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- Han!-

- no smettila, voglio stare da solo-

- Han Jisung, non puoi rimanere chiuso in quel dannato balcone per il resto della tua vita, ora rientra e parliamone! -

- Felix smettila, voglio rimanere da solo! -

Han si appoggiò alla porta finestra che separava lui dal resto dalla sua camera e dal migliore amico che quella sera era insieme a lui.

Han Jisung era una persona estremamente fragile mentalmente, era impulsivo e dipendeva molto da ciò che le persone gli dicevano. Era in grado di riflettere su una frase detta per scherzo da qualche suo amico, se riteneva che almeno in parte quella frase fosse vera. Aveva paura di dare fastidio alle gente e soprattutto, che la parte impulsiva del suo carattere lo rendesse odioso agli occhi di tutti. Ma la cosa a cui dava più peso era soprattutto il fatto che pur di non deludere i suoi genitori, lui fosse era in grado di fare di tutto, finendo molto spesso per soffrire lui stesso. Poteva essere un ragazzo solare agli occhi di tutti, ed in fondo lo era davvero, ma accadeva a volte che non riusciva a stare bene a causa di chiamate o lettere che i suoi genitori gli inviavano dalla Malesya.

Silenziose lacrime scesero percorrendo le sue guance fino a depositarsi sul cemento gelido di quel balcone dove era seduto. I suoi genitori erano delle persone estremamente pretendenti, forse non a livello dei genitori di Hyunjin, ma comunque desideravano che il loro bambino primeggiasse in tutto, che fosse il nuoto, la scuola o qualsiasi altra cosa. Han era arrivato ad odiare quando i suoi genitori chiamavano, perché c'erano sempre due motivi per i quali una chiamata da parte loro avveniva; sgridarlo o parlargli del loro inutile ed odioso lavoro che li teneva costantemente lontani da lui

Han non si accorse subito che il suo telefono si stava illuminando a causa di alcune notifiche ricevute e solo dopo che riuscì ad alzare gli occhi dal pavimento ormai bagnato dalle sue lacrime, vide lo schermo del telefono accendersi ripetutamente. Prese tra le mani il suo cellulare e si asciugò velocemente le lacrime notando con grandissima sorpresa, che si trattava di una chiamata da parte di Lee Minho.

Han scosse la testa, non riuscendo a credere a quale orribile tempismo avesse avuto quel ragazzo per chiamarlo e forse offenderlo in qualche modo. Non voleva rispondere per nessun motivo, se avesse risposto, avrebbe dovuto spiegare il perché stava piangendo come un bambino e lui odiava mostrarsi piangere. Notando che però il telefono non smetteva di illuminarsi e che Minho non aveva intenzione di chiudere la chiama, si decise a prendere il telefono che aveva appoggiato nel cemento in mezzo alle sue gambe e trascinare il dito verso la cornetta verde per rispondere.

- Han Jisung -

- oh ma andiamo, perchè devi dire anche il mio cognome? -

Una piccola risata uscì dal telefono del minore che mise la chiamata in viva-voce per comodità.

- come stai? -

- ti sarei grato se non me lo chiedessi Lee Minho -

- va bene hai ragione, il nome completo non è bello da sentire -

Questa volta fu Han a ridere, passandosi in seguito una mano nella guancia per asciugarsi le lacrime che stavano scendendo proprio in quel momento. Han cercò un fazzoletto nella sua tasca, volendo evitare di far sentire al maggiore i suoi mezzi singhiozzi.

- stai piangendo? -

- non sto piangendo -

- si inveceti sento -

Han alzò gli occhi al cielo, rinunciando a nascondere la sua tristezza ed il rumore delle sue lacrime. Finalmente, riuscì a trovare un fazzoletto nella tasca della sua felpa.

ᴬᴾᴺᴱᴬ [sᴇᴜɴɢᴊɪɴ]Where stories live. Discover now