Capitolo ventinove

349 16 3
                                    


Capitolo ventinove

Ha appena finito di lavorare, il caso che ha dovuto seguire della giornata è una donna che dopo mesi di sofferenza è riuscita a denunciare suo marito che le faceva violenza. Emma, ha ascoltato la sua testimonianza e si è immediatamente immedesimata in lei, al punto da rivivere il dolore che ha provato quando Pan ha abusato di lei. Nel momento in cui ha sentito la donna rilasciare la sua testimonianza, si è mantenuta forte, non ha fatto trapelare nessuna emozione, prendendo la denuncia e chiamando anche la polizia limitrofa per far sì che potessero andare a catturare l'uomo e sbatterlo in prigione; ma una volta sola in ufficio, con Booth e Graham, che sono andati ad arrestare l'uomo, lei è scoppiata a piangere.
In un attimo ha rivissuto nella sua mente tutto ciò che ha dovuto affrontare per colpa di quel bastardo, tutta la sofferenza che ancora prova, perché le basta chiudere gli occhi per rivivere tutto, ogni singolo attimo e sentirsi sporca.
Senza pensarci, prende le chiavi della macchina e si reca da Hopper. La testimonianza di quella donna, le ha dato anche il coraggio di parlarne, di tirare fuori la sua sofferenza una volta per tutte. Ce l'ha fatta quella donna, che ha subito violenza dal marito per anni, può farcela lei che si è trattato di un episodio che non si ripeterà più, perché il suo carnefice è in prigione e ci marcirà per sempre.
Raggiunge lo studio dello psicologo e bussa alla porta anche se non è nel suo giorno di ricevimento e spera tanto che lui sia disposto ad ascoltarla lo stesso.
Quando lui le viene ad aprire, si stupisce di trovarla lì, ma capisce anche subito che ha bisogno di parlare dai suoi occhi rossi, evidente segno che abbia pianto.
«Dottore, se non ha altri pazienti... io... io vorrei parlarle.»
Hopper le fa segno di entrare in studio, per fortuna non ha nessun'altra visita, o meglio l'avrà esattamente tra un'ora e può benissimo ascoltare Emma.
Emma tira un sospiro ed entra e immagina che sia destino che debba finalmente aprirsi con qualcuno su ciò che ha subìto, perché se avesse dovuto aspettare che uscisse un paziente, probabilmente avrebbe perso il coraggio.
Si siede sul solito divanetto e rimane in silenzio per un attimo, non sapendo bene da dove iniziare a parlare e lo psicologo non le mette alcuna pressione, perché ha già capito per cosa sia venuta. Ed è già un notevole passo avanti.
«Oggi in centrale è venuta una donna a sporgere denuncia verso il marito, lui l'ha picchiata per anni, abusando di lei... E io, mi sono immedesimata. Ho visto nel suo sguardo la sofferenza di chi si sente violato di una parte di sé, sporchi. Ecco io... Io quando Pan mi ha toccata, io mi sono sentita così. Sporca. Al solo ripensarci, mi ci sento.» si accorge che le lacrime, a quelle semplici parole già stanno rigando il suo viso. Hopper la guarda, ma continua a rimanere in silenzio, consapevole che la ragazza stia solo riprendendo fiato prima di tornare a parlare, a confidarsi ancora una volta, ad aprirsi completamente.
«Ho notato da subito gli sguardi che mi lanciava, ho notato che ogni volta sembrava che mi volesse spogliare con gli occhi, ma... Ma, non credevo che sarebbe arrivato a... Farlo davvero. Quando mi ha sbattuto a terra e si è tirato giù i pantaloni io mi sono sentita impotente, non riuscivo a reagire, per la prima volta ho avuto paura... Quando poi la sua mano...» si interrompe bruscamente, i singhiozzi si fanno sempre più forti e quasi non riesce più a parlare dal dolore che sta semplicemente rivivendo. Avverte che lui sia ancora lì, quel momento è ancora troppo nitido nella sua testa, che viene scossa da un brivido di terrore che non riesce a controllare.
