capitolo 15 parte 2

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Cazzo che male al naso!

Non è che ora avrei avuto il setto nasale deviato e per evitare di soffrire di sinusite o russare come un trattore avrei dovuto sottopormi a intervento chirurgico? E nel caso avessero sbagliato e per risolvere mi avrebbero trapiantato un naso da befana?

E se...

«Luca? Luca! Tutto bene?»

Ovvio che non andava bene! Il mio povero naso faceva un male cane, la parte sinistra della faccia era un pulsare unico tanto che mi stavo chiedendo che aspetto avessi se l'avessi strappata via per eliminare il dolore, e per questo i miei pensieri sembravano essere quelli di un serial killer masochista in crisi esistenziale.

Per cui no, non c'era un cazzo che andava bene!

E l'avrei detto se non fosse che a rivolgermi la domanda era stato un Akira con una faccia talmente mortificata che mi fece quasi sentire in colpa di aver formulato degli accidenti.

«Io...» cominciai a formulare ma mi avevo male anche solo a parlare.

Akira prontamente prese in mano la situazione e chiese del ghiaccio secco che ovviamente, nella nostra rispettosissima scuola, si trovava solo in infermeria. Perché in palestra non era affatto utile, no. A volte non capivo proprio le scelte che facevano.

«Prof, lo accompagno in infermeria» si propose per questo e al cenno del prof si affrettò a posizionarsi alle mie spalle e a spingere la sedia a rotelle verso l'ascensore.

Per tutto il tragitto continuò a ripetere una strana parola nella sua altra lingua madre, in preda allo sconforto più assoluto: «Gomenasai, gomenasai, gomenasai».

Ci fiondammo in ascensore e lui pigiò sul tasto del terzo piano, la nostra meta.

«Non...so...cosa stia dicendo» replicai debolmente e cercando di fare i minori movimenti possibili.

«Ah, vero...significa scusami».

«E di cosa dovrei...scusarti?» gli domandai, voltando parzialmente il capo verso di lui, dandomi un leggero senso di vertigine. Per fortuna ero già seduto. Ok, quest'uscita infelice me la potevo risparmiare.

«Ti ho beccato in testa con il colpitore. É che l'ho colpito con troppa enfasi. Sai era da tempo che non lo facevo e ho provato una sensazione e piacevole nell'avere l'opportunità...»

«L'hai per caso fatto apposta?» lo interruppi cercando di far risuonare la mia voce atona.

Alle mie parole lo vidi sbiancare.

«Assolutamante no. Non potrei mai Luca-chan».

«Allora non penso ci siano problemi. Era un rischio calcolato associato allo svolgere una qualche disciplina sportiva. Non posso e non ce l'ho assolutamente con te» lo rassicurai stirando le labbra in un sorriso, per quanto mi consentissero i muscoli facciali prima di urlare vendetta.

Lui si rilassò un poco e rimase al mio fianco fino a quando non raggiungemmo prima il piano desiderato e poi la stanzetta che pareva uno sgabuzzino che fungeva da infermeria.

Come volevasi dimostrare era deserta, ma ce l'eravamo aspettati. L'addetto a stare lì, che di norma era in operarore scolastico, aveva nel mood "voglia di lavorare saltami addosso", per cui sapevamo dove trovare l'occorrente che ci serviva in casi come il mio o se magari ci facevamo ferite di poco conto per cui era inutile chiamare l'ambulanza.

Akira si diresse prontamente verso l'armadietto che conteneva principalmente tutto il materiale di primo soccorso e sacchetti di ghiaccio istanteneo.

Ne prese uno che mi passò, e subito lo applicai su quanta più possibile superficie colpita. Il contatto con il freddo fece urlare i miei poveri nervi ma dopo poco avvertì un certo senso di piacevolezza.

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now