Capitolo 10

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Il giorno che tanto temevo, sfortunatamente, era arrivato.

L'emblema dell'Apocalisse.

La fine del mondo.

Il mio rientro a scuola.

Non diedi molto peso al mio aspetto, dato che speravo di dare meno occhio possibile, anche se ero certo che avrei collezionato sguardi colmi di pietà e lì si che sarei arrivato alle mani. Ma ciò non mi convinse a lasciare i capelli completamente in disordine, cosa che mi dava alquanto fastidio, né di non indossare vestiti che di solito sfoggiavo: la maglia della mia squadra del cuore, in barba a tutti i prof che tifavano la squadra avversaria, in paio di pantaloni in tuta riadattati alle mie gambe, chiusi in fondo in modo che non prendessi freddo e infine un giacchetto che tenni aperto sulla maglia. Raggiunsi mia madre che sembrava una che avesse appena vinto alla lotteria. E certo che era felice, si era appena tolta il figlio problematico da casa.

«Emozionato di tornare a scuola?»mi domandò lei fremente d'eccitazione.

"Si emozionato a tornare a casa" pensai alzando gli occhi al cielo mentre m'impegnavo a scivolare nel piumino.

Pur essendo inizio dicembre c'era un freddo infernale. A confronto nel Cocito sembrava di stare ai tropici.

Non mi era mai piaciuto granché andare a scuola e pensava che cominciasse a piacermi adesso? Certo che i genitori erano davvero strani. Oltretutto quello era il giorno lungo con anche tre ore pomeridiane. Davvero pretendeva di vedermi sprizzare allegria da tutti i pori? Anche se, in effetti, rivedere Akira non mi sarebbe affatto dispiaciuto.
Forse ritornare a scuola non sarebbe stato poi così male.

O almeno così credevo.

Mia madre mi accompagnò in auto e passò l'intero tragitto a parlare del più e del meno, si avvertiva che era contenta del mio ritorno, ma anziché ascoltarla il mio cervello continuava a rielaborare quello su cui avevo rimuginato per l'intero weekend

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Mia madre mi accompagnò in auto e passò l'intero tragitto a parlare del più e del meno, si avvertiva che era contenta del mio ritorno, ma anziché ascoltarla il mio cervello continuava a rielaborare quello su cui avevo rimuginato per l'intero weekend.

Dopo essere tornato da casa di Akira mi ero prontamente fiondato in camera mia e dopo essermi chiuso dentro, incurante delle proteste di mia madre, avevo acceso il pc portatile ed ero andato a cercare due immagini, una di un ragazzo in boxer e un'altra di una ragazza in bikini. Analizzai le due foto affiancate cercando di capire quale mi attirasse di più. Certo che la ragazza aveva delle belle tette, ma anche il ragazzo non era male con quegli addominali che parevano scolpiti e accidenti! Ma quei boxer a che servivano se si intravvedevano i profili di tutta la sua mercanzia? Ma quasi subito nella mia mente sovrappose a quel modello l'immagine di un Akira quasi completamente svestito e messo in posa sexy.

Cazzo! Avevo un cervello completamente da pervertito!

D'istinto avevo richiuso il pc come se fossi spaventato dai pensieri che elaboravo. E un un certo senso era vero. Avevo paura di tutto questo. Ora che ci pensavo non era proprio la prima volta che i miei occhi venivano attratti verso un corpo non femminile, in pratica quasi tutte le volte negli spogliatoi alla fine degli allenamenti di calcio. Ma mai avevo pensato a un qualcosa spostato nella sfera sessuale, come dopo aver posato gli occhi su quel fumetto peccaminoso. Oltretutto i miei genitori erano molti tradizionalisti, mi avevano sempre ripetuto alla nausea che era giusto stare con una ragazza e io avevo sempre preso per giuste queste loro parole, in fondo che voleva saperne del mondo un ragazzo scalpestrato di diciotto anni? Ma ora queste parole cominciavano a vacillare nella mia mente ed era tutta colpa di quel cinese.

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now