva ascoltato.

«Tesoro mio, quanto sei cresciuto», si avvicinò a passo veloce mia madre. Ero pronta ad accoglierla tra le mie braccia, ma lei si abbassò e abbraccio il mio ventre. Ero un tantino sorpresa e sembravo una tonta, dato che avevo ancora le mani sospese in aria.

«Grazie, madre, anch'io sto a meraviglia», sbuffai, facendola ridacchiare.

«Ciao!», urlò Willy, prolungando la "o" e correndo da Angela e Damon. «Io sono Willy»

«Io mi chiamo Angel e lui è mio fratello scorbutico Damon.»

Scossi la testa e sperai che tutto sarebbe proceduto con tranquillità e così fu; Harry mi disse che stava frequentando la mia ex cameriera Annabelle, Mary invece voleva invitare la sua cotta a cena, a quanto pare era qualcosa di serio. Passammo una piacevole giornata, tutti insieme e nel pomeriggio ci recammo verso l'esterno; seppur facesse freddo, era sempre piacevole passeggiare per i giardini.

Era stata una giornata lunga e movimentata. La mia famiglia sarebbe tornata a casa il giorno seguente, dato che era ormai sera e lo stesso avrebbero fatto Leila e William.
Assegnammo delle camere agli ospiti e, dopo essere andata in quella di Willy e Luna, percorsi il corridoio per raggiungere la mia.

Poggiai la mano sul pancione ed iniziai a muoverla in moto circolare, in qulla giornata il mio piccolino era stato veramente irriquieto; forse era anche lui contento di essere al centro di ogni nostro dialogo.

Sentivo la pancia molto, ma molto più dura del solito e mi dovetti fermare più volte, poiché avevo delle piccole fitte che però pressavano parecchio.
Gemetti dal dolore, quando tale pressione si estese per tutto il ventre e si rifugiò in basso.

Presi un bel respiro e mi raddrizzai con la schiena, ma ciò fece aumentare ancora una volta il dolore. Avvertii un liquido caldo e denso scendere per l'interno coscia e spaventata alzai le gonne, trovandomi in una pozza di acqua.

Sgranai gli occhi e, cadendo subito nel panico, urlai: «Abel!»

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