LXXXI

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Ancora una volta mi trovavo nella mia camera, sdraiata su quel letto che pareva tanto mi stesse assorbendo.
Osservavo la scena dall'alto, vedendo una me distesa e priva di vita, come la scorsa volta.
Mi osservai e capii una cosa: stavo dormendo, quella volta, non ero morta.

Improvvisamente, la camera divenne scura, più di quanto già non fosse. Un ombra, che portava gelo con sé, si avvicinò al mio corpo dormiente e si accasciò fino ad arrivare alla mia altezza.

«Vattene!», urlai io dall'alto, «non mi toccare.»

Quell'ombra sembrava non darmi ascolto, infatti continuava ad avvicinarsi, fino a poggiare una mano sul mio ventre per poi risalire verso l'alto, fino ad arrivare all'altezza del cuore.

«No!!», urlai, quando affondò la mano in questo.

«Vattene!»

«Meredith, Meredith svegliatevi!»

Sgranai gli occhi e alzai il busto con un colpo di reni. La fronte, così come il corpo, era in un mare di sudore freddo. Il respiro era irregolare e il cuore sembrava volesse fuoriuscire dal petto.

«Meredith, state bene?»

Mi voltai meccanicamente verso Abel, il quale era semi sdraiato sul letto e mi osservava preoccupato. «Stavate urlando.»

«Non ricordo nemmeno di essermi addormentata», sospirai, passandomi una mano sulla fronte.

«Quando sono entrato stavate già dormendo. Avete avuto un incubo?»

Annuii e mi alzai, andando verso il bagno. Mentre mi sciacquavo il viso, Abel si fermò sullo stipite e solo allora notai il torso nudo. «Come vi sentite? Volete parlarne?»

Scossi la testa ed abbassai il viso. Era la seconda volta che capitava e l'argomento principale era sempre quello. Dovevo parlargliene, ma erano solo incubi. Si sedette accanto a me, sul bordo del letto, afferrandomi un braccio e trascinandomi sulle sue ginocchia e circondandomi con le braccia.

Subito mi sentii in pace, mi accoccolai al suo petto e lasciai che mi cullasse. «È la seconda volta che faccio un incubo», sussurrai con la guancia premuta sulla sua spalla. Non disse nulla, quindi continuai, «nel primo incubo stavo per partorire, il bambino era nato ma...ma io ero morta. Nel secondo invece dormivo sul letto e un uomo incappucciato mi stava quasi per strappare il cuore dal petto», singhiozzai.

La sua presa sulla mia vita aumentò di poco, «hanno tutte e due come soggetto la morte, pensate sia un sogno premonitore?»

«Spero di no, sto iniziando a temere qualsiasi cosa succederà.»

«Avete fatto bene a parlarmene, non dovete temere nulla, troveremo una soluzione a tutto.»

«Abel, se mai dovessero sorgere problemi durante il parto...»

«Non ci saranno problemi», mi interruppe.

«Se mai ci dovessero essere», replicai, «promettetemi di dare a nostro figlio tutto l'affetto di questo mondo.»

«Ci sarete voi a darglielo.»

«Abel, potrebbe succedere di tutto, non dimenticate che io sono un'immortale.»

Sbuffò, mentre un fremito gli attraversò il corpo. «Pensate veramente che potrei amare qualcuno che vi ha uccisa? Io senza di voi non esisto, non potrei tollerare la vostra assenza.»

«Ma è vostro figlio, non potete dire una cosa del genere.»

«Perché abbiamo introdotto questi discorso? Sono solo incubi ciò che fate, forse per la troppa paura per il parto. Non dovete averne, manca ancora tanto tempo ed io sarò li con voi.»

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