XXVII

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Eravamo stesi a letto, io cercavo di non addormentarmi, lui mi accarezzava i capelli. Ci eravamo fermati a quel bellissimo bacio e mi sentivo stranamente felice.

Il mio viso era sul suo petto e questo era più freddo di un ghiacciaio, mi ricordai che una volta il suo corpo si riscaldò e mi chiesi come fosse possibile. Mi strinsi maggiormente a lui, quando mi stampò un bacio sulla fronte. Non capivo perché si comportasse così, non mi aveva mai dato tante attenzioni e sperai con tutta me stessa che quella situazione non cambiasse.

Alzai leggermente lo sguardo verso il tavolo, dove vidi una brocca piena di acqua. Avevo tanta sete, la gola era secca, ma non volevo stanziarmi da lui. Allungai una mano verso la brocca e piagnucolai, «voglio bere», dissi ad alta voce, catturando la sua attenzione.

Ridacchiò leggermente, mentre io continuavo a piagnucolare. Improvvisamente, cogliendo di sorpresa sia me che lui, la brocca si alzò dal tavolo e si lanciò a capofitto su di noi. La velocità con cui corse ci colse impreparati, lanciai un urlo, parandomi il viso con le mani.

Udii un rumore di vetro rotto e l'acqua sul mio vestito, ma non avvertii dolore. Lentamente tolsi le mani dalla faccia, vendendo le braccia di Abel che mi facevano da scudo; la brocca di vetro si era schiantata sul suo braccio.

«State bene?», chiesi in apprensione.

Annuì e si voltò verso l' acqua sul letto.

«Mi dispiace, non era mia intenzione, ve lo giuro.»

«Vi credo. Ultimamente stavo pensando ai vostri poteri, siete una strega ed è giusto vantarne; potreste esercitarvi con i vostri poteri, per evitare simili situazioni.»

Mi sorprese molto e non seppi che dire.

«Ovviamente non vi propongo di studiare a fondo la magia, ma almeno le basi.»

Scossi la testa, «preferisco di no, non ne sarei capace.»

Inclinò il viso, «come mai avete così poca forza di volontà? Perché non credete in voi stessa?»

«Perché...non lo so, non ho mai fatto nulla di buono e ciò mi porta ad avere poca fiducia di me stessa.»

«Non dovreste, siete molto intelligente, apprendete velocemente e sono sicuro che imparerete nel miglior dei modi.»

«Non so da dove iniziare», abbassai il viso.

Ci rifletté un secondo, «onestamente sono nella vostra stessa situazione, non mi sono mai appassionato di stregoneria. Posso fare qualche ricerca, sicuramente ci sarà qualche informazione nella biblioteca di famiglia; lì non manca nulla.»

Mi alzai dal letto e aprii le tende, dato che il sole ormai era sparito, e presi delle pezze per asciugarci. «Prima di iniziare gli studi per la stregoneria, possiamo terminare quelli già iniziati? Sono migliorata molto nella lettura e nella matematica, ma ho qualche problema con il francese», presi il libro che mi consigliò.

«Con la storia? Avete letto i due libri che vi diedi?»

«Certamente.»

«Perfetto, cosa non avete capito?»

Iniziammo una delle nostre lezioni. Appresi cose di cui non sapevo la conoscenza, la matematica mi piacque tanto e anche la letteratura. La storia del mio e degli altri paesi non mi entusiasmò molto, tranne per le guerre territoriali.
Passammo il resto del pomeriggio a studiare e a chiacchierare animatamente.

Quando arrivò l'ora di cena, scendemmo insieme, ma nel corridoio incontrammo Annabelle ed Edward.

«Ciao Edward», sorrisi.

«Buonasera signorina Meredith, andate a cena?»

«Si, voi aiutate Annabelle?»

«Ovviamente, bisogna sempre aiutare le dolci donzelle», le fece l'occhiolino.
Questa abbassò il viso imbarazzato e nascose un sorriso. Li guardai entrambi e, ammiccando un sorriso, afferrai Abel e lo trascinai verso le scale.

«Mi sono perso qualcosa?», chiese lui.

«Penso ci sia affinità trai due.»

Giungemmo nel salone, dove Leila stava facendo strani gesti con le mani. William ci spiegò che aveva letto strani riti su un libro e adesso li metteva in pratica. Quella ragazza era buffa è strana, ma mi piaceva molto caratterialmente.

I camerieri ci servirono carne rossa e ci versarono del vino, osservai il piatto disgustata e poi Leila. Lei lo mangiava senza indugio, mentre io a malapena riuscivo a prendere la forchetta. Odiavo la carne rossa, mi sembrava fin troppo viva e quando pensavo a quei poveri animali uccisi, mi veniva la nausea. Appena tagliai la carne e vidi il suo interno crudo, sgranai gli occhi e scostai il piatto.

Mi porta una mano alle labbra e respinsi un conato.

«Non è di vostro gradimento?», chiese Abel.

«No», mi passai una mano tra i capelli.

«Cosa desiderate?»

«Non importa, farò a meno della cena, non voglio che la cuoca prepari...»

«La cuoca ha il compito di preparare i pasti», mi zittì, «ripeto: cosa desiderate?»

«Carne bianca, o pesce.»

Annuì e chiamo la cuoca. Tutta quella sua premura mi piacque tanto e, ancora una volta, sperai che il suo buon umore durasse.

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