Capitolo 25

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Non riuscì a trovare il coraggio. Ero una persona debole.

Avevo passato ogni istante, lezioni comprese, a scervellarmi alla ricerca di un modo per rivelargli i miei sentimenti.
Nella mia testa passavano scene in cui, in piedi, lo attiravo a me e gli passavo un dito sul volto causandogli un'espressione dolcissima prima di...

Nah non avrebbe funzionato!

Non vivevo un un libro, se mi fossi comportato così avrebbe pensato senza dubbio che fossi una sorta di pervertito e sarebbe scappato a gambe levate.

Ero stato fortunato che a dichiararsi fosse stata, a suo tempo, Agnese, altrimenti nel caso mi sarei ritrovato come in quel momento, senza alcuna idea di come muovermi.

A scuola cercai di comportarmi come al solito, ridendo forse più del dovuto alle sue battute (che forse non erano tali, non capivo con esattezza) ma ogni volta che cercavo il coraggio sentivo che questo veniva meno e il più delle volte mi stampavo un sorriso ebete in faccia, che suscitava palesemente in lui una certa perplessità. Non sapevo se era meglio passare per un pervertito o un cretino.

Fui sorpeso quindi quando domenica mattina ricevetti un messaggio da parte sua, per fortuna avevo lasciato la vibrazione, in cui mi invitava a fare un giro, dandomi appuntamento per vederci dopo qualche ora.

Avevo risposto subito per paura che potesse cambiare idea e mi ero subito piombato a soddisfare le mie necessità biologiche, perfettamante sveglio e su di giri, cosa che aveva reso mia madre felice.

Mi coprì bene con indumenti pesanti e recuperai un po' di contanti e la carta di credito per pagarmi il taxi per raggiungere la mia destinazione.

Uscì di casa in anticipo per poter fare con calma. Il taxi arrivò dopo poco la mia chiamata, doveva essere in zona, e con altrettanta velocità mi portò alla meta, dato che per fortuna non trovammo traffico. Aveva sbuffato un po' quando mi aveva visto sulla sedia a rotelle ma si era ripreso abbastanza in fretta e con professionalità mi aveva aiutato a chiuderla e a posizionarla nel bagagliaio, e a destinazione ad aprirla per potermici sedere nuovamente sopra.

Pagai la cifra e non appena si fu allontanato mi sbilanciai quel poco per raggiungere il suo citofono.

Non dovetti attendere molto prima che mi rispondesse.

«Si?»

«Aki, sono arrivato» annunciai trionfante.

«Luca-chan

La voce di Akira dall'altra parte suonava un po' troppo dubbiosa.

La mia eccitazione si sgonfiò come un palloncino. «Non...non dovevamo vederci per un gelato?»

Rimase per un attimo in silenzio, facendomi quasi pensare che se ne fosse andato, per poi dire un semplice: «Ah».

Ah? Ma che razza di risposta era?

Mi sentì un vero idiota.

«Bè sai, mi é arrivato il tuo messaggio...» continuai, non riuscendo a capire la sua momentanea perdita di memoria.

«Ah, capisco» disse infine. Buon per lui, io non avevo capito un cazzo.

«Dev'essere stata Maiko. Deve aver sbagliato chat. Di solito usa il mio telefono per mettersi d'accordo con le sue amiche, dato che lei non ne ha uno».

Quindi avevo preso un taxi, il cui tassametro mi stava spillando ancora palanche, per nulla?

«Ma se ti fa piacere possiamo andarci comunque» aggiunse in fretta, temendo forse che ci fossi rimasto male.

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now