LXXVII

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«Abel siete sicuro di stare bene? Vi vedo piuttosto provato», dissi, vedendolo camminare avanti ed indietro.

«Non potrei stare meglio, sono serio!», sbraitò, passandosi una mano tra i capelli.

«Va bene, ho capito, c'è qualcosa che non va. Cosa è successo?»

Era da quella mattina che era nervoso ed era arrivata l'ora di sapere la verità. Ero particolarmente in ansia, dato che era la prima volta che lo vedevo in quello stato. Mi alzai e lo raggiunsi, aspettando che parlasse.

«Ho ricevuto una brutta notizia questa mattina, più che altro lamentele, riguardanti gli ex vampiri ribelli. Abbiamo anche mandato qualcuno a parlare con loro, ma nulla. Non so che fare, ho paura di fare la cosa sbagliata. Ho anche inviato una lettera a William, sperando in un suo aiuto. Sapete come mi ha risposto? State tranquillo, andrà bene, andate da loro!!»

«Bhe...non mi sembra una brutta idea, potreste andare da loro e dargli un ultimatum; infondo con voi hanno protezione, se continuano a violare la legge, li esiliate. La cosa sicuramente non gli giova.»

Si ferma nel bel mezzo della stanza e mi fissa serio. «Un ultimatum...si, è quello che farò. Faccio preparare subito una carrozza.»

«Volete che vi accompagni? La presenza di un volto familiare vi aiuterà.»

Armeggiò con la spada che solitamente portava e si concentrò su di me. «Se c'è la fate, si, ma se siete stanca o non vi sentite bene...»

«Abel, mi vedete stanca?», mi indicai.
Scosse la testa e mi sorrise. Venti minuti dopo eravamo in carrozza, diretti verso il paese dei vampiri.

Era ancora agitato, lo notavo, non doveva essere facile per lui. Mi ripeté più volte di non allontanarmi da lui, dato che era una protezione per me, ma onestamente non temevo i miei sudditi.

Quel giorno, alla cerimonia, si erano mostrati tutti socievoli e di grazia, sperai solo di non trovare l'opposto. Stringevo tra le mani un braccialetto, speravo di essere fortunata e di incontrare quella bambina. Era dolcissima e volevo regalarle qualcosa di grazioso e adatto ad una bambina della sua età.

Quando arrivammo a destinazione, scendemmo dalla carrozza e fummo accolti da un uomo a me sconosciuto.
Avevano riunito tutti gli ex ribelli in una casa, infatti ci recammo proprio lì.
Mi fermai, però, quando in lontananza vidi la bambina. Era un paesino molto piccolo e sapevo che la avrei incontrata.

«Abel eccola! Voi andate pure, io resto qui.»

«Cosa? Sbaglio, o in carrozza vi ho detto più volte di restare accanto a me?»

«Lo so, ma...per favore, ci tengo tanto a darle il bracciale.»

Sospirò, «va bene, ma se qualcuno osa attaccarvi, sapete come chiamarmi», mi stampò un bacio sulla fronte.

«State tranquillo, nessuno mi attaccherà. Piuttosto concentratevi sugli ex ribelli, fatevi valere mio Sire.»

«Vi ho già detto che amo quando mi chiamate Mio Sire?»

«No», ridacchiai.

«Bene, adesso lo sapete.»

Dopo altre raccomandazioni, si avviò verso la casa in legno, mentre io mi avvicinai alla bambina. Era insieme a suo fratello ed erano seduti per terra a giocare con dei sassolini.
«Ciao», dissi, sorridendo.

I bambini alzarono il viso verso di me e vidi come le loro pelli pallide erano sporche dal terriccio e dal fango. La bambina sgranò gli occhi e la bocca. «M-Maestà?», chiese, alzandosi e seguita dal fratello.

«Si, sono venuta per darti questo grazioso braccialetto. È un piccolo regalo per avermi inviato dei fiori, sono bellissimi», le sorrisi. Quella bambina non faceva altro che farmi sorridere.

Lei allungò una mano verso il braccialetto e lo afferrò, mentre suo fratello lo contemplava.
Mi schiarii la gola, «a che gioco stavate giocando?»

«Nessuno in particolare, lo abbiamo inventato noi: chi trova più sassolini, vince», era la prima volta che il bambino mi rivolgeva la parola.

«Mi sembra un gioco molto impegnativo, ma a quest'ora non dovreste essere a casa con vostra madre e vostro padre? Tra un po' calerà il sole.»

«Non abbiamo una casa», rispose subito la bambina, ricevendo uno spintone dal fratello.
«Zitta, Angel!»

«Non avete una casa? Perché non siete venuti da noi? Durante la cerimonia vi abbiamo detto che se ci sarebbero stati problemi, tutti sarebbero potuti venire», mi abbassai alla loro altezza.

«A noi quelli come voi non piacciono, mio padre diceva che siete cattivi e subdoli.»

Mi voltai verso il bambino, aggrottando la fronte. Quel modo di parlare mi era familiare, contemplando meglio il bambino, concordai con l'affermazione di Abel: i suoi lineamenti erano identici a quelli di...

«Davvero? È una bugia, noi non siamo cattivi e subdoli. Sapete, il vostro Sire in questo preciso istante sta parlando con persone molto cattive che vanno contro la legge e sapete perché lo fa?», scossero la testa, «perché vuole che tutti abbiano una casa e protezione, non vuole mandarli via. Secondo voi questa persona può essere cattiva?»

«No, ma...ma il Sire con noi è stato cattivo. Lo odiamo, ovviamente voi siete un caso a parte.»
Come poteva un bambino così piccolo parlare in quel modo? Sembrava essere cresciuto troppo velocemente.

«Cosa ti ha fatto il Sire, a me puoi dirlo, ci penserò io a metterlo in punizione.»

«A noi niente, ma ha ucciso la mamma e il papà.»

Alle parole della piccola sgranai gli occhi, Abel aveva ucciso i loro genitori? Perché lo aveva fatto e quando?

«Io non ne sapevo nulla, come si chiamavano la vostra mamma e il vostro papà.»

I piccoli si guardarono e scossero la testa, «ci fidiamo di voi, siete molto dolce e completamente opposta dal Sire, ma dovete prometterci che non lo direte a nessuno.»

Annuii e mi avvicinai maggiormente a loro.

«Si chiamavano Caleb e Elena.»

Spazio Autrice:
Vi assicuro che il nome "Angel" della bambina è del tutto casuale, dopo ci ho pensato che rispecchiava il mio 😂
Siete sorprese? Alcune di voi avevano intuito bene, altre ci erano andate vicino. Inoltre voglio ringraziare una lettrice che mi ha dato l'idea dei bambini, per non concludere ancora la storia. Grazie mille 😍
-Angel ❤️

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