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«Jimin..»
Yoongi non credeva ai propri occhi.
Jimin in carne ed ossa fuori dalla sua porta di casa.
Jimin bello da sembrare una divinità che gli chiedeva di entrare in casa.
La sua mente era andata in completo blackout, si pizzicò anche un lato della gamba per essere sicuro di non trovarsi un sogno.

«Se.. se sei impegnato passerò un’altra volta» disse piano il biondo, ridestando Yoongi dall’incanto.
«Cosa.. No! Cio-cioè entra pure scusami»
Il ballerino ridacchiò vedendo il pianista così nervoso e mosse qualche passo, cercando di sembrare il meno impacciato possibile con le stampelle.
Fu in quel momento che anche Yoongi notò la sua camminata e cercò di offrire il suo sostegno facendo appoggiare il biondo a sé.

Arrivarono in salotto e lo fece accomodare sull’ampio divano che vi si trovava al centro.
«A-arrivo subito stavo facendo del the» disse Yoongi scappando velocemente in cucina.

Jimin annuì poi si perse ad ammirare il salotto in cui si trovava.
Notò come i colori scuri regnassero su ogni superficie, il divano su poggiava era bordeaux con qualche inserto color oro, come il tappeto e le due poltrone ai lati.
La maggior parte del mobilio era legno molto scuro e le tende poste sulle grandi finestre erano un misto di rosso scuro e oro, intonandosi perfettamente con il resto della stanza.
Di fronte aveva un camino molto grande, ora spento, su cui sopra poggiava una mensola con un grande orologio in oro.
Era quasi certo che il pianista vivesse solo, per cui si chiese chi fossero i suoi genitori.
“Deve sentire molta solitudine in una casa così ampia senza qualcuno” pensò malinconico, cominciando a carezzare distrattamente la morbida superficie del divano.

In cucina invece, Yoongi cercava di frenare il suo cuore che credeva prossimo all’infarto per quanto forte batteva.
Si passò una mano tra i capelli tirandoli appena e respirando piano.
“Calmati diamine”  si sgridò mentalmente, mentre un sorriso incredulo e felice cominciava a formarsi sul suo volto.
“È venuto a casa mia, il mio Jimin è qui, è tornato”

Lui solo sapeva quanto si fosse dannato ogni secondo di ogni giorno dopo la sera dello spettacolo. Era confuso, non capiva la reazione del biondo e il perchè lo avesse abbandonato così improvvisamente, anche se, chiaramente, contro voglia.

La sua mente aveva creato ogni scenario, aveva esplorato ogni opzione possibile, senza mai arrivare ad una conclusione.
Quindi si era chiuso in sé stesso, accettando la presenza di Namjoon più per abitudine che per voglia, perchè l’unica cosa che desiderava in quei giorni era Jimin.
Aveva iniziato anche a pensare come si fosse ridotto a desiderare così tanto una persona che era sparita senza spiegazione.

Si era arrabbiato, aveva spaccato un sacco di cose quei giorni e Namjoon era sempre pronto a raccogliere i pezzi senza fare domande. Aveva provato ad odiare Jimin, era sparito per forse una settimana o qualcosa in più e già lui si sentiva così svuotato.
Ci aveva provato davvero, ma poi una sera aveva bevuto fino a ridursi uno straccio e aveva raccontato tutto a Namjoon piangendo come un disperato e urlando che non ci riusciva, proprio non riusciva ad odiarlo.
E ora si trovava in cucina, con l’uomo che desiderava da giorni in salotto e non riusciva a controllare le sue emozioni.

Dopo l’ennesimo respiro riempì la teiera e prese due tazze per poi portare tutto da Jimin. Si accomodò e, dopo aver servito entrambi, trovò il coraggio di parlare.
«Sono molto felice di vederti.. ho notato che riesci a camminare meglio»
Jimin annuì tenendo lo sguardo basso. Non vi era mai stato imbarazzo tra loro, ma in quel momento si sarebbe potuto tagliare con il coltello, perciò il biondo capì di dover dire qualcosa.

«Mi.. mi dispiace di essermene andato in quel modo» disse tenendo lo sguardo basso mortificato.
«Non fa niente Jimin davvero»
«No! Invece mi devo scusare, io.. io ho avuto un attacco di panico poi me ne sono andato, mi stupisce che tu ancora non mi consideri un matto.. in più dopo.. dopo quel bacio io non volevo andarmene ma ho dovuto e non voglio pensare a quanto tu sia stato male e-e..»il biondo cominciò a gesticolare, parlando in modo confuso mentre i sensi di colpa crescevano in lui sempre di più.

Nous SeronsWhere stories live. Discover now