Capitolo 14 parte 2

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«Allora?»

La voce odiosa di Capelli Tinti mi riportò bruscamente alla realtà.

«I miei me l'hanno proibito. É la punizione secondo loro per quello che mi è successo» cedetti, sperando che con quello si chiudesse il discorso.

«Non penso che ti sia buttato sotto una macchina intenzionalmente, quindi perchè farsi tutti questi problemi?» ribattè Capelli Tinti.

Quanto avevo voglia di strozzarlo, però essendo amico di Akira ero certo che non gli avrebbe fatto piacere se l'avessi fatto. Maledizione, dovevo stringere i denti e cercare di essere il più cordiale possibile.

«Non sarei dovuto essere lì. E con questo il discorso si conclude» troncai a denti stretti. Cazzo, sembravo un gatto con la rabbia, certamente l'opposto di quello che mi ero prefissato. Magnifico.

«Quindi se provassi a comprartele i tuoi che ti farebbero? Sei o no maggiorenne?»

«Le butterebbero via e mi rinchiuderebbero da qualche parte. E poi mi é stato detto e ripetuto più volte che finchè vivrò in quella casa dovrò sotostate alle regole».

«E se te le comprassi di nascosto?» si intromise la voce di Timido e dopo che ebbe pronuciato quelle parole portai lentamente lo sguardo su di lui che arrossì fino alla punta del capelli.

Mi fece un po' tenerezza, continuavo a consideralo un buffo coniglietto, e per questo decisi di addolcire il tono.

«Noterebbero subito che mancherebbero i soldi dalla carta di credito e verrei sgammato subito».

«Hai una carta di credito tutta tua? Che invidia» disse Capelli tinti.

Al suo prossimo intervento al diavolo tutto l'avrei spedito fuori dal bar a calci un cul...un momento, ma non potevo! Cazzo, allora mi sarei limitato a lanciarlo via. Sempre che fossi riuscito a tirarlo su. Mi sembrava più pesante di uno scoglio vista la sua costituzione...compatta per non dire che pareva una montagna di muscoli.

«Ma saranno cazzi miei?» gli domandai sfoderando un sorriso tutt'altro che gentile.

«Ma che stronzo che sei. E dire che Akira ha lavorato tanto per fare degli schizzi di protesi che potessero andare bene per uno come te» ribattè lui, e si accorse solo dopo di quello che aveva appena pronunciato. «Ops. Non dovevo dirlo».

No, ma davvero?

Mi voltai verso Akira e lo trovai rosso in viso per l'imbarazzo che con le mani stava massacrando un povero tovagliolino di carta innocente.

«Davvero li hai fatti?» domandai con curiosità e cercando di essere gentile.

Ovviamente fu Capelli Tinti Lingua Lunga (un soprannome più lungo non potevo darglielo?) a parlare.

«Sono tutti sul suo blocco da disegno» dise con troppa enfasi e di nuovo si accorse di aver parlato senza aver messo in moto il cervello. E poi dicevano che ero io quello senza filtri.

D'istinto Akira recuperò il blocco e se lo portò al petto, gesto che in parte mi ferì un poco. Dovette accorgersene anche lui perché con un sospiro me lo tese.

L'aprì incuriosito. Non sapevo che Akira sapesse disegnare così bene.

I primi disegni erano persone che non conoscevo, uno era in bianco e nero e rappresentava un ragazzo che aveva i capelli bianchi e un occhio dalla sclera nera e strani tentacoli che gli uscivano dalla schiena, un altro mi ricordò la copertina raffigurante il tizio sproporzionato e anatomicamente nudo e non dotato dei...gioielli di famiglia*. E infine scartabellando gli altri arrivai a quelli delle protesi.

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now