XXXIV

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Restammo in silenzio per quelle che sembrarono ore, ero incerta su cosa dire e impaurita da ciò che mi aveva appena rivelato. Aveva avuto un bel coraggio a farlo, pur non sapendo quale sarebbe stata la mia reazione. Giocherellai con i pollici e di tanto in tanto gli lanciavo qualche occhiata. Lo sentì sospirare, «adesso potete anche urlarmi che sono un mostro.»

«Se pensassi ciò di voi, lo avrei già fatto», dissi, osservandolo attentamente. «Vi ringrazio per avermi rivelato il vostro passato, so benissimo che per voi non è stato facile, ma adesso riesco a focalizzarvi meglio; so cosa realmente siete e ciò non cambia l'idea che avevo di voi.»

«Davvero? Che idea avete di me?»

«Non ve lo dirò mai», ridacchiai e mi spinsi in avanti, cingendogli il collo. Rimase sorpreso da quel mio gesto, forse si aspettava che scappassi, ma dopo un paio di secondi, ricambiò l'abbraccio e mi strinse forte a sé.

Il giorno seguente mi esercitai con lo spostamento dei liquidi. Abel era con William, sapevo solo che lo aveva convocato urgentemente, non sapevo altro. Ero alquanto nervosa, sopratutto dopo ciò che era successo nei giorni passati. Avevo la costante paura che qualcosa potesse attaccarci da un momento all'altro e, quando avvertii una strana sensazione al petto, non la ignorai. Nei libri avevo letto che le streghe erano in grado di percepire il male, non sapevo come, ma ero certa che qualcosa stesse per accadere.

Mi appoggiai alla balconata della mia camera e osservai dall'alto il giardino, tutto era tranquillo e il cinguettio degli uccelli mi fece subito abbassare le difese; gli uccelli erano volatili molto sensibili e avvertivano subito il pericolo. Sospirai e rientrai in casa, concludendo velocemente il mio addestramento. Il cuore, però, non ne voleva sapere di calmarsi; i battiti erano talmente frenetici che il sangue nelle vene scorreva ad alta velocità. Mi portai una mano al petto e ritornai in balconata, ma ancora una volta non vidi nulla; alcune volte ero fin troppo ansiosa.

Quando tornai in camera, però, fiutai uno strano profumo. Una terribile puzza si insinuò nelle mie narici e dovetti tapparmi il naso per non vomitare. Avanzai di un passo e poi un secondo, bloccandomi, però, quando vidi qualcosa che mi fece immobilizzare e tremare da capo a piedi; la strana creatura dalla pelle bianca e gli occhi luminosi mi fissava come un predatore e mi ringhiava contro. Pensai fosse solo una mia immaginazione, ma quando cominciò a correre verso di me, lanciai un urlo e mi scostai.

La creatura si avvolse nelle tende e queste la bloccarono per pochissimi secondi. «Che cosa sei?», chiesi, sperando mi parlasse. Aveva la stessa corporatura di un essere umano, forse conosceva l'uso del linguaggio, ma questa non mi rispose, anzi, continuò a ringhiare.

«Sta lontano!», indietreggiai, quando la creatura si avvicinò lentamente a me. «Lo dico per te, faresti meglio a non avvicinarti», lanciai un'occhiata ai coltelli posti sul tavolo e subito dopo ritornai con lo sguardo su di lui. Potevo manipolare quei coltelli e infilzarlo nel momento più opportuno.

Il mostro non si fece intimorire, anzi, incominciò a correre verso di me e fu in quel momento che alzai la mano verso il tavolo, sollevando il coltello più appuntito e scagliandoglielo contro. La punta si conficco nella sua schiena, il mostro emise un urlo assordante, accasciandosi a terra. Dalla ferita fuoriusciva del sangue, ma non era sangue normale, era bianco e denso. Si raddrizzò subito e ritornò all'attacco, non ebbi il tempo di controllare i suoi movimenti, avvertii un colpo allo stomaco che mi fece volare fino al soffitto, battendo contro questo, per poi cadere al suolo.

Gemetti dal dolore e mi rialzai lentamente, qual' era il suo scopo? Voleva uccidermi? Perché non l'aveva già fatto? Sembrava stesse solo giocando.

Ancora una volta si scagliò contro di me, ma ebbi la rapidità di spostarmi, infondo i suoi movimenti non erano tanto veloci ed era possibile prevederli, ma non sapevo far altro se non scappare. Sollevai contemporaneamente due coltelli, lanciandoglieli contro e colpendo nel centro del petto e della fronte. Dopo un secondo urlo, il mostro si lasciò cadere a terra inerme. Quindi potevano morire?

La porta della camera si spalancò ed entro Edward, «cos'è successo? Vi ho sentita urla...», abbassò il viso e vide la creatura stesa a terra, poi concentrò lo sguardo su di me e sulla camera a soqquadro.

«Cos'è quella cosa?», la indicò con disgusto. La vedeva? Mi meravigliai, poiché in paese nessuno era stata in grado di vederla. Abbassai lo sguardo sul mostro, vedendolo dissolversi lentamente, fino a scomparire dalla nostra vista; sul pavimento non vi era altro che liquido bianco e puzzolente. Mi tastai la schiena dolorante e dissi: «Edward devi immediatamente far venire qui Abel.»

«Io...mi dispiace, ma il principe Abel non è al castello.»

«Cosa?», sgranai gli occhi, «dov'è?»

«Da un suo parente, non so molto, so solo che farà ritorno stasera.»

Quella sensazione al petto ancora non era sparita, anzi, era peggiorata. «Edward prendi il cavallo e corri immediatamente da lui, siamo in pericolo», dissi seria e con il cuore a mille.

Sentimenti OscuriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora