4 - La donna dai capelli rossi

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30 Settembre 2002 ( Prima parte)

L'ansia nel salotto dei De Leonibus era palpabile e decisamente resa insopportabile dall'intenso calore dell'enorme camino acceso. Cristian, con addosso la sua solita canotta che mostrava il tatuaggio, continuava a interrogarmi preoccupato.  Beatrice era intenta a guardare fuori dalla finestra, io provavo a rispondere alle loro domande mentre sistemavo allo specchio l'enorme pelliccia che il biondino mi aveva obbligato ad indossare, tentando di mettere bene in evidenza la collana di Sibilla.

L'unico che non sembrava essere in apprensione era il Maestro del Fuoco, che giunto qualche minuto prima si era diretto in cucina a preparare un thé. E fu con quello che rientrò in salotto spezzando quell'aria malsana.

- Ora basta!-disse e rivolgendosi al biondino aggiunse: - Così le metti ancor più ansia...lei deve essere semplicemente se stessa! Questa è la sua casa di diritto, come lo è del lobo blanco... la lupa non puede dimostrare nulla...-

Io sorrisi della cortesia di Pablo, ma quell'attimo di serenità venne spezzato dal suo ultimo borbottio: - O almeno lo spero.-

Il panico mi invase nuovamente e sentii la rabbia che covavo ormai da settimane nei confronti di Stefano aumentare. Come aveva potuto? Come aveva potuto lasciarmi da sola in quel casino? Come aveva potuto andarsene e lasciare il branco a me, Cristian e Beatrice? Sembravamo tre poveri disperati che non avrebbero ingannato nemmeno cappuccetto rosso, figurati la Lupa che di esperienza in quasi tremila anni doveva averne parecchio.

Sospirai affranta pensando al rischio che correvamo se quella donna avesse sospettato la natura della madre di Stefano: saremmo stati tutti giustiziati.

Come se il Maestro del Fuoco fosse riuscito a leggermi nella mente commentò:- Non ti preoccupare ora...- e porgendomi la tazza aggiunse:- Assaggia piuttosto questo thé. Es una ricetta che usiamo noi Maestri. Libera gli istinti e rende mas fuerte.-

Io lo presi fiduciosa e lo bevvi tutto d'un sorso. Avrei accettato qualunque cosa pur di sentirmi più forte in quel momento. Una tosse strana seguí all'ingestione di quell'intruglio dal sapore terribile e vagamente alcolico.
-Bleah ma che cos'è? - feci sconvolta.

-Te lo dirà dopo. E' qui. - fece lapidaria Beatrice.

Sospirando, tutti uscimmo dalla sala per dirigerci nel piazzale ad accoglierla.

Erano giunti anche altri lupi del branco, forse curiosi della sua venuta, e si disposero tutti a semicerchio dietro la pietra bianca in centro al giardino, da cui Cristian aveva saggiamente rimosso la fioriera.

Non so se fu l'intruglio di Pablo a darmi coraggio o forse fu la consapevolezza che se non avessi fatto qualcosa Stefano e il branco sarebbero stati in serio pericolo, fatto sta che feci un passo davanti a tutti, in attesa di scorgerla lungo la salita.

Quando la Lupa giunse nel piazzale antistante la casa in cima al paese, uno strano silenzio si diffuse nell'aria. Aveva le sembianze di una donna giovane, minuta, con una folta chioma di capelli fiammeggianti e ribelli che le cadevano sulle spalle scomposti. Indossava solamente un mantello di pelliccia bianco come la neve e neanche tanto ben acconciato. Quando camminava con passo felpato e a piedi nudi si poteva intravedere la sua pelle scoperta, totalmente esposta. Sembrava una visione di un altro mondo. Non tanto per i vestiti che chiaramente non indossava sotto il pelo, quanto per i movimenti e lo sguardo azzurro ghiaccio che sembrava osservare tutto con una smania da predatrice, come se desiderasse posare i denti su ogni cosa.

Presi coraggio e parlai:- Benvenuta nelle terre del Branco della Neve.-

Nessuna parola o gesto seguí a quel saluto, solo la sua lenta ed impassibile camminata verso di me. Ed io intimorita presi ad osservarla più da vicino. Era sola, sembrava che nessuno del suo branco l'avesse accompagnata. I capelli rossi le volteggiavano attorno al viso e alle spalle creando uno straordinario contrasto con la pelliccia bianca che da vicino mi sembrò familiare. Per un attimo non potei fare a meno di chiedermi se non fosse la pelle di un lupo, in tal caso, venire al cospetto del branco della Neve con addosso una pelliccia bianca non era un segno d'amicizia, ma forse di minaccia.
Quel particolare mi innervosí, tanto che quando ripetei il saluto il mio tono di voce suonò più deciso:- Benvenuta nelle terre del Branco della Neve.-

Il suo sguardo azzurro ghiaccio percorse il piazzale, le case e i membri del branco. Inspirò fortemente col naso, come per saggiare i nostri odori nell'aria e poi con una voce simile ad un ringhio dichiarò:- Dov'é il vostro Alpha? Fate parlare un'umana al mio cospetto?-

Ci fu qualche attimo di stupore nel sentirla parlare, era chiara la sua forza solo dalla sua voce.

Cristian intervenne celere:- Lei è la Compagna del...-

Ma io stizzita, sentii crescere uno strano calore dentro di me e, non so se fu per quell'intruglio del Teide, con un coraggio che non credevo di avere posai una mano sul suo petto per farlo tacere.

Cristian mi guardò confuso, ma io lo ignorai e facendo un passo avanti decisa sottolineai tagliente: -Benvenuta nelle mie terre, nelle terre del Lupo Bianco, nelle terre del Branco della Neve.-

Quella presa di posizione dovette sorprenderla perché questa volta fissò il suo sguardo su di me e disse, senza celare il suo sdegno:- Se sei tu ad accogliermi, deduco che il tuo compagno non sia qui.-

Dal suo tono era lampante la sua poca simpatia verso gli umani e sapevo già la sua intolleranza verso gli stregoni, ma tali avversità, più che dal puro istinto animale, mi sembravano dettate da un suo senso di superiorità. Forse aveva accumulato diversi brutte esperienze in tremila anni, o forse era così ben abituata a vestire i panni umani che ne aveva acquisito anche i difetti.

O forse era semplicemente antipatica.

Mi feci forza e risposi pacata:- L'importante è che ci sia qualcuno a farne le veci. Cosa ti porta qui in tempo di pace, quando avevamo chiesto aiuto in tempo di guerra? -

La mia frecciatina la lasciò interdetta tanto che il suo sguardo, che si era perso nell'osservare gli altri membri del branco, saettó nuovamente su di me:- Sono giunta appena mi è stato possibile. La mia presenza è spesso richiesta a tutela di molti branchi. -

Io sorrisi, un sorriso di facciata, un sorriso non mio, ma era chiaro che il mio istinto, forse guidato dal The del vulcano, mi consigliava di non esagerare.

- Capisco.- feci comprensiva ed aggiunsi:- Avete fatto un lungo viaggio e se avete piacere vorrei offrirvi la nostra ospitalità.- dissi mostrandole la porta di casa.

Lei sempre guardandomi con quegli occhi glaciali annuì e così  mi diressi verso la vecchia casa dei De Leonibus. Varcai la soglia e rabbrividii sentendo i suoi passi dietro di me, seguiti da quelli di Cristian e del Maestro.

-Accomodati pure...-le dissi facendo cenno al divano di fronte a camino, mentre io rimasi in piedi accaldata affianco al fuoco vivo.
-Spero non ti disturbi la presenza dei miei amici...- dissi indicando i due che ci avevano seguito all'interno e che attendevano un cenno in piedi vicino alla porta.

La Lupa sembrò far finta di non ascoltare, si guardò attentamente attorno, girando tra i mobili della sala, scrutando l'enorme fiocco di neve inciso sopra il camino ed infine giunse di fronte alla poltrona di Massimo, il vecchio Alpha del branco della neve, il nonno di Stefano.

E mentre guardandomi con aria di sfida si sedeva sulla poltrona dell'Alpha come fosse la sua, realizzai che quello sarebbe stato un incontro decisamente complicato.

Tornò a guardarmi mentre si sedeva sfacciatamente sulla poltrona e commentò: - Strano per un'umana definire amici due predatori...- e sorridendo forse della comodità della pelle o forse delle sue parole aggiunse: -...i tempi sono proprio cambiati.-



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