Capitolo 33 parte 1

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Lunedì arrivò in fretta, diversamente dal solito, quando sembrava che i momenti tanto attesi non arrivassero mai.

Avevo messo la sveglia presto, anche se non era stata utile dato che ero già sveglio da un pezzo.

Avevo passato il resto del week end rintanato in camera, per non avere a che fare con il resto dei famigliari. Non avevo voglia di avere a che fare con le occhiate fredde di mio padre e quelle curiose di mia madre. Ne avevo approfittato per studiare un po' (Akira mi aveva, senza dubbio, contagiato con il virus della "Secchiaggine") intervallato da ginnastica fai da te, seguendo l'esempio di quello che facevo in fisioterapia, per ciò che mi rimaneva delle gambe. Dovevo rafforzare la muscolatura per poter pretendere dal mio corpo di sopportare l'utilizzo delle protesi.

Mi sistemai i capelli con una pettinata veloce e un poco di gel. Akira non badava all'aspetto estetiore, era una persona più profonda e matura del sottoscritto, però quel piccolo gesto che faceva parte della routine pre incidente mi diede un po' più fiducia in me stesso, per quanto sembrasse insignificante e banale.

Mia madre era già pronta per accompagnarmi a scuola come ogni mattina. Non appena salimmo in auto, le riferì mormorando a bassa voce ed evitando il suo sguardo, la mia intenzione di far colazione in compagnia di Akira.

Lei sorrise contenta e questo mi diede da pensare non poco. Sospettava qualcosa? Ero stato troppo incauto?

Che scemo e ingenuo che ero stato! Era ovvio che avesse scoperto tutto, a volte la mia faccia era fin troppo un libro aperto.

«Gli amici sono da tenerseli ben stretti. Soprattutto se sono sinceri come quel ragazzo» disse e queste parole mi fecero tirare un sospiro di sollievo.

Giusto, dimenticavo che per mia famiglia fosse impensabile che potesse nascere un rapporto come quello che si stava instaurando tra noi.

Borbottai qualche parola d'assenso per farla felice e passai il resto del tempo a osservare il mondo fuori dal finestrino. Aveva un che di rilassante assistere alle dinamiche tra gli altri esseri umani. Vidi uno prendere la rincorsa per il bus, perdendolo giusto per una manciata di secondi. Quello sarei potuto essere io qualche tempo prima, per questo ero stato al settimo cielo quando mi avevano promesso una macchina.

Quando arrivammo a destinazione trovai già Akira ad aspettarmi, stretto nel suo solito cappotto nero e la sciarpa rossa attorno al collo. Con le mani infilate in tasca muoveva appena la testa come se seguisse un ritmo invisibile. Capì subito che stava ascoltando chissà quale musica. Appena intravide l'auto il suo volto si aprì in un sorriso e si tolse le cuffie avvolgendole attorno al cellulare.

Mia madre fu come al solito la solita appiccicosa, riempiendo Akira di moine (non credevo che l'avrebbe pronunciate se fosse stata a conoscenza del suo orientamento sessuale) prima di ripartire per andare chissà dove. Non lavorando non avevo idea di dove passasse il tempo.

Il bar che aveva scelto era lo stesso della prima volta, quando ancora non stavamo insieme e c'eravamo trovati invasi dal Trio dei Nerd. Speravo che quella volta fossimo da soli, cercando di comportarci da amici ma senza la presenza dei terzi incomodi.

Mi condusse in direzione del tavolo della volta prima e questo mi fece salire la speranza di poter passare il tempo come già speravo la prima volta.

Speranza che si sgonfiò come un palloncino pieno d'aria non appena svoltai l'angolo.

Intravidi il Trio dei Nerd intento a confabulare su non si sapeva che cosa.
Alzai d'istinto lo sguardo verso Akira che mi osservò con espressione colpevole.

«Li ho incontrati mentre ti aspettavo fuori dal bar. Non potevo dire di no» si scusò, e l'incazzo mi passò subito. Non riuscivo a stare arrabbiato con lui, non dopo l'espressione che mi stava rivolgendo.

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now