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"Oh cielo.." pensò Jimin sentendo le guance andare a fuoco. Sbirciò ancora verso quel tavolo dove sedeva un ragazzo che gli aveva appena sorriso in modo strano, trovando la coppia a discutere in modo sommesso.

"Devo essermelo immaginato.." scosse la testa confuso "..ma che mi prende sembro un ragazzino" sbuffò per poi tornare con lo sguardo verso il libro che stava leggendo.

Di tanto in tanto continuava a lanciare qualche occhiata verso il tavolo, ritrovandosi a chiedere se davvero se lo fosse immaginato quel sorrisetto.

Improvvisamente l'immagine del giovane pianista che parlava con il suo maestro gli tornò alla mente riuscendo a riconoscere l'altro ragazzo al tavolo.

"In effetti è davvero bello" pensò ricordandosi i commenti delle sue compagne. Si prese qualche secondo per osservarlo meglio, cercando di non farsi notare troppo.

Capelli corvini, incarnato pallido, sembrava un reale dall'aspetto curato ma, considerando il contesto, Jimin scartò l'idea.

Era particolarmente attratto dai tratti fini del suo viso e dalle sue mani grandi, con lunghe dita sottili, perfette per suonare il piano.

Jimin ripensò al suo modo di suonare durante le prove e si rammaricò di non averci prestato molta attenzione ma si ricordava di essersi rilassato pur essendo perso nei suoi pensieri, aveva un modo di suonare quasi perfetto, nessuna imperfezione, permettendo ai ballerini di entrare completamente in sintonia con la musica.

Pur essendo così giovane, o almeno così pensava Jimin, era davvero bravo.

"Però non mi ricordo il suo nome, magari non è conosciuto peccato" pensò, cercando di far tornare alla mente il nome del misterioso pianista "accidenti a me che non presto mai attenzione, dovrei smettere di pensare troppo anche durante le prove"

Era davvero frustrante come situazione, ultimamente le sue preoccupazioni avevano iniziato a riempirgli la testa anche in quello che, prima, era l'unico momento in cui poteva davvero staccare.

In realtà era abbastanza ricorrente nel periodo che precedeva uno spettacolo importante.

La sua testa si riempiva delle immagini delle punizioni ricorrenti del padre, ricordandogli quella prima e ultima volta che aveva sbagliato un passo durante una scena.

Non fu un errore eclatante, difatti non fu notato da molti, nemmeno il suo maestro lo rimproverò eccessivamente, ma per il suo patrigno fu un affronto imperdonabile.

Ogni tanto, nei suoi incubi, sentiva ancora la sensazione di quegli aggeggi che l'uomo usava per punirlo o la sensazione del cuoio che sbatteva contro la sua pelle.

Ebbe un brivido e spalancò gli occhi sentendo la nausea salire al solo ricordo di quelle sensazioni. Il suo cervello aveva eliminato le immagini di quella notte ma il suo corpo ancora le ricordava e, a volte, tornavano a galla senza che potesse averne alcun controllo.

Complice anche il suo stato d'animo, che lo accompagnava dalla mattina, e l'assenza di Alexandre con cui sfogarsi Jimin non potè nulla contro quelle orrende sensazioni che gli tornarono alla mente.

Cercò di finire la tisana, anche per mandare giù il nodo che aveva in gola e chiuse gli occhi cercando di respirare in modo normale, avendo notato un certo affanno involontario.

"Non posso continuare così" guardò l'orologio sperando fosse passato l'orario in cui Seokjin si trovava fuori al parco e sorrise leggermente notando che, conoscendolo, sarebbe tornato a breve.

Racimolò i propri averi appoggiati al tavolo, pagò e uscì dal cafè avviandosi verso casa.

«Bentornato signorino Jimin» disse il maggiordomo facendo un breve inchino a cui Jimin rispose con uno sbuffo imbarazzato «Ti prego, mi conosci da quando avevo 8 anni lo sai che mi imbarazza»

Nous SeronsWhere stories live. Discover now