Capitolo 19

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Capii subito che qualcosa non quadrava.

Avevo questa strana sensazione già il giorno prima, quando avevo scritto ad Akira, in pratica più un monologo lamentoso che una chiacchiera vera e propria.

Mia madre mi aveva trascinato in chiesa, due giorni prima, per la festa dell'Immacolata, ed era stato uno dei momenti più noiosi che mi potessero capitare.

Avevo provato a darmela a gambe ma durante la fuga ero finito contro una tizia che si stava alzando per accodarsi e ricevere l'ostia. L'urto aveva causato una sua caduta e una sua serie di imprecazioni tali per cui si era fiondata subito a confessarsi, mentre il sottoscritto era stato beccato e riportato al suo posto. Per evitare un'ennesima fuga mia madre aveva tenuto la sedia al manico per tutta la durata della funzione.

Dopo un'era che mi era parsa infinita eravamo usciti, per fortuna aveva per un attimo smesso di piovere dato che era dalla mattina presto che veniva giù il diluvio universale, mi era uscito involontariamente un sospiro di sollievo. Sfortunatamente mio padre mi aveva sentito e mi rivolto uno sguardo deluso. Era un cattolico di quelli sulla linea del fanatismo religioso, e per lui il solo fatto che non fossi credente era oggetto di disonore e stronzate simili che mi propinava da quando il primo anno di superiori avevo dichiarato la mia non intenzione a iscrivermi a religione a scuola. Al chiedermi il motivo e alla mia successiva risposta sembrava che in casa fosse scoppiata la Terza Guerra Mondiale. Inutile dire che non mi aveva parlato per settimane intere. Ma aveva continuato a trascinarmi a messa ogni sacrosanta domenica. Secondo me pensava che uno dei motivi per cui mi trovavo in quella situazione era proprio la mia scarsa religiosità, un castigo divino, manco fossimo nel Medioevo.

Avevo scritto ad Akira, forse per trovare un po' di conforto da uno dei pochi che non mi considerava, speravo, un caso umano, ma non mi aveva risposto. Il primo pensiero era stato che magari avesse il telefono scarico e per quello non avesse letto il mio messaggio.

Il giorno dopo avevo ipotizzato che fosse occupato. Non volendo sembrare la classica persona appiccicosa mi ero messo il cuore in pace che mi avrebbe risposto quando ne avesse avuto tempo.

Il lunedì a scuola non l'avevo incrociato, la sua classe era andata a visitare una sorta di museo della chimica collocata un una delle sedi dell'università in cui erano esposti gli strumenti utilizzati nel giurassico, e per questo non avevo dato tanto peso alla cosa.

Ma quando avevo scoperto che era stato assente e che lo era anche quel giorno nella mia mente risuonò un campanello d'allarme.

A ricreazione, dopo due pallosissime ore di matematica, mi ero fiondato fuori dall'edificio e avevo trovato il trio di Nerd a parlare tra loro sottovoce.

Mi avvicinai e il primo a notarmi fu Roberto che mi rivolse un caldo saluto.

«Ciao Luca. Ti vedo piuttosto...ehm...»

«Con le palle girate? Si, quella stronza della prof di matematica continua ad accanirsi su di me e si incazza quando le rispondo correttamente alle sue domande. Ma allora cosa vuole dalla mia vita, mi chiedo».

«Darti un'insufficienza?»

«Per quel che mi riguarda quella si può anche attaccare al tram. Ma non parliamo di quella megera, avete per caso visto Akira?» domandai osservandomi attorno, come se quel gesto lo facesse comparire magicamente di fianco a noi.

«Non lo sapevi? É a casa con la febbre per essere stato sabato sotto la pioggia per ore. Almeno così ci ha riportato sua zia» rispose Roberto e dopo aver pronunciato quelle parole scosse un poco la testa come se non riuscisse a capacitarsi della  scarsa resistenza immunitaria di Akira.

Quella non era affatto un semplice infreddatura, ma un gesto sconsiderato.

Chi cazzo stava sotto il diluvio universale senza manco l'ombrello?

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now