«Emma...» Hopper vede che è troppo scossa per continuare e cerca di interromperla e dirle che va bene così, che non deve continuare se non se la sente, che possono anche continuare a parlarne la prossima volta.
Ma ancora una volta è la ragazza a riprendere la parola, interrompendo lo psicologo. E riesce finalmente a concludere il suo racconto, a rivelare ogni cosa di ciò che è successo quel maledetto giorno. Di come Pan abbia infilato la mano nei suoi slip e lei ancora una volta non sia riuscita a reagire. Di come improvvisamente il terrore si è impadronito di lei, di come se non fosse stato per Robin, se non fosse stato per lui presente nella stanza e che l'ha difesa, probabilmente Pan l'avrebbe violentata. Ma ciò che l'ha fatta sentire sporca, davvero maledettamente sporca, è che il suo corpo abbia reagito di conseguenza a ciò che Pan le ha fatto, è stato lì che si è vergognata di se stessa, della persona che è. E che ha iniziato a piangere, senza riuscire a fermarsi.
«Mi vergogno ancora adesso a parlarne. Ma secondo lei, come faccio a parlare con il mio ragazzo di una cosa del genere? Io... io voglio terribilmente tornare a fare l'amore con lui, ma, penso se lui non mi vorrà più dopo ciò che è successo? Se non vorrà più stringermi e accarezzarmi? Io non ho paura di lui, ho paura che si allontani da me, che gli faccio schifo come persona... Perché ora che ci penso, sono io che a quando è successo non mi piaccio più.» ora che ha tirato fuori tutto, può esprimere anche come si sente. È vero, quando Killian l'ha sfiorata quando erano ancora sulla Jolly Roger, ha rivissuto ogni attimo di sofferenza, ma poi quando è scoppiata a piangere e singhiozzare, è subentrata anche la vergogna di sentirsi sbagliata, la paura di perdere Killian per sempre se lui avesse saputo che cosa fosse successo davvero quel giorno.
«Non è stata colpa tua. Per poter tornare a fare l'amore con il tuo ragazzo, devi prima di tutto allontanare il tuo senso di colpa. Lui sa già che cos'è successo, però mi sembra che sia rimasto al tuo fianco. Questo ti fa capire che il problema è nella tua testa, sei tu che non ti sei perdonata di ciò è successo, perché come hai detto tu stessa non sei stata in grado di reagire alla violenza e che quindi tu te la sia cercata, ma non è così. Questo è ciò che ti ha voluto fa credere il tuo aggressore, ma tu non hai colpe, Emma.»
«Si, ma...» sta per replicare, Hopper la interrompe capendo cosa lei voglia dirgli.
«Per quanto riguarda il fatto che il tuo corpo abbia reagito a ciò che ti ha fatto Peter Pan, è normale Emma, è una reazione istintiva, lo sai. Non devi sentirti in colpa per questo. Sono sicura che il tuo ragazzo non ti allontanerà per ciò, anzi, parlarne con lui ti aiuterà a mettere la parola fine alla tua sofferenza e ai tuoi sensi di colpa.» le dice ancora e Emma si stupisce di come quell'uomo riesca a leggerle nel pensiero. Ed è ciò che la tormenta più di tutto, che il suo corpo abbia reagito quando Pan l'ha toccata violandola e c'ho la fa sentire terribilmente in colpa nei confronti di Killian.
«Io mi sento come se lo avessi tradito» finalmente è riuscita a tirare fuori tutto ciò che sente e prova, ogni pensiero negativo che fino a quel momento si è portata dentro. Ogni senso di colpa nei confronti di Killian.
«Ma non è così e lo sai.»
La ragazza annuisce e si asciuga le lacrime che ancora le stanno rigando il viso. È ancora scossa ma si sente meglio ad aver condiviso le sue paure, ancora una volta pensa che aprirsi con lo psicologo le abbia fatto solo bene.

There's no storm we can't out run, we will always find the sunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora