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«Jimin parteciperai anche tu alla cena di questa sera»

Nell’udire la voce profonda del patrigno alle sue spalle si irrigidì subito.
Annuì velocemente, per poi aumentare il passo, per quanto possibile, e raggiungere subito la sua stanza.
Non era la prima volta che gli chiedevano di prendere parte a quelle cene, ma solitamente evitavano, dandogli modo di riposare dopo gli allenamenti.

Dopo poco sentì bussare alla sua porta e, aprendo, notò il medico, venuto per la riabilitazione giornaliera.
Fecero i soliti esercizi e, dopo un’ora circa, il medico si alzò sorridendo gentilmente.
«Sta facendo un’ottimo lavoro Jimin, è praticamente guarito, questa sera deve uscire?» il biondo annuì.
«Bene, le consiglierei di non usare più la stampella, piuttosto si aiuti con un bastone, ma cerchi di camminare in modo normale. Le prime volte farà un po’ male, ma passerà, bisogna abituare la caviglia» disse calmo, mentre sul viso di Jimin cominciava a formarsi un sorriso entusiasta.

«Quindi potrò tornare a ballare, appena la compagnia verrà riaperta?» chiese speranzoso, vedendo il medico sospirare.
«Potrai ballare, ma.. Jimin per caso l’ha sbattuta ancora la caviglia?»
Il medico guardò il ballerino negli occhi, avevano una certa confidenza dal momento che erano anni che si occupava di lui, pagato profumatamente per non fare domande troppo invasive.
«I-io.. mentre t-tornavamo a casa sono.. sono inciampato su uno s-scalino» rispose con voce estremamente bassa, balbettando nervosamente.
Il suo patrigno gli aveva sempre detto di mentire, ma la paura che aveva di lui lo portava a balbettare, anche solo quando doveva pensare a quell’uomo.

Il medico lo guardò, ormai erano anni che aveva capito che ci fosse qualcosa che non andava in quella famiglia, ma per un motivo o per un’altro non era mai intervenuto, anche se la realtà era una sola: aveva paura di perdere tutto. Il patrigno di quel povero ragazzo era molto potente, avrebbe potuto mandarlo in rovina in pochissimo tempo e lui aveva una famiglia a carico, non si poteva permettere di agire in modo sconsiderato.
Perciò l’unica cosa che fece, fu appoggiare una mano sulla spalla del ragazzo tremante.

«Potrai tornare a ballare, ma, a quanto pare, l’urto che hai avuto successivamente con lo scalino ha indebolito notevolmente la caviglia, già ferita. Questo l’ho notato solo dopo aver già cominciato la riabilitazione. La tua caviglia, tutt’ora, è molto debole e non tornerà più come prima purtroppo. Non ti dico di smettere di danzare, solo sarebbe meglio diminuire gli sforzi, la prossima volta che succederà una cosa del genere, data la debolezza, non credo sarai più in grado di ballare»

Quelle parole ferirono Jimin come mille lame.
La sua vita, senza la danza, era completamente senza senso. Lui viveva per ballare, il ballo gli aveva salvato la vita ed era l’unico motivo per cui ancora riusciva a resistere in quell’inferno di casa. Non poteva vivere senza.
Annuì piano, ancora sotto shock.
Il suo patrigno era stato ad un passo dal togliergli anche la danza e per colpa sua ora avrebbe dovuto vivere con la paura di doversi ferire, in modo irreversibile.

«Figlio di puttana..» sussurrò pieno di rabbia non appena il medico uscì dalla stanza.
Pura ira, in testa non aveva altro in mente se non la scena del patrigno, mentre spingeva sulla caviglia.
Tutta la paura e il dolore provati in quel momento li sostituì con una rabbia cieca, mentre, dalla frustrazione, gli occhi gli si riempirono di lacrime. Provò ad alzarsi, ma una fitta lo costrinse a tornare sulla poltrona.
Stava raggiungendo il limite e non poteva nemmeno sfogarsi, perchè doveva stare attento alla gamba.

«CAZZO!» urlò a pieni polmoni, mentre un piccolo vaso appoggiato sul tavolino di fianco a lui volò per terra, colpito dalla sua mano, in un impeto di rabbia. Poco gliene importava che qualcuno lo avesse sentito. In quel momento ci vedeva nero e voleva solo trovare un modo per sbollire quel nervoso.
Guardò per qualche secondo la stampella appoggiata sul bracciolo della poltrona, poi si alzò di nuovo in piedi, più lentamente, e, aiutato da essa, uscì dalla stanza più in fretta possibile.

Nous SeronsWhere stories live. Discover